16 Novembre 2025

Accadimenti che hanno scosso nelle fondamenta l’ordine internazionale

di Vincenzo Baldini*

UN PERICOLOSO ABBRIVIO POLITICO-CULTURALE

Si sono verificati, in questi giorni, accadimenti che hanno scosso nelle fondamenta l’ordine internazionale esistente ponendo in discussione le uniche certezze su cui quest’ultimo riposa, vale a dire la vigenza del diritto internazionale.

Imbarcazioni intercettate in acque internazionali (non, in mare territoriale dove lo Stato è legittimato ad esercitare la propria sovranità…) per ragioni di controllo e personale di tali imbarcazioni arrestato da parte di militari dello Stato controllore.

Un Ministro della Repubblica che ammette, al riguardo, una violazione del diritto internazionale ma non manca di precisare che “il diritto è importante fino ad un certo punto”.

Non intendo affatto entrare nel merito delle questioni di politica internazionale perché questo è compito soprattutto di chi ha contratto, anche a livello istituzionale, vincoli di responsabilità politica con la comunità locale e/o con il popolo italiano.

Prendo spunto, però, da tali vicende, per provare a svolgere qualche brevissima, generale considerazione di ordine giuridico-costituzionale sul pericoloso abbrivio politico-culturale di cui tali eventi e affermazioni risultano sintomatiche.

Parto da una premessa generale, di ordine teoretico: La giuridicità in sé è una condizione di fatto che si basa su almeno un duplice ordine di premesse: che il ricorso a un sistema di regole comuni per il governo della società sia assolutamente necessario, se non si vuole cedere al caos. Che a tali norme tutti debbano obbedienza ed osservanza.

La ragione della qualificazione di certe regole come giuridiche, distinguendole così dal novero delle altre regole (etiche, culturali, religiose) che avviluppano l’esistenza individuale e collettiva, risiede perciò essenzialmente in una forza cogente in grado di rendere effettivo l’imperativo di obbedienza alle regole giuridiche da parte di tutti i consociati.

Da Hobbes a Locke, quella per l’affermazione e il rispetto del diritto è  stata sempre una lotta di civiltà mirata, un’ ultima analisi, alla pacifica unione di convivenza, per la realizzazione di diritti e interessi, individuali e collettivi. Una lotta, a dire il vero, se non vuole intendersi per alternativa il vigore della legge del più forte o, in altre parole nel regno del Politico (è proprio contro questo rischio, del resto, che ammoniva Carl Schmitt).

Stiamo assistendo, invece, ad un sostanziale ripudio del “diritto” internazionale, pattizio o consuetudinario, inteso come insieme di regole cogenti che si impongono all’obbedienza degli Stati: basti pensare, ad es., alla debolezza rivelata, anche di recente, dalle sentenze del Tribunale penale internazionale.

Lo spettro che si aggira per il mondo è ora quello di una anomia della coesistenza internazionale, di una destrutturazione progressiva dell’ordine internazionale soppiantato dalla “regola” della prevaricazione del più forte che traccia così un nuovo equilibrio basato sulla soggezione degli Stati meno forti.

Ne risulta un quadro a tinte fosche in cui pace, convivenza e benessere recedono come valori costituzionali e del diritto internazionale ed in cui finisce per trasfigurare la stessa ragione di una tutela dei diritti umani, consegnata al capriccio o alla buona volontà dei singoli Stati.

Occorre tornare, dunque, ad affermare il governo del diritto, la consapevolezza della indefettibilità della sua osservanza e primazia rispetto al puro agire di fatto (e di forza..) degli stessi Stati. In tale direzione, c’è bisogno di uno sforzo della politica che reclami ed agisca per il rispetto delle norme del diritto internazionale.

E’ uno sforzo necessario, se si vuole mantenere e garantire l’effettività dell’ordine internazionale, a cui tutto il sistema politico deve sinergicamente attendere anche accantonando le ostilità elettorali del momento.

Improvvidamente si sta camminando sull’orlo di un precipizio su cui gravitano, tra l’altro, preoccupanti mire imperialiste.

Il rumore delle armi non è remoto ma per porre fine al disordine occorre incrementare la cultura della non indifferenza e l’affidamento assoluto nel diritto come deterrente al capriccio delle volontà dei singoli Stati.

 

Ordinario di diritto costituzionale
Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Direttore scientifico e responsabile Rivista telematica di fascia A: www.dirittifondamentali.it

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Ottimo articolo