di Angelica La Rosa
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LA TRAGEDIA ANNUNCIATA
L’esplosione di Castel d’Azzano, che ha strappato alla vita tre servitori dello Stato – il Luogotenente Marco Piffari, il Carabiniere Scelto Davide Bernardello e il Brigadiere Capo Valerio Daprà – non è solo una tragedia che lacera la coscienza nazionale, ma anche il simbolo più doloroso di un’Italia che ha smarrito il senso dell’autorità, del rispetto e del limite.
Tre uomini dell’Arma, inviati per compiere il proprio dovere in un’operazione di sgombero disposta dalle autorità competenti, sono stati uccisi in un atto che non può essere definito diversamente da un assassinio. La saturazione di un casolare con il gas per opporsi allo sfratto, non è un gesto di disperazione ma il frutto velenoso di una cultura che da anni predica l’impunità, la disobbedienza civile, la giustificazione di ogni atto contro la legge in nome di un presunto “diritto alla casa” o di un sentimentalismo distorto che mette la vittima al posto del colpevole.
È giunto il momento di dire con fermezza che lo Stato non può arretrare di fronte alla violenza, né deve più tollerare che le operazioni di sgombero diventino teatro di guerriglia o di tragedie annunciate. Ogni casa pignorata, ogni ordine di sequestro o di sgombero rappresenta una decisione legittima dell’autorità giudiziaria e deve essere eseguita con rispetto ma anche con rigore assoluto, garantendo la sicurezza degli operatori e l’efficacia della legge.
Servono norme più severe per chi ostacola o aggredisce le forze dell’ordine durante queste operazioni, pene certe e aggravate per chi prepara trappole o atti di sabotaggio, controlli preventivi più stringenti e protocolli operativi che non espongano più uomini e donne in divisa a rischi inaccettabili.
Ma serve, soprattutto, un mutamento culturale: basta con l’ideologia del vittimismo sociale che giustifica ogni illegalità, basta con i cortei e i comitati che trasformano gli sfrattati in eroi civili e i carabinieri in “esecutori di ordini”. Chi difende lo Stato e la legge merita rispetto, protezione e riconoscenza, non sospetto o condanna morale. La libertà e la giustizia non sopravvivono dove la legge è negoziabile e l’ordine è considerato un’opinione.
Questa tragedia, che ha lasciato tre famiglie senza un padre, un marito, un figlio, un fratello, deve diventare un punto di non ritorno: ogni attacco alle istituzioni è un attacco alla Nazione stessa, e chi usa la violenza per ribellarsi alle decisioni dello Stato deve sapere che non troverà più complicità, comprensione o attenuanti.
È tempo di restituire alla parola “sgombero” la sua piena legittimità civile e giuridica, liberandola dal ricatto emotivo e ideologico di chi la dipinge come un abuso. Perché quando il dovere viene deriso e l’autorità calpestata, è lo Stato intero che esplode – e con esso la speranza di vivere in un Paese giusto e sicuro.



