16 Novembre 2025

Crisanti, chi è abortista non può essere cattolico

di Angelica La Rosa 

IL SILENZIOSO NAUFRAGIO DEL CATTOLICESIMO SOCIALE

Viviamo in tempi in cui la verità non è più messa in discussione: è semplicemente ignorata.

L’aborto, la più tragica delle pratiche omicide legalizzate nella modernità, è oggi difeso con la leggerezza di chi considera la vita umana un ostacolo variabile, sacrificabile sull’altare dell’autonomia personale.

L’ultimo atto, in ordine di tempo, è la proposta del senatore Andrea Crisanti — figura divenuta popolare durante la panico-demia — che intende estendere la pratica abortiva anche alle ostetriche, ampliando così la platea di chi può sopprimere una vita nascente.

Questa proposta, firmata da esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, si inserisce in un disegno più ampio: normalizzare l’aborto, banalizzarlo, renderlo un fatto ordinario, persino domestico.

Non a caso, la domiciliazione della RU486 ne è stata la più chiara espressione: eliminare lo “scandalo” del gesto, sottrarlo allo sguardo, cancellarne la gravità.

Ma ciò che più desta sgomento è apprendere che proprio il senatore promotore di questa iniziativa si definirebbe “cattolico”.

E qui, forse, si tocca il cuore del problema: la progressiva dissoluzione del cattolicesimo nella società contemporanea, travolto dal relativismo morale e reso sterile dal suo stesso desiderio di essere accettato e ascoltato dal mondo.

Una fede che non orienta le scelte pubbliche, che non genera uno sguardo diverso sull’umano, è una fede già morta.

Il Vangelo non è un’opinione tra le altre. È l’irruzione di un criterio altro, che giudica e trasfigura la realtà. Ma se un cattolico può sostenere pubblicamente una legge che permette e anzi promuove l’aborto, allora non siamo più di fronte a un’eccezione, bensì a un collasso dell’identità. Una resa.

Il cattolicesimo sociale, nato con l’ambizione di portare il lievito evangelico nelle strutture del mondo, si è progressivamente svuotato di ogni pretesa salvifica, accontentandosi di qualche gesto solidale, di qualche generico richiamo alla “dignità”, fino a diventare indistinguibile dal buon senso laico.

Non ha fermentato la società: si è fatto fermentare. Ha rinunciato al suo compito profetico in nome di un dialogo senza verità.

E così, oggi, si pretende di essere cattolici e difendere l’aborto. Si pretende di ricevere i sacramenti e, senza contraddizione apparente, si sostiene l’eliminazione legale del più piccolo e innocente. Si può, con mano ferma, votare per la morte e firmarsi con la croce.

Non ci si stupisca, allora, se le nuove generazioni si allontanano dalla fede. Non sono cieche: vedono l’ipocrisia. Vedono il vuoto. Intuiscono che se essere cristiani non comporta un giudizio diverso su ciò che è giusto e sbagliato, allora non vale la pena esserlo.

Se tutto è conciliabile con tutto, se la fede non interpella, allora è solo una maschera buona per le feste e i battesimi.

L’aborto resta, per chi ha un minimo di cultura scientifica e per chi crede nella sacralità della vita, il più atroce dei crimini legalizzati.

Nessuna retorica sull’autodeterminazione può oscurare l’evidenza: una vita umana viene interrotta.

E chi lo rende possibile, lo esegue o lo giustifica, si assume una responsabilità davanti a Dio e alla storia. Il sangue dei non nati grida vendetta al cospetto di Dio.

C’è bisogno, oggi più che mai, di cattolici che non si vergognino della Verità. Che abbiano il coraggio di dire che l’aborto è un male, sempre. Che la vita è sacra, sempre. Che nessuna legge può cambiare ciò che è inciso nel cuore dell’uomo.

Cristo non è morto per fondare un comitato etico. È morto per salvare l’intera umanità schiava di Satana.

E chi segue Gesù Cristo non può tacere davanti all’ingiustizia più grande del nostro tempo. Perché il silenzio dei buoni, come scrisse Martin Luther King, è più assordante dell’urlo dei malvagi.

In un’epoca in cui tutto è liquido, fluido, instabile, resta una sola roccia: “Sì, sì. No, no”. Il resto — anche se viene da un senatore “cattolico” — viene dal maligno.

 

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Giusto e sacrosanto!
È arrivato il momento di smascherare questi opportunisti che si dicono cattolici soltanto per avere maggiori consensi.
Essere alla sequela di Cristo significa fare ciò che lui “ci comanda” e saremo suoi amici, certamente non è “edulcorare” ciò che ha detto arrivando a pervertire la sua Parola.
Grazie Angelica La Rosa, il Signore ti benedica e (come diceva mia madre) la Madonna ti accompagni sempre.