Omosessualità e droga: diritti o desideri?

di Matteo Castagna

QUANDO L’IDEOLOGIA PREVARICA SULLA LOGICA E AZZERA IL BUON SENSO SI TRASFORMANO I SIGNIFICATI DEI TERMINI E LA SOCIETÀ FINISCE PER PAGARNE TUTTE LE CONSEGUENZE…

Quando l’ideologia prevarica sulla logica e azzera il buon senso comune, si trasformano i significati dei termini. Spesso la cosa è voluta per motivi propagandistici. Ma l’italiano è bello perché, come lingua neo-latina, dà significati precisi alle parole. Nella società a-morale o im-morale, il diritto è la legalizzazione della facoltà di fare ciò che si vuole. Rousseau sarebbe felice nel veder realizzato uno dei suoi sogni: l’abolizione del dovere, considerato come pratica oscurantista e retrograda, per lasciar posto al desiderio che si trasforma in diritto, ovvero il vizio che si confonde con la virtù o addirittura sostituisce la virtù diventando diritto.

Per un cattolico vero, che non fa distinzione tra morale pubblica e privata né si piega alle mode del mondo, le parole devono tornare ad avere un loro significato preciso. Nel caso delle unioni tra persone dello stesso sesso, non possiamo parlare di amore, perché è attrazione fisica disordinata rispetto al Creato ed al suo fine riproduttivo. La sodomia è un vizio, dovuto a mille fattori, che alcuni vorrebbero veder confermato dalla Chiesa e dallo Stato, per giustificare uno status differente rispetto a quanto stabilito dalla natura e praticato dalla maggioranza della popolazione. Lo chiamano “diritto”, ma è un “desiderio”.

La sentenza n. 4184/2012 della I Sez. Civ. della Cassazione stabilisce che, in Italia, debba essere riconosciuto ai «componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto» «il diritto alla vita familiare» e ad «un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata», in conformità con quanto già stabilito dalla Corte di Strasburgo – con sentenza del 24 giugno 2010. Infatti, aggiunge la Cassazione, in base all’art.12 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, bisogna considerare «radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire “naturalistico”, della stessa esistenza del matrimonio».

L’Europa, insomma, sembra chiedere all’Italia non solo “lacrime e sangue” in materia economica, ma anche di mutare radicalmente l’«esprit des lois» del proprio diritto di famiglia: passare da un diritto che disciplina la famiglia ad un diritto che “costruisce” la famiglia, che forma cosa sia, o non sia, “famiglia”. Quest’ultimo, formalmente, è un compito del diritto positivo? A questo riguardo, l’art. 29 della nostra Costituzione, stabilisce chiaramente che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»: 1) Con il verbo “riconoscere” si afferma che il diritto positivo riconosce la famiglia come qualcosa che gli pre-esiste e, per questo, si limita a disciplinarla secondo le linee poste dalla natura: prima viene la famiglia, poi il diritto di famiglia; 2) La famiglia è una “società naturale”, sia nel senso di unione tra uomo e donna come previsto dalla natura, sia nel senso di attenere all’ambito del diritto naturale che, in quanto tale, non può essere contraddetto dal diritto positivo.

La sentenza sembra sancire, a livello giuridico, ciò che Marcel Gauchet ha definito la «de-istituzionalizzazione della famiglia» (Il figlio del desiderio, Edizioni Vita e Pensiero, Milano 2010, p. 58). «La prodigiosa novità della nostra situazione – ha scritto il sociologo francese – sta nel fatto che la famiglia non detta più legge a nessun livello. Non le si chiede più di produrre il legame sociale; l’imperativo della riproduzione non è più un imperativo sociale. La “de-istituzionalizzazione della famiglia” si realizza in due direzioni: la famiglia non è più il luogo di socializzazione dei soggetti e non è più interpretata a partire dalla sua funzione generativa a servizio della società. La famiglia è diventata la realizzazione della coppia in quanto coppia, è la formalizzazione di un legame privato, fine a se stesso; anche la scelta di fare un figlio si colloca tutta nell’ambito del privato: il compito genitoriale non ha più una ragione sociale, non è più vista a vantaggio della comunità sociale».

Se la famiglia è «de-istituzionalizzata» nella sua dimensione privata, e il compito genitoriale non ha più una ragione sociale, qual è l’unica motivazione che può condurre una coppia a sposarsi e a generare? Non potrà essere che il solo desiderio della coppia di realizzare se stessa: i figli di questa epoca – scrive Gauchet – sono «i figli del desiderio» e, per estensione, diciamo che anche le famiglie di questa epoca sono “le famiglie del desiderio”.

La famiglia dovrebbe restare il luogo per venire al mondo, per accogliere l’Altro, e lasciarlo andare nel mondo come altro da sé. La famiglia realizza i desideri dell’Altro, non fa dell’Altro la realizzazione dei propri desideri; nella famiglia ci si sacrifica per la realizzazione dell’Altro, non si usa l’Altro per la realizzazione di sé: «l’arte ci consegna un’immagine altissima di questa autentica genitorialità nella Pietà di Michelangelo Buonarroti. Nel dolore di una madre che abbraccia il corpo defunto di suo figlio si realizza una maternità inedita. A quel figlio Ella è stata sempre vicina e distante allo stesso tempo, lasciandolo essere ciò che non poteva immaginare o prevedere per lui. […] Nel suo stare, tenace e poderoso, sotto la croce – rappresentato dal corpo gigantesco e stabile, mascolino nella muscolatura e nelle dimensioni – la Madre torna a offrire dal proprio grembo, a partorire al mondo il suo figlio. La Vita è così ridonata al mondo. In questa figura suprema della Pasqua, in cui morte e vita coesistono nella fede della Vergine Maria, risplendono le vicende di tante donne e tanti uomini, che con il loro permanere e con la loro premura consentono ancora oggi ad un uomo di venire al mondo». (Stefano Cucchetti, Ho acquistato un uomo grazie al Signore, La Scuola Cattolica, gennaio-marzo 2012, pp. 145-146)
«La famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio», un luogo che attende la vita per consegnarla al mondo: non lasciamola diventare una coppia, che reclama diritti dalla società, per soddisfare desideri privati.

Alfredo Mantovano, tramite il Centro Studi Livatino di cui è vicepresidente ha sostenuto: “con la sentenza n. 51/2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato non ammissibile il quesito referendario che puntava a rendere legale la coltivazione di piante da cui ricavare qualsiasi tipo di stupefacente, inclusi papavero da oppio e coca, e ad abolire la reclusione per il traffico e lo spaccio delle droghe c.d. leggere”. Tuttavia lo sforzo per liberalizzare la droga prosegue: in tale direzione all’ordine del giorno dell’Aula della Camera dei Deputati, dopo l’approvazione in Commissione Giustizia, vi è un testo che riunisce varie proposte di legge. Con il volume Droga. Le ragioni del no (Edizioni Cantagalli) che si inserisce nel solco dei precedenti curati sempre dal magistrato cattolico sull’eutanasia e sul DDL Zan, Mantovano intende offrire un quadro d’insieme che:

– illustra gli effetti delle principali sostanze stupefacenti, in particolare dei derivati della cannabis, sul fisico, sul sistema neurologico e sull’equilibrio psichico;

– riassume l’evoluzione del quadro normativo dalla prima legge di disciplina della materia fino alle più recenti sentenze costituzionali e di legittimità, e al testo unificato all’esame del Parlamento,- descrive il profilo criminologico del traffico, della diffusione e del consumo delle droghe in Italia;

– replica ai più frequenti luoghi comuni che si usano per sostenere la legalizzazione di quelle c.d. leggere, anche alla luce di quanto accaduto negli ordinamenti che hanno introdotto leggi permissive;

– apre la prospettiva sul pieno recupero della persona, sul quale sono impegnate da tempo le Comunità.

La similitudine tra “famiglia di desiderio” e “sballo di desiderio” è presto fatta dall’egoistico bisogno di alcuni di soddisfare la propria debolezza, giustificandola tramite la legalizzazione delle droghe, allo scopo di far passare come normale la necessità di alienazione. La distruzione dell’ordine naturale passa dalla sovversione della Famiglia e dalla legalizzazione dell’alienazione. Domine salva nos, perimus!

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