I giuristi cattolici: “Dpcm viola Trattato internazionale che regola rapporti Stato/Chiesa”

di Simone Budelli e Francesco Maiorca

I DPCM CONTENGONO ILLOGICHE E DISCRIMINATORIE LIMITAZIONI AI FONDAMENTALI DIRITTI COSTITUZIONALI

L’Unione Giuristi Cattolici Italiani di Perugia

– visto l’art. 1, comma 1 lett. i del D. L. 25 marzo 2020. 19 con cui si è ordinata la sospensione di tutte le cerimonie civili e religiose;

– considerato che in forza della predetta norma è stata preclusa ai cattolici italiani la partecipazione alla S. Messa e ad ogni rito funebre, senza alcuna possibilità di mediazione o eccezione, neanche in occasione della S. Pasqua (ovvero l’evento religioso più importante dell’anno per tutti i cristiani, cattolici e non);

– vista tuttavia la circolare del Gabinetto del Ministro datata 22 aprile 2020 inviata a tutti i Prefetti, a seguito di interrogazione dell’ANPI, con cui in palese contrasto con quanto disposto dal Decreto Legge (fonte normativa di rango superiore) veniva stabilito che: “si potranno, in qualche modo [??], ritenere consentite forme della tradizionale cerimonia di deposizione di corone, ecc…” in occasione della festa nazionale del 25 aprile;

– viste le immagini circolate nel web relative all’interruzione da parte delle forze dell’ordine di una celebrazione religiosa a cui presenziavano 13 persone in uno spazio di oltre 300 mq e al contempo le immagini invece dei numerosi assembramenti verificatisi in occasione del 25 aprile, che hanno suscitato non poche perplessità non solo fra i giuristi, ma in tutta l’opinione pubblica, con riguardo in particolare alle modalità di produzione  normativa, alle modalità di esecuzione delle stesse e alla disparità di trattamento;

– visto poi il DPCM 26.4.20 con il quale il Governo ha disposto, da un lato, la riduzione di varie delle limitazioni precedentemente imposte, ma, dall’altro, ha lasciato sine die dei forti limiti alla libertà religiosa, costituzionale sancita dall’art. 19 Cost.;

– considerato quindi che ad oggi appaiono evidenti e illogiche alcune disparità di trattamento: è consentito andare in tabaccheria ad acquistare le sigarette, ma non di andare in Chiese per ricevere la Comunione; che possiamo ricevere a domicilio le pizze, ma non l’ostia dal sacerdote; che è possibile accompagnare i defunti al cimitero, ma non riunirsi in Chiesa per pregare; che è possibile utilizzare un mezzo pubblico, ma non frequentare basiliche di migliaia di metri quadrati (il tutto, ovviamente, sempre con le dovute cautele e precauzioni);

– vista la comunicazione diramata in data odierna dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con cui la stessa si impegna nei prossimi giorni a “studiare un protocollo” che consenta “quanto prima” [??] la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche;

– non potendo non evidenziare dubbi circa la legittimità costituzionale della produzione normativa del Governo sino ad oggi emanata in relazione all’emergenza Coronavirus e dei provvedimenti disposti in attuazione della stessa, con particolarmente riferimento alle restrizioni della libertà personale in violazione dell’articolo 13 e delle garanzie costituzionali ivi previste, sia in materia di limitazioni della libertà di culto (per violazione degli articoli 2, 7 e 19 della Costituzione)

– non potendo non evidenziare dubbi anche in merito alla violazione del Trattato internazionale che regola i rapporti Stato/Chiesa cattolica, come garantito dall’art. 10 Cost.

Tutto ciò premesso, l’UGCI di Perugia

Pur considerata la gravità dell’epidemia e le necessarie misure di prevenzione e di cautela che la scienza “impone”, è evidente come nell’ultimo DPCM del 26 aprile u.s. non sembra si siano ponderate le contrapposte fondamentali esigenze, costituzionalmente garantite. In particolare, come dimostra l’ultima comunicazione diramata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Governo anche nel suo ultimo DPCM non sembra aver dato giusto peso alla libertà di culto, da tempo fortemente ridotta. Per tale ragione si stigmatizza l’ulteriore proroga sine die dell’illogica e discriminatoria limitazione ai fondamentali diritti costituzionali volti a garantire la dignità ed il pieno sviluppo della persona. Ciò a difesa della nostra fede, ma anche della nostra democrazia e della Costituzione, che sulla dignità e il pieno riconoscimento della persona umana si fonda.

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