“Great Reset”, la via capitalista al comunismo perfetto

“Great Reset”, la via capitalista al comunismo perfetto

SI STA PREPARANDO UN TOTALITARISMO ECONOMICO PLANETARIO CHE FAVORIRA’ POCHI SUPER RICCHI E PORTERA’ ALLO SFRUTTAMENTO DELLE MASSE.

Di Pietro Licciardi

Coloro che, più svegli e informati di altri, sanno cos’è il comunismo è dai tempi dell’Urss che hanno sospettato come l’apparente odio di Karl Marx e dei suoi seguaci per il capitalismo in realtà celasse la ricerca di una forma ancor più perfetta di sfruttamento delle masse. Una intuizione divenuta più chiara quando la Cina ha abbandonato la linea politica paranoica e sanguinaria di Mao per lanciarsi nella “Grande marcia” che la dovrebbe portare a diventare la prima potenza economica mondiale.

Ma è dopo l’annuncio del “The Great Reset” al summit del Worl Economic Forum che si è svolto nella cittadina svizzera di Davos nel Giugno 2020, replicato lo scorso Gennaio, che i sospetti sono diventati certezza. Ovvero che il comunismo non è che una versione perfezionata e più efficiente di quel capitalismo disumano e rapace che ha fatto inorridire le società occidentali nell’Ottocento e nel Novecento, quando intere generazioni di operai hanno consumato la loro vita alle catene di montaggio, senza garanzie sociali e per stipendi di pura sopravvivenza.

Qual è infatti il piano – denominato appunto “Great reset” – ordito dalla finanza, dal turbo capitalismo – soprattutto europeo – e dai colossi della comunicazione e di Internet, che grazie alla pandemia si vorrebbe attuare,?

In parole povere e molto semplicemente col “The Great Reset”, si vuole “re-immaginare” il mondo a cominciare dall’economia, approfittando della finestra di opportunità – così è stata definita – offerta dalla pandemia da Covid-19. Tale iniziativa cercherà di “ricostruire” il sistema economico e sociale globale al fine di renderlo più “sostenibile”; un cambiamento da cima a fondo presentato come necessario a causa del crollo dell’economia mondiale, a sua volta conseguenza del lockdown generale.

In un breve video su YouTube i suoi stessi promotori presentano l’idea, che ha ricevuto il pieno sostegno del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, ex presidente dell’Internazionale socialista dal 1999 al 2005 e che anche papa Francesco sembrerebbe apprezzare. Ovviamente il linguaggio utilizzato e molto empatico e accattivante, in quanto cerca di convincerci che si tratta di una necessità invocata “dal basso”, dalla gente comune, e che obiettivo primario è un maggior benessere – non necessariamente economico – per tutti.

In realtà la gestione di quello che dovrà essere il “nuovo mondo” post pandemia dovrà essere riservata ad una elite molto ristretta di grandi multinazionali, le quali potranno far sparire dalla scena economica nazionale e internazionale i concorrenti minori. Ma non finisce qui. Le multinazionali e le corporation in virtù di un loro aleatorio e tutto da dimostrare impegno nel migliorare la vita individuale e collettiva si sentiranno autorizzate a scaricare sulle nostre tasche – complici i governi degli stati  nazionali relegati a ruolo di comparsa – i loro eventuali insuccessi, che saranno ripianati dalle tasse dei cittadini, mentre tutti gli enormi profitti saranno distribuiti agli azionisti, senza alcun obbligo morale a reinvestire per creare nuovi posti di lavoro o migliorare quelli esistenti. Infine è allo studio la creazione di una moneta virtuale – erogata dalla Banca mondiale – che dovrà sostituire le varie valute. A quel punto a tutti sarà dato una sorta di reddito di cittadinanza, più o meno uguale per tutti, la cui entità sarà a quel punto ad assoluta discrezione dei “padroni del vapore” che garantirebbe soltanto una mera sopravvivenza.

In realtà è da decenni che il World Economic Forum, fondato dal professor Klaus Schwab nel 1971, il quale riunisce ogni anno capi di Stato, miliardari e grandi leader aziendali per riflettere sulle questioni economiche e di “governo globale”, lavora per raggiungere un obiettivo comune: l’estensione del libero commercio mondiale, l’istituzione di regole mondiali comuni in modo da sostituire il processo decisionale sovrano a livello di nazioni o, addirittura, la promozione della non discriminazione «per trasformare le economie e le società», come affermano gli stessi organizzatori degli incontri di Davos.

Se il progetto diventasse realtà si realizzerebbe un comunismo planetario, con elite finanziarie globali che pianificano i loro piani quinquennali mentre una massa sterminata di formiche operaie lavorano alle condizioni e alle paghe da loro stabilite, sotto il perenne e capillare controllo dei colossi della rete, in grado di gestire la sterminata massa di informazioni proveniente dal nostro uso di internet e dei social network. Il che è esattamente ciò che sta avvenendo in Cina, dove chi non è allineato con le direttive del partito – da noi probabilmente con tutte le ubbie politicamente corrette imposte dal pensiero unico – subisce restrizioni e limitazioni alla libertà e nella propria sfera privata.

Insomma: il turbo-capitalismo sta cercando di adottare i metodi testati in decenni di oppressione e sfruttamento delle masse, là dove ha regnato in comunismo, per imporre un totalitarismo perfetto, che arricchirà all’inverosimile pochi privilegiati a spese della maggioranza, sempre meno libera e sempre più povera.

 

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