Riforma Cartabia? Poco o nulla a che vedere con la “giustizia giusta”…

È PASSATO IERI SERA TARDI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI IL DDL SUL PROCESSO PENALE ELABORATO DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA MARTA CARTABIA. QUALCUNO LO CONSIDERA UN “PRIMO PASSO” PER LA RIFORMA COMPLESSIVA DEL SISTEMA MA, NON SIA MAI, CHE POSSA DIMINUIRE L’IMPEGNO PER LA PROMOZIONE DEI 6 REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA GIUSTA! SOLAMENTE QUESTI ULTIMI, INFATTI, SI POTRÀ PORRE FINE AL CORRENTISMO NELLA MAGISTRATURA GARANTENDO IL RIPRISTINO DELLO “STATO DI DIRITTO” NEL NOSTRO PAESE

Di Giuseppe Brienza

Ieri sera, a pochi minuti dalle ore 21, la Camera dei deputati ha approvato il ddl sul processo penale giornalisticamente noto come “riforma Cartabia”. Oggi toccherà al Senato e, secondo le previsioni, non ci dovrebbero essere problemi sul voto finale al provvedimento. In pratica Palazzo Madama sta arrivando in “zona Cesarini” a rendere effettivo questo provvedimento che, di buono, ha il superamento del ddl Bonafede ma costituisce in realtà poco più che la riscrittura del sistema sanzionatorio italiano ed è ben lungi, quindi, da una riforma complessiva della giustizia. L’ultima seduta del Senato prima delle ferie estive, che dureranno oltre un mese, sarà domani, 5 agosto, tornando a riunirsi martedì 7 settembre.

Spacciato dai media come una riforma dell’ordinamento giudiziario, il ddl Cartabia rappresenta un tassello della pur necessaria riforma dell’ordinamento penitenziario, ma ha poco o nulla a che vedere con il vero e proprio “muro” che sarebbe innalzato contro la politicizzazione della magistratura che i 6 quesiti referendari sulla “giustizia giusta” innalzerebbero se fossero sottoposti ed approvati dal popolo italiano.

Il “leader in pectore” dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, intervistato negli scorsi giorni dal quotidiano La Stampa, da una parte si è intestato la “riforma Cartabia” ma, dall’altra, ha ammesso che sul processo penale i pentastellati si sono «fatti trovare forse un po’ impreparati». In realtà, come ha spiegato su Libero l’ex procuratore di Venezia Carlo Nordio, la riforma ora in corso di approvazione in Senato «cancella quella di Bonafede».

La “riforma” sul processo penale approvata dalla Camera grazie alla questione di fiducia posta dal Governo e in Senato con il testo blindato, quindi senza possibilità di ulteriori modifiche, in fretta e furia a poche ore dalla chiusura estiva, diminuisce in qualche modo l’importanza dei referendum sulla “giustizia giusta”? Le varie correnti della magistratura, che ancora sono vive e vegete ma “in sonno” a causa del Palamaragate, del caso Amara e della Loggia Ungheria, avranno conseguenze dall’entrata in vigore della “riforma Cartabia”? La risposta sia alla prima sia alla seconda domanda è NO. Con la prossima entrata in vigore del ddl sul processo penale alle correnti della magistratura non succederà nulla, in primo luogo perché il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) rimane così come è, e così come sono restano nonostante la “riforma Cartabia” i metodi di elezione dell’organo di autogoverno dei giudici.

In cosa il potenziamento del sistema delle pene sostitutive, l’estensione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, l’allargamento della messa alla prova ai servizi sociali e la restituzione di effettività delle pene pecuniarie possono contribuire al ripristino della garanzia della presunzione d’innocenza e dello Stato di diritto nel nostro Paese? Niente, diremmo.

Quali le conseguenze sulla politicizzazione della magistratura del regime transitorio, istituito fino al 2024, per arrivare con una gradualità ai termini per la “prescrizione per improcedibilità” dei processi lunghi? Nessuna. Certo, va apprezzato il regime particolare che, soprattutto per l’impegno della Lega, è stato previsto per quei reati che non solo destano “allarme sociale”, come si ripete acriticamente nei grandi media, ma che sono gravi in sé. Parliamo dei reati di mafia, di terrorismo, di traffico internazionale di stupefacenti e violenza sessuale ma, a parere di chi scrive, sarebbero stati da aggiungere alla lista perlomeno quelli di pedopornografia e di tratta di persone.

Solo con i referendum sulla giustizia giusta sarà possibile perseguire questi obiettivi politico-istituzionali, restituendo oltretutto ai cittadini italiani che in questi 16 mesi sono stati impauriti, disorientati e addomesticati da una gestione totalizzante della “pandemia”, un’occasione storica per riprendersi la sovranità contribuendo finalmente a mettere mano ad una vera e propria riforma della giustizia.

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