Ci hanno preso gusto e ora arrivano anche i nuovi “negazionisti” del cambiamento climatico!

IL NEGAZIONISMO CLIMATICO: VERSO L’INTRODUZIONE DI UN NUOVO REATO D’OPINIONE?

Di Francesco Forlin

Non si sono ancora asciugati i fiumi di bile riversati dai sedicenti tolleranti dopo il naufragio parlamentare del DDL Zan che all’orizzonte sembra profilarsi una nuova fattispecie di reato d’opinione. Una “deviazione” dal pensiero Politicamente corretto tale da attirare su di sé gli strali dei censori progressisti.

Leggiamo sul quotidiano di sinistra la Repubblica che «dopo l’impegno per contrastare la disinformazione sulla pandemia e i vaccini, le grandi aziende tech si trovano davanti un’altra emergenza di natura scientifica: i negazionisti dei cambiamenti climatici». Queste righe contengono almeno tre notizie preoccupanti per chiunque abbia a cuore la libera circolazione delle idee.

La prima: l’indefinito ed indebito ampliamento dell’ambito di applicazione cui sta andando incontro il termine negazionismo.

La seconda: la declinazione semplicistica ed intollerante del termine scienza, sempre più spesso brandito come una clava da parte del Pensiero unico.

La terza: l’evidente preferenza, da parte degli zelanti custodi dell’ortodossia suddetta, per le vie brevi, ossia per censure imposte da soggetti privati (perché bisogna ricordare come, ancorché pomposamente celati dietro al lemma big tech, sempre di tali si tratti) a chiunque – privato o meno – sia reo di incorrere nella loro fatwa.

I precedenti, oramai, abbondano. Dall’estromissione da Twitter dell’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, alle precisazioni aggiunte in calce ai post da Facebook ogni qual volta vengano menzionate parole “sensibili” – come vaccino o, chissà, fra un po’, clima? – fino agli oscuramenti di pagine e profili ritenuti veicoli di contenuti unilateralmente giudicati «non conformi agli standard».

Ora, che questo sia il modo nel quale la sinistra globalista intende portare avanti uno scontro che, numeri alla mano, saprebbe di essere tutt’altro che vicina a vincere – come dimostra il terrore che attanaglia lorsignori ogni qual volta si approssimi la temutissima eventualità di restituire la parola al popolo sovrano – ecco, che questa sia la via maestra che gli illuminati, i tolleranti, l’avanguardia del progresso hanno in animo di percorrere è oramai non chiaro, ma cristallino. La politica è politica, e ciascuno la fa sfruttando le armi delle quali dispone. Fra queste, le idee sono le più forti, almeno sulla media e lunga distanza. E dal ghigliottinaro della Rivoluzione francese Maximilien de Robespierre (1758-1794) in giù gli eversori hanno fatto sempre il possibile per ottenere se non proprio il monopolio almeno una salda maggioranza all’interno di università, scuole e redazioni: le sedi deputate alla produzione, all’insegnamento ed alla divulgazione del canone culturale di riferimento. L’avvento dei social e di big tech non ha fatto che accelerare e rendere ulteriormente manifesto un processo oramai compiuto da tempo.

La novità degli ultimi tempi – una novità decisamente disturbante – è rappresentata dalla chiamata in servizio di leva prolungato di niente meno che la scienza. In un’età caratterizzata dall’avvento di quello che il filosofo relativista Gianni Vattimo, anni fa, ebbe a definire pensiero debole, ossia il crollo delle certezze e l’avvitamento del pensiero occidentale in una spirale di nichilismo mascherato da scetticismo, è stupefacente notare come si cerchi di riesumare una definizione ed una applicazione di scienza che farebbero invidia, quanto alla dogmatizzazione del sapere scientifico, all’ingenuo positivismo di August Comte (1798-1857). Una roba da far rabbrividire chiunque possieda un minimo di infarinatura di epistemologia contemporanea, degna di nipotini di una Scienza – la maiuscola è voluta – il cui nome si vuole poter urlare in faccia a quegli zoticoni degli interlocutori social che, verosimilmente elettori di partiti sovranisti e conservatori, osano esercitare la più scientifica e razionale di tutte le prerogative della ragione umana – quella del dubbio – nei confronti non di verità conclamate ed assunte come tali dalla comunità scientifica, ma della narrazione sul cambiamento climatico fatta a colpi di slogan e minacce.

Una narrazione sulla scienza che sembra la sceneggiatura di un pessimo film western, nel quale i buoni sono buoni a tutto tondo ed i cattivi sono irredimibili e insensatamente crudeli. Una narrazione sulla scienza, infine, su misura di Greta Thunberg, non certo di Galileo Galilei (1564-1642).

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