La società aperta contro la società tradizionale

La società aperta contro la società tradizionale

di Matteo Castagna

C’È UN PROGETTO POLITICO PER LA SOCIETÀ APERTA, PENSATO PER L’EUROPA E PER L’INTERO OCCIDENTE, ANCHE TRAMITE “GUERRE DEMOCRATICHE” E PROPAGANDE MEDIATICHE AL SOLDO DI GEORGE SOROS, UTILI A CONDIZIONARE L’OPINIONE PUBBLICA VERSO IL LUPO TRAVESTITO D’AGNELLO, CHE ARRICCHISCE LE SOLITE POCHE FAMIGLIE MONDIALISTE GLOBAL SULLA PELLE DEI POPOLI

Il silenzio mediatico sull’ennesima (netta) vittoria del 3 aprile scorso di Victor Orban in Ungheria e la conferma di Aleksandar Vucic in Serbia è determinato dal fatto che il Sistema globalista Ue teme le conseguenze per i futuri assetti geopolitici europei, trattandosi di due alleati della Russia che hanno sin qui mostrato una maggior equidistanza diplomatica nella crisi in corso in Ucraina.

Orban ha festeggiato il successo elettorale, citando anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky tra i nemici della sua democrazia: “La sinistra in patria, la sinistra internazionale, i burocrati di Bruxelles, le organizzazioni dell’impero di Soros, i media stranieri e alla fine anche il presidente ucraino”.

Nonostante l’Ungheria abbia aderito al pacchetto di sanzioni contro Mosca, si è espressa contrariamente all’invio di armi, sostenuto dagli alleati UE e NATO, nonché al loro transito su territorio ungherese. Inoltre, Budapest ha posto un veto all’embargo su gas e petrolio dalla Russia. Oltre a tutelare le esportazioni energetiche verso Budapest, Mosca trova così una “pecora nera” dentro l’UE e la NATO, in grado di minare quell’inedita compattezza occidentale delle prime settimane di conflitto.

Discorso diverso per la Serbia, i cui rapporti con la Russia si radicano su altre premesse. Anche qui, le importazioni energetiche sono di fondamentale importanza, dal momento che il paese balcanico dipende all’89% dal gas e dal petrolio russo, che acquista a prezzi di favore, ma ci sono considerazioni soprattutto di natura politica. L’equidistanza di Belgrado sull’invasione russa segue la sua tradizionale politica di sedere su due poltrone: condanna l’invasione dell’Ucraina, in linea con i partner occidentali, ma senza sanzionare Mosca. Una posizione giustificata sia dal voler continuare a usufruire del sostegno russo, e del suo veto al Consiglio di Sicurezza, contro l’indipendenza del Kosovo, sia dalla necessità politica di capitalizzare il filo-russismo, che in Serbia ha un grosso capitale elettorale.

Negli anni, attorno a Budapest si è creato il cosiddetto “blocco sovranista”, un allineamento tra leader nazionalisti e conservatori che include la Polonia e la Slovenia di Janez Jansa ed gode parecchie simpatie ovunque, nei partiti e movimenti identitari dell’Europa occidentale, inclusa l’Italia.

Il principale nemico dell’Ungheria di Orban è rappresentato dall’ungherese George Soros, uno degli uomini più ricchi del pianeta, per cui il patriottismo, sotto ogni specie, costituisce l’ostacolo principale al progetto di società aperta, sostenuto dalla maggioranza delle lobby sovranazionali anglo-americane e, per conseguenza dalla colonia atlantica costituita dall’Unione europea. Soros iniziò in Ungheria il suo raggio d’azione negli anni ’80. Con la caduta del Muro di Berlino raddoppiò il suo potenziale nell’europa dell’est, creando in Polonia la fondazione Stefan Batory, e in Russia aprì il suo ufficio di Mosca nel 1987.

Nel libro autobiografico “Soros su Soros”, l’autocrate ungherese scrive: “le mie spese sono aumentate da 3 milioni di dollari nel 1987 a più di 300 milioni di dollari all’anno nel 1992“. Nel 1990 finanziò il “piano dei 500 giorni”, che saccheggiò le risorse strategiche russe e scatenò il liberalismo più sfrenato che portò la Russia al più alto tasso di criminalità e di consumo di droghe della sua storia. A frenare questa deriva fu l’avvento al potere di Vladimir Putin. Per formare nuovi dirigenti politici, indottrinati dal suo modello di società aperta, completamente amorale, fluida, ultra liberal, priva di religione, Soros fondò nel 1991 l’Università dell’Europa Centrale, investendo circa la metà dei fondi della sua Open Society Foundation.

L’economista William F. Engdahl scrive dei rapporti tra le attività di Soros e l’intelligence USA fin dai tempi di George Bush e poi Clinton: mentre certi scellerati ex generali del KGB e i loro protetti scelti saccheggiavano le riserve aurifere dell’Unione Sovietica ormai disfunzionale, oltre a beni finanziari importanti del Partito Comunista dopo che fu improvvisamente posto fuori legge, con la benedizione e complicità di Boris Eltsin e della sua cerchia, i “vecchi amici” della CIA di Bush erano pronti a lanciare la fase successiva: la conquista sistematica dell’energia strategica, delle materie prime e delle industrie militari di Stato dell’ex URSS, attraverso le operazioni di privatizzazione imposte dal FMI.

Il fatto che a distanza di circa trent’anni Putin freni progressivamente la catastrofe della società aperta, con l’appoggio di un settore ancora sano e sovranista dello Stato “profondo” russo e le inchieste giudiziarie nei confronti di una delle quinte colonne legate agli USA e Soros nel tentativo di sfondamento liberale Anatoli Ciubais, costituiscono, per William F. Engdahl, il segno che la Russia di Putin abbia deciso di continuare a liberare le proprie istituzioni da certi elementi, ancora legati ai circoli della società aperta. (Confronta Pierre-Antoine Plaquevent, “Soros e la società aperta” – metapolitica del globalismo, Ed. Passaggio al Bosco, 220)

L’azione delle reti di Soros in Russia e in Europa Orientale è una realtà sempre più documentata e conosciuta dall’opinione pubblica. Adesso sarebbe compito dei patrioti europei prendere la testa del movimento e coordinare gli sforzi per appoggiare i conservatori dell’Europa orientale contro queste reti, che vorrebbero riservare alle Nazioni occidentali la stessa sorte funesta che progettarono per la Russia dagli anni ’90.

Una sapiente miscela di impoverimento e di sostituzione demografica che farà precipitare il nostro continente nella guerra civile e nella sottomissione all’estero, che è il progetto politico della società aperta, pensato per l’Europa e per l’intero Occidente, anche tramite “guerre democratiche” e propagande mediatiche al soldo dello stesso Soros, utili a condizionare l’opinione pubblica verso il lupo travestito d’agnello, che arricchisce le solite poche famiglie mondialiste global sulla pelle dei popoli.

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Meloni e Orban portano avanti una finta opposizione e finiranno presto con amalgamarsi a questa poltiglia globalista che ci ha portato al nuovo ordine mondiale.