Altra follia in Canada: uomo chiede eutanasia per “paura dei cambiamenti climatici”

di Gianmaria Spagnoletti

PAURA DI MORIRE… E DI VIVERE

Nella vita capita spesso di vedere la paura di morire, e di farne esperienza. Specie in questi due anni abbiamo visto che la paura di morire ha fatto un grosso balzo in avanti: ecco perché capita ancora di vedere persone che indossano la mascherina all’aperto (anche in bicicletta) perché hanno ancora paura di contagiarsi, sebbene sia ormai chiara la “stagionalità” della malattia e che stiamo passando da una situazione di “pandemia” a una di “endemia”.

Però una cosa che finora non ci era ancora capitato di vedere è la paura di vivere. Infatti, giunge dal Canada la notizia (che incredibilmente non ha destato nessun clamore) di un uomo che ha chiesto l’eutanasia con una motivazione “nuova” rispetto a quelle a cui ci stanno abituando le richieste di “dolce morte” là dove essa è stata legalizzata (in genere depressione, male incurabile o cronico).

Howard Breen, attivista del movimento fondato in Inghilterra Extinction Rebellion, ha chiesto di essere soppresso per la “paura dei cambiamenti climatici”, in virtù della larghezza della legge canadese sull’eutanasia che si prepara oltretutto a diventare ancora più permissiva dal prossimo marzo, consentendo la “morte procurata” anche nel caso di disturbi psicologici meno gravi di una malattia mentale.

È proprio la “novità” della motivazione che desta stupore, risultato del continuo battere la grancassa su slogan come “riscaldamento globale”, “scioperi per il clima”, “non c’è un pianeta B” e compagnia bella. Se già parecchi ragazzini soffrono di “ansia da clima”, per alcuni adulti già provati dalla sofferenza, l’ansia è evidentemente così grande da far preferire la morte alla vita.

Si chiama “Fobocrazia”: l’arte di governare con la paura. Prima si lancia l’emergenza economica, poi quella pandemica, poi bellica. La prossima quale potrebbe essere? Ogni tanto torna un accenno a quella extraterrestre…Sta di fatto che il metodo è lo stesso, e funziona sempre: “Shock and awe”, cioè “Colpisci e terrorizza”.

Il terrore è un’arma formidabile perché paralizza la capacità di pensare e di controbattere a un attacco: se la vittima non reagisce subito è spacciata. E allo stesso modo l’umanità, se cede alla paura di qualsiasi pericolo presentato come incombente, finirà per accettare qualsiasi soluzione proposta, anche l’irreggimentazione, la marginalizzazione del dissenso e la perdita della libertà, magari date dai media come “unica via d’uscita”.

La via d’uscita, semmai, dovrebbe essere un’altra: l’abbandono della sudditanza verso la paura. Paura della morte, della malattia, della perdita del lavoro o, genericamente, del futuro. Ne abbiamo tutti, senz’altro, e tuttavia non abbiamo il controllo di quel che accadrà. Più che i capi di Stato è Dio a reggere le sorti, quindi è giusto agire ma allo stesso tempo necessario affidarsi a Lui.

La frase ripetuta con più insistenza da Gesù nei Vangeli è non a caso “Non abbiate paura”. Lo ripeteva ogni volta ai discepoli spaventati, o confusi, se non terrorizzati. “Non abbiate paura”: vale anche oggi, per quanto noi ci facciamo carico ogni giorno di cambiare un mondo veramente pessimo, il nostro mondo è stato già salvato. “Non abbiate paura: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Su queste parole, tra l’altro, si chiudeva lo splendido film Gesù di Nazaret di Franco Zeffirelli (1923-2019).

Affidandoci a questa solida certezza non ci resta che lavorare per prenderci cura delle cose e delle persone che sono già dentro alla nostra vita. Niente di più e niente di meno. Senza cedere né all’ansia né alle minacce dei pericoli che ogni giorno vengono dati per certi e incombenti sulle nostre teste.

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