Lettera aperta a Cristina D’Avena, cantante e conduttrice cambiata un po’…

di Alessandro Villa

NEL GIORNO IN CUI IL COMUNE DI JESOLO, GUIDATO DA UNA GIUNTA DI CENTRODESTRA, DECIDE DI DEDICARE UN TRATTO DEL SUO LUNGOMARE ALLA CANTANTE E CONDUTTRICE CRISTINA D’AVENA, RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UNA LETTERA APERTA RIVOLTA ALLA “REGINA DELLE SIGLE” ED AL SUO DISCUTIBILE IMPEGNO IN FAVORE DELLE ASSOCIAZIONI LGBT

Ciao Cristina, sono un ragazzo disabile che è cresciuto con la tua musica per sentirsi in compagnia nei momenti difficili della mia crescita e, sin da bambino, ho coltivato la passione per la musica anche grazie ai tuoi telefilm nei quali veniva rappresentata la “famiglia perfetta”, formata da mamma, papà, fratelli, sorelle etc. e, quindi, in un certo senso è anche grazie a te che ho imparato i valori tradizionali.

Crescendo, però, ho avuto modo di riconoscere che non tutti siamo uguali e che ci sono diverse tipologie di persone con ideali diversi: ci sono i cristiani come ci sono gli atei, i bianchi come i neri, gli etero come gli omosessuali, i bisessuali, i transessuali, etc. ma c’è una cosa che ci accomuna tutti quanti ovvero il fatto che siamo tutti, prima di tutto, persone umane.

Sono cresciuto consapevole della mia diversità e questa mi è sempre pesata perché, guardandomi allo specchio, mi chiedo ogni volta se le persone che si interfacciano con me lo fanno perché credono davvero in quello che valgo o perché hanno pietà e compassione per quello che rappresento a livello istituzionale nella società generalista.

Nel corso della mia vita e lungo il percorso di inclusione, ho sempre dovuto sgomitare per cercare di ottenere un posto stabile che non ho mai davvero trovato perché, proprio a causa dei miei problemi fisio-visivi, ho dovuto frequentare le scuole in un centro di riabilitazione per persone portatrici di qualsiasi tipo di handicap, sia fisico che cognitivo e questa credo sia la causa fondamentale per la quale sono stato spesso deriso ed emarginato da chi è cresciuto coltivando il senso della diversità.

Ti dico questo perché ho notato che, negli ultimi anni, dopo aver tentato la carriera di cantante generalista per non rimanere inchiodata all’etichetta di “cantante per bambini”, ti sei spostata su di un’altra categoria che, ad oggi, più che una categoria (senza nulla togliere a nessuno perché io sono una persona per il rispetto di tutti), sembra essere diventata un trend: la categoria LGBTQIA+. Per questa “categoria” ti stai spendendo e mi domando qual è il messaggio che vuoi lanciare perché davvero non lo riesco a capire e, soprattutto, sempre su questo, non riesco a capire come mai sei stata tu ad essere ospitata all’interno di un concerto del performer LGBT, Paolo Tuci e non l’inverso.

In un momento come questo nel quale i buoni propositi pro-inclusività necessitano di uno sforzo da parte di tutti per creare maggior comprensione e reciproco supporto, perché sei stata tu a farti ospitare ai vari pride? I gay, alla fine, sono persone come le altre fino a che non fanno del male a nessuno e mi sento – a questo punto – di chiederti con il sorriso sulle labbra perché spendersi tanto per qualcosa che non crea inclusione ma solo più ghettizzazione, quando potresti aiutare la “categoria” LGBT a sdoganarsi facendo percepire il valore del singolo semplicemente per quel che è?

Non mi pare proprio che tu ti sia spesa così tanto per i soggetti disabili come me o, forse, dato che io credo in te e nella tua buona fede, non è nemmeno colpa tua, anzi. A convincermi di questo è proprio il fatto che, quando, tempo fa, sono venuto ad un tuo spettacolo, ho tentato di parlare col tuo staff di un mio progetto sociale per il quale sarebbe stato molto carino da parte tua dare anche solo un piccolo supporto facendoti fotografare con la cartolina del progetto in mano. I tuoi collaboratori, però, mi hanno ribaltato da una parte all’altra finché non mi hanno detto in tono quasi arrogante (facendomi sentire un ritardato mentale) di rivolgermi a tua mamma che, poveretta: perlomeno lei è stata gentilissima con me! Non posso dire lo stesso di un tuo collaboratore LGBT che, davanti a te, mi ha fatto le moine e poi quando eravamo da soli mi ha fatto capire con aria scocciata di levarmi di mezzo.

Scusami per questo sfogo, dolce Cri, ma mi ferisce tutto ciò perché non rimanda ad un reale segno positivo ed inclusivo.

Comunque non preoccuparti che questo non cambia ciò che penso di te: resterai per sempre la Cristina che mi ha fatto compagnia tramite la musica durante i vari ricoveri ospedalieri che ho dovuto affrontare e in tutte quelle volte in cui, ancora oggi da adulto, mi aiuti ad evadere dalla disumanità odierna per tornare bambino, almeno col pensiero. Un abbraccio con affetto.

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