Il miraggio della libertà che uccide

Il miraggio della libertà che uccide

di Enzo Vitale

L’UNICA SCELTA, NELLA RICERCA OSSESSIVA DELLA LIBERTÀ AD OGNI COSTO, È FARE IL BENE. DIVERSAMENTE SIAMO SPINTI A COMPIERE GESTI DISUMANI

Da piccolo sentivo dire che “il caldo può dare alla testa”. “Modi di dire”, pensi crescendo, mentre, invece, devi fare i conti con il fatto che nei detti popolari si nasconde sempre qualcosa di vero. O, forse, sarebbe più corretto dire che viene alla luce qualcosa di vero. Anche questo pensavo quando, sfogliando le notizie del giorno, mi salta agli occhi un titolo necessariamente virgolettato: «Lei era un ostacolo alla mia libertà». Il “lei” è riferito ad una bimba di poco più di un anno (18 mesi per la precisione) morta in casa perché colei che anagraficamente risulta essere “madre” l’ha lasciata sola, per vari giorni (circa sette) per stare con il compagno (altro rispetto al padre della bimba). Rabbrividisco pensando ad una nipotina di poco più grande.

Dico “anagraficamente” perché è chiaro che così non è nei fatti: potremmo scrivere fiumi di parole per dimostrare come non basti mettere al mondo un figlio per definirsi madre. Dovrebbe essere un processo sebbene complesso, naturale e, fortunatamente, abbastanza “normale”. Invece… Una bimba morta di fame e disidratazione. A Milano. Non in Africa o nella foresta Amazzonica. E tutto questo con consapevolezza: raccapricciante il particolare che la donna, nei quasi sette giorni di assenza, sia passata da Milano senza avvertire il rimorso di andare dalla piccola Diana.

Mia nonna, che di buon senso ne aveva, avrebbe detto: «Ma cosa passa per la testa delle persone?». E a questa domanda non si può dare una risposta scontata. Quello che si può fare – tralasciando ogni giudizio che, per fede, rimettiamo alla sapienza dell’Altissimo – è sottolineare alcuni aspetti che, pur se in misura diversa, interessano il nostro quotidiano. Un gesto del genere rappresenta l’esaltazione dell’egoismo elevato a regola di vita. Un egoismo che travolge, distruggendo tutto e tutti, pur di raggiungere la propria realizzazione.

Non nascondo che – mentre leggevo questa follia – una tentazione mi si è affacciata alla mente: l’apparente inutilità nel combattere per la difesa della vita mentre c’è chi considera l’esistenza dell’altro un “ostacolo” da eliminare.

Purtroppo, però, vedere l’altro come ostacolo è una realtà molto più diffusa di quanto si possa immaginare: proviamo solo a pensare agli ambiti lavorativi in cui, cercando di primeggiare c’è chi è disposto a tutto… Vedere l’altro come ostacolo alla “mia” realizzazione: umana, lavorativa, sociale, sportiva, sentimentale, è una delle conseguenze dello stile di vita che ha assunto a regola di comportamento le pretese della “dittatura del desiderio”: “lo voglio, lo desidero… costi quel che costi!”. E si avanza, sull’onda di una pretesa libertà, sulla scia che si può fare tutto. Fare tutto perché siamo liberi. Dobbiamo essere liberi!

Ma cosa è la libertà? Cosa intendiamo per libertà? Libertà non è certamente la possibilità di scegliere tra fare il bene e fare il male. Chi crede di essere libero nello scegliere di fare il male illude sé stesso. Nessun uomo, nessun essere umano, se realmente libero, può scegliere di fare il male. La scelta del male è sempre e solo dimostrazione dell’incapacità di fare il bene. Chi mente è perché è incapace di dire la verità; chi ruba è incapace di custodire l’altrui; chi si arrabbia è incapace di essere paziente; chi uccide è incapace di accogliere, rispettare, dare vita.

I filosofi distinguono, in tal senso, tra la libertà di qualità e la libertà di indifferenza. Servendoci di quanto ci ha insegnato il noto domenicano Servais Pinckaers diremo che mentre la libertà di indifferenza è il potere di scegliere tra contrari, la libertà di qualità, invece, è il potere di agire con qualità e perfezione quando si vuole. Scegliere tra bene e male è parte costitutiva, è l’essenza, della libertà che sarà di indifferenza quando saremo solo capaci di scegliere tra contrari, mentre sarà di qualità quando mostreremo di avere il potere di agire, appunto, con qualità e perfezione, perché lo vogliamo. La libertà di indifferenza dipende solo dalla nostra volontà; la libertà di qualità, invece, appartenendo alla ragione e alla volontà, dimostra il nostro potere di agire bene quando lo vogliamo. Scegliere il male è spesso una deficienza della libertà. Alcuni si illudono che libertà sia scegliere tra il bene e il male: si è veramente liberi quando si è capaci di scegliere sempre il bene. Mai saremo liberi se non saremo capaci di scegliere solo il bene.

Già san Paolo, investigatore dei misteri di Dio e conoscitore dei meandri del cuore umano, faceva notare come la scelta del bene, pur conoscendolo, non è affatto scontata: «Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque, io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti, nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io, dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato». (Rm 7, 18-25)

Forse san Paolo non dà, almeno in queste righe, una risposta alla domanda della nonna. Certamente però ci mette in guardia perché la realtà che siamo è ben diversa da quella che immaginiamo. Si arriva a compiere gesti “dis-umani”, contrari alla stessa umanità che li compie. Azioni nefande che annullano l’uomo. Ecco perché, per quella povera donna – pur colpevole nel gesto compiuto e che non possiamo definire madre – bisogna avere tanta misericordia. Ha dimenticato che essere umani, prima ancora di essere madre significa fare sempre il bene. E questo perché forse nessuno le aveva mai fatto capire che l’unica scelta che ci è data nella vita per essere liberi è quella di fare sempre il bene.

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