I sette elementi, emblematici e indispensabili, per il Popolo di Dio

I sette elementi, emblematici e indispensabili, per il Popolo di Dio

di Padre Giuseppe Tagliareni*

LE SETTE POTENZE D’ISRAELE

“Vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i vostri occhi? (Deut 4,32-34).

Mosè dà una lettura teologica dei fatti dell’Esodo, perché tutti ne abbiano coscienza, gratitudine e timore, considerando l’opera di Dio. Nonostante il gioco imprevedibile della libertà umana e dell’opposizione satanica, Egli ha fatto ciò che era impossibile a chiunque altro fuori di Dio: salvare Israele dalla schiavitù egiziana e dopo lungo percorso, introdurlo nella Terra promessa, “dove scorre latte e miele” (Es 3,8). Proprio questo dimostra che Egli è l’unico Dio e l’unico Signore della storia e quanto grande sia la sua benevolenza per il suo popolo.

Nonostante la debolezza della libertà ferita dal peccato originale, lo scatenarsi della triplice concupiscenza e della violenza, il moltiplicarsi della seduzione satanica e dei peccati, l’oppressione dei servi di Satana come il faraone d’Egitto, l’incostanza e le mormorazioni degli eletti, le difficoltà spesso insuperabili del cammino, Dio guida il suo popolo con mano sicura per mezzo di Mosè e lo introduce nella terra di Canaan per mezzo di Giosuè, scacciando le popolazioni che vi si trovano, colpevoli ai suoi occhi di orribili delitti, tra cui specialmente l’adorazione del demonio.

Il cammino dellEsodo, dall’Egitto fino alla Terra promessa, fu segnato da fatti che hanno grande importanza per la storia dell’antico Israele e preannunziano altri eventi simili per il nuovo Israele, la Chiesa. Enumeriamo appena: la dura schiavitù e il primo genocidio sotto i faraoni d’Egitto; le dieci piaghe e la prima Pasqua; il passaggio del Mar Rosso e la distruzione dell’esercito del faraone; la nube luminosa; la manna e le quaglie; le numerose mormorazioni contro Dio e contro Mosè; il serpente di bronzo; le contestazioni di Massa e Meriba e le acque scaturite dalla roccia; la teofania e il patto del Sinai; il vitello d’oro; la missione degli esploratori e la condanna dei quarant’anni nel deserto; la tenda del convegno e l’arca dell’alleanza; i settanta anziani; il culto e il sacerdozio; la vittoria su Amalek e altri nemici; il passaggio del Giordano e la caduta di Gerico. È cosa meravigliosa che un popolo quasi del tutto inerme, povero e peregrinante abbia potuto superare le invivibili condizioni del deserto e l’ostilità dei suoi nemici, giungere fresco e rinnovato alle soglie della Terra promessa e vi sia poi effettivamente entrato a prenderne possesso.

In questa storia di salvezza vi sono alcune realtà emblematiche che ci sembrano indispensabili per il corredo del Popolo di Dio, così come storicamente si formò sotto la potente e sapiente mano di Dio. Eccole:

Un capo scelto e garantito da Dio: fu prima Mosè e poi Giosuè. Entrambi simboleggiano Cristo, il vero capo del nuovo Popolo di Dio, di cui il vecchio era figura. Mosè fu scelto direttamente da Dio e garantito da tutti i miracoli fatti tramite lui. Egli solo parlò direttamente con Dio sia sul monte che nella tenda del convegno; solo a lui competeva l’ultima decisione su tutte le questioni anche giudiziarie; era l’unico intermediario che potesse stare davanti a Dio “faccia a faccia” (Es 33,11) e portare al popolo i decreti divini e a Dio le suppliche del suo popolo. In realtà il vero e unico mediatore è Gesù Cristo, figlio di Dio fatto uomo. Dopo la sua ascensione al cielo, egli continua sempre la sua mediazione ed è rappresentato sulla terra da Pietro e dai suoi successori (i romani pontefici). Il Popolo di Dio deve avere un capo sicuro, unico e garantito da Lui.

Lagnello pasquale. Il popolo degli eletti è un popolo pasquale, uscito indenne dallo sterminio dei primogeniti degli egiziani. Il sangue dell’agnello posto sugli stipiti delle porte ebraiche è il sangue dell’alleanza che preserva dal castigo mortale; le sue carni mangiate con pani azzimi nel banchetto pasquale sigillano questa alleanza e danno l’appartenenza al popolo eletto. Questa è la prima Pasqua, che si perpetuerà nel rito perenne, che fonda la vita religiosa d’Israele anno per anno. Come Giovanni Battista rivelerà, è Gesù l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, che il Padre immolerà sul Calvario come fece Abramo sul monte Moria nei con-fronti di Isacco; è Gesù che morendo sulla croce e risorgendo il terzo giorno segnerà la nuova Pasqua, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato e della morte alla vita nuova della risurrezione. Da questa nuova Pasqua nasce il nuovo Popolo di Dio e la nuova Alleanza, siglata col Sangue dell’Agnello e con il Convito eucaristico, dove si consumano le carni dell’Agnello.

Il passaggio del Mar Rosso. È fondamentale per “passare dall’altra parte” della terra di schiavitù verso la terra della libertà e dell’eredità eterna, nuovo Eden promesso. È il primo battesimo dell’intero popolo, l’immersione tra le acque purificatrici dove il male (l’esercito del faraone) viene sconfitto ed eliminato per sempre e dopo del quale inizia una vita nuova. Esso chiaramente preannunzia il vero Battesimo cristiano, fondato su quello di Cristo al fiume Giordano, che segna l’eliminazione dell’antico peccato delle origini e la nuova vita di figli di Dio, a partecipazione di quella di Cristo, l’Unigenito, dato a noi per mezzo di Maria.

La manna. È il cibo straordinario, il pane disceso dal cielo per nutrire quel popolo lungo tutto il cammino dei quarant’anni nel deserto, perché giungesse vivo e vegeto alla Terra promessa. Come Gesù spiega nella sinagoga di Cafarnao (cfr. Gv 6) dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, simboleggia l’Eucaristia, il Pane vivo di-sceso dal Cielo, ben superiore all’antica manna, perché “chi mangia di questo pane, vivrà in eterno” (Gv 6,58). Egli ne farà dono all’Ultima Cena con i suoi nel Cenacolo di Gerusalemme, consacrando il pane e il vino come suo Corpo offerto e suo Sangue sparso, diventati per la transustanziazione da Lui operata Corpo, Sangue, Anima e Divinità sue e comandando agli Apostoli di ripetere questo rito come suo memoriale. Chi non mangia di questa nuova e santissima “manna”, come potrà giungere alla Terra promessa?

La Legge. Al Sinai ci fu la teofania e il dono dei Dieci Comandamenti. Questi saranno la legge fondamentale d’Israele, la sua giustizia garantita dalla Parola divina. È questa la base dell’Alleanza con Dio, che dice: “Osservate la mia Legge e sarete il mio Popolo e Io sarò il vostro Dio”. Di questa Legge, neanche un iota o un apice sarà tolto finché dureranno cielo e terra, come afferma lo stesso Gesù. Ma Egli la supera e la sintetizza divinamente nell’unica legge dell’amore: verso Dio e verso il prossimo. E dà se stesso come misura: “Amatevi come Io vi ho amato” (Gv 13,34), cioè servendo e sacrificando la vita per i fratelli e per amor di Dio, fino a morire per amore. Dio è amore; la legge del cristiano è amare. La misura è Gesù.

La tenda del convegno. Era il posto più sacro d’Israele, separato dall’accampamento, la tenda di Dio in mezzo al suo popolo, il luogo dell’incontro di Mosè con Dio durante tutto il tragitto del deserto e il luogo del culto, per la presenza degli altari, della conca, del candelabro a sette braccia, del “Santo dei Santi”. Aronne e i suoi figli vi officiavano i riti sacri. Preannunzia il Tempio, il luogo santo dove abita Dio sulla terra e dove è possibile consultarlo e offrirgli le offerte, il culto prescritto, le suppliche e chiedergli le benedizioni promesse ai suoi fedeli. Simboleggia la Chiesa, l’edificio del culto dove si raduna il nuovo Popolo di Dio e il tabernacolo dove Egli abita vivo e vero per fare grazia: non come fuoco divorante ma come Pane di vita.

Larca dellalleanza. Essa conteneva le Tavole della Legge, la verga di Aronne, simbolo del sacerdozio, e un campione di manna, simbolo dell’Eucaristia. L’arca, sgabello dei piedi di Dio, era segno della sua presenza potente e operante nella storia, come si dimostrò alla presa di Gerico, le cui mura caddero al suono delle trombe e al passaggio dell’arca santa. Essa simboleggia la Vergine Maria, come induce a pensare Ap 11,19-12,1. Essa porta nel suo grembo il Figlio di Dio a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli e che regge con scettro di ferro le nazioni; contro di lui il drago non può nulla. Essa va nel deserto per salvare la sua discendenza, gli eletti di Dio che praticano la Sua Legge (i Comandamenti) e annunziano il Vangelo di Gesù, dagli attacchi dell’Inferno. La sua vittoria è certa e presto splenderà coronata di stelle nel cielo di Dio.

Questi sette elementi sono emblematici e indispensabili per il Popolo di Dio. Come tutta la Storia sacra dimostra, è Dio che ha voluto questo. La salvezza operata dal Signore passa per queste sette realtà, testimoniata da tutta l’antica Tradizione e dai libri dell’Esodo, dei Numeri e del Deuteronomio. Ma l’Antico Testamento è profezia del Nuovo ed è in questo che acquista piena luce. Dunque è indispensabile arrivare a Gesù e alla Chiesa: è qui che la Salvezza si fa presente, perché in essa è Gesù risorto. È Lui che ci introduce al Padre, nel posto che è stato preparato per noi fin dalla fondazione del mondo. Pretendere di arrivarci senza Gesù è follia; presumere di arrivarci senza la Chiesa è stoltezza. E la Chiesa dev’essere quella fondata da Gesù Cristo. Questa è solo la Chiesa Cattolica, come afferma tutta la santa Tradizione e come si dimostra guardando alle sue componenti essenziali, che corrispondono magnificamente alle sette realtà sopra esposte. Dio è veramente grande e il Suo disegno va in porto. Nonostante tutto il contrario. La dolce e terribile presenza della Vergine Maria, così forte negli ultimi tempi, preannunzia come prossima la caduta delle mura di Gerico, la città del male: Babilonia la grande meretrice, che corrompe tutta la terra.

 

 

 

 

* Padre Giuseppe Tagliareni
(29 luglio 1943 – 25 gennaio 2022),
è il fondatore dell’Opera della Divina Consolazione

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