Chiamiamolo con il suo nome: l’aborto è un omicidio!

di Maria Bigazzi

SE VOGLIAMO CHE LA SOCIETÀ PROGREDISCA, SE VOGLIAMO CHE VI SIA RISPETTO E CHE UOMINI, DONNE E BAMBINI, SIANO CONSIDERATI COME TALI E ABBIANO DIRITTI, È NECESSARIO RIPARTIRE DAL RISPETTO DELLA VITA, IN TUTTI I SUOI STADI. ALLORA SÌ CHE SI PUÒ PARLARE DI PROGRESSO!

La definizione che si da dell’aborto è quella di “interruzione di gravidanza”. Si parla di gravidanza, sempre per definizione, dal “concepimento al parto”. La vita secondo la scienza, ha inizio al momento della fecondazione.

Bastano queste poche righe per capire che con l’aborto avviene un’interruzione. Questo è indiscutibile. Inutili le solite decine di esempi che riportano i mille e mille motivi per cui una donna vuole abortire. Se abortisci, interrompi la gravidanza, quindi interrompi un ciclo, quello vitale, che ha già avuto inizio.

Dunque, sei responsabile di una vita di cui decidi l’eliminazione, scavalcando o meglio calpestando i diritti del Concepito che (udite udite) è già considerato giuridicamente, per soddisfare un bisogno personale.

Con un esempio, è la stessa cosa dire che quel tizio mi dà fastidio, quindi lo elimino. Il tizio, ovvero il bambino, c’è, non è un nulla, perché scientificamente quando avviene la fecondazione, inizia una vita di cui sei responsabile, ma non padrone.

Dire “il corpo è mio e decido io” è un’enorme stupidaggine, perché se per il tuo corpo decidi te, non lo puoi certo fare per un altro corpo che esiste e quindi è già un soggetto a sé con diritti, e che necessita del corpo materno per crescere.

Questa è la Vita, una meraviglia che al principio vede il bambino e la madre aiutarsi l’uno con l’altra, come hanno dimostrato i numerosi studi che spiegano come il corpo del bambino svolga una funzione importantissima nei confronti della madre che da lui trae benefici e aiuti.

Il problema è che oggi non ci si vuole prendere alcuna responsabilità. Una gravidanza inaspettata, forzata o con problemi, è sempre una gravidanza che va seguita con la consapevolezza di quello che accade. Non si può mentire e dire che non è vita e che l’aborto è un diritto.

Chiamiamolo con il suo nome: l’aborto è un omicidio perché è una volontaria e consapevole decisione di eliminare una vita. Infatti, se non fosse già vita che bisogno ci sarebbe di ricorrere a mezzi omicidi?

La legge 194 che si presenta molto subdola e apparentemente a favore della donna, è la legalizzazione di un omicidio, che per definizione significa “delitto di chi sopprime una o più vite umane”. Qui la vita c’è ed è soppressa.

La scusa che la legge fosse necessaria a limitare l’aborto clandestino è un’altra sciocchezza. L’aborto clandestino infatti non è stato eliminato, ma a questo vi si è affiancato quello ospedaliero e farmacologico che è una vera strage ed è pericoloso anche per la vita della madre. Senza contare che tale orrenda pratica è spesata da tutta la collettività. Inoltre, viene da chiedersi secondo questa logica, se uccidere un uomo è un reato, per limitare gli omicidi cosa facciamo? Chiediamo di legalizzare l’omicidio?

Questo è il volto di una legge ingiusta che in quanto tale, come insegna la filosofia del diritto e tanti saggi studiosi, non deve essere considerata legge e né deve essere obbedita perché contro la morale e dannosa per l’esistenza stessa dell’uomo.

Su una cosa non si discute, ovvero che la legge 194/78 è da abrogare per intera, senza se e senza ma. La smettano di parlare di diritti, discriminazioni e violenze, perché il primo diritto violato, la vera discriminazione, la più grave violenza è quella di chi sostiene ed elimina una vita al di là di ogni motivazione che è sempre minore rispetto all’uccisione di un innocente.

Se vogliamo che la società progredisca, se vogliamo che vi sia rispetto e che uomini, donne e bambini siano considerati come tali e abbiano diritti, è necessario ripartire dal rispetto della Vita, in tutti i suoi stadi. Allora sì che si può parlare di progresso.

 

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