L’egemonia di Xi Jinping sul Partito Comunista Cinese e gli 11 punti programmatici per il futuro

di Chiara Masotto*

IL XX CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CINESE, L’EVENTO POLITICO PIÙ IMPORTANTE DELLA REPUBBLICA POPOLARE DI CINA, SI È CONCLUSO NEI GIORNI SCORSI. L’ESITO SI PUÒ RIASSUMERE IN POCHE PAROLE: VITTORIA TOTALE DI XI JINPING

Il Report al XX Congresso del Partito Comunista Cinese è l’equivalente del Discorso sullo Stato dell’Unione negli Stati Uniti d’America: si ricordano le vittorie passate, si elencano le sfide future e si profila la strategia per affrontarle. Il discorso del Presidente Xi, il cui testo integrale è disponibile in inglese, chiude il cerchio collegandosi agli undici punti programmatici elencati nel suo discorso all’Assemblea Nazionale del Popolo che ratificò la sua nomina a Presidente della Repubblica Popolare Cinese nel marzo 2013.

Quando il Presidente Xi accettò l’incarico, intraprese il mandato consapevole di una serie di sfide: la crescita economica cinese aveva rallentato rispetto agli standard del passato, alimentando la perdita di fiducia verso il Partito, già minata dalla corruzione degli ufficiali e dal crescente divario tra ricchi e poveri. Il compito di Xi Jinping era ricostruire il capitale politico più importante: la fiducia.

Gli undici punti di Xi Jinping, la sua visione per il futuro, permeano l’intero discorso e fanno da ponte tra gli ultimi dieci anni e il prossimo quinquennio. Dieci anni fa il Presidente proponeva una riforma del mercato e del ruolo delle aziende di Stato, o State owned enterpreses, SOE in breve, sul cui progetto di riforma i dirigenti del Partito si affannano dagli anni ’90.

Dall’entrata della Repubblica Popolare Cinese nell’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization-WTO) nel 2001 la pressione competitiva a cui queste aziende sono sottoposte è aumentata, e con essa i grattacapi associati: se da un lato le SOEs sono l’irrinunciabile salvadanaio del Partito, dall’altro la loro competitività è frutto di ingenti sovvenzioni statali che riducono in modo sostanziale gli incassi a cui può attingere il partito. C’è poi un secondo problema legato alle SOEs: anche se i loro guadagni sono ridotti, esse restano una fonte di potere non indifferente che permette alle figure che li controllano di avere una certa influenza.

Il caso Bo Xilai è esplicativo: Zhou Yongkang, alto membro del partito che fece carriera nel settore petrolifero, nel 2012 fu l’unico a votare a favore di Bo Xilai e della sua permanenza nel Partito. Questa mossa politica altamente rischiosa – Zhou si stava schierando contro il futuro numero uno del Partito, Xi Jinping – era possibile grazie al “piano assicurativo” che Zhou si era creato nei suoi anni di servizio nella SEO del petrolio, un network formidabile di contatti e un patrimonio di 15 milioni di dollari che si sospetta abbia sottratto.

Le implicazioni di questo caso, la corruzione e la possibilità di sottrarsi alla stretta del sistema giudiziario, fanno eco ad altri due punti sollevati da Xi Jinping, la lotta alla corruzione, marchio del suo primo mandato, e la riforma giudiziaria. La corruzione mina l’efficienza economica e politica del Paese e la fiducia nel sistema giudiziario, temi che si sono meritati un capitolo intero nel discorso di apertura.

Non solo trasparenza e riforme giudiziarie, ma anche democrazia – con caratteristiche cinesi- , urbanizzazione, sviluppo delle zone rurali, liberalizzazione del mercato e promozione dello yuan.

Quale futuro dunque per la Repubblica Popolare? L’obiettivo rimane la creazione di un Paese moderno, aggettivo che si ripete per l’intera seconda parte del discorso. Xi Jinping è però molto attento a specificare l’enormità del processo e a ricordare a tutti i suoi spettatori, interni ed esterni al Paese, che il successo non è immediato ma è assicurato. È coinvolto più di un miliardo di persone che non cercano “solo” la prosperità economica ma anche giustizia, equità, possibilità di crescita economica e culturale.

Le necessità materiali e culturali non sono socialismo, su questo Xi Jinping è molto chiaro. Socialismo è libertà dalle necessità materiali e la ricchezza è il mezzo per raggiungere il socialismo. È su come raggiungere la ricchezza che Xi prospetta per la Repubblica Popolare un’ascesa unica nella storia: la parabola della Repubblica Popolare Cinese sarà pacifica, non macchiata da razzie, guerre e crimini contro l’uomo e contro il pianeta.

Questo piano ambizioso ha anche una “scadenza” (timeline): entro il 2035 la piena modernizzazione del Paese, rendendolo un leader nella ricerca, nell’innovazione e nell’istruzione, alzando il PIL pro capite e con esso gli stipendi, sviluppando il welfare statale e consolidando la sicurezza nazionale. L’occasione, scrive Xi, è uno di quei momenti unici nella storia: ad innovazioni tecnologiche e industriali mai viste prima si accompagna uno stravolgimento dell’ordine internazionale. Come sfruttarlo? La ricetta di Xi è semplice: indiscussa leadership del partito, coesione tra i ranghi dei burocrati e tra il popolo e i funzionari pubblici, Stato di diritto e democrazia con caratteristiche cinesi. Corona il sogno la riunificazione con Taiwan, idealmente nel 2049, cento anni dopo la fine della guerra civile contro il partito Nazionalista.

La traduzione pratica di questo progetto inizia con l’egemonia di xi Jinping sul Partito: il Congresso era stato preceduto da una purga di cinque burocrati di alti livello e si è concluso con l’eliminazione dei possibili portatori di dissenso, come Li Keqiang, che nell’amministrazione precedente era incaricato per il portafogli economico e si è scontrato più volte con Xi Jinping per la gestione della strategia Covid, e non ha visto il suo incarico confermato. Più visibile e scandalosa l’uscita di scena di Hu Jintao, ex Presidente della Repubblica Popolare Cinese e predecessore di Xi Jinping. Nella repubblica Popolare gli ex Presidenti mantengono potere e influenza anche dopo che il loro incarico è giunto al termine, ma non Hu, umiliato in diretta nazionale e immolato all’altare dell’assolutismo targato Xi Jinping. Eliminato anche l’ultimo ostacolo al potere assoluto dell’attuale Presidente, chi oserà minacciarlo? Vittoria assoluta.

* Dottoressa in “Mediazione linguistica cinese – inglese
e in “
Studi Europei e Internazionali
con focus sull’Asia Nordorientale

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