È ricominciato il piagnisteo immigrazionista, anche se il Papa…

di Pietro Licciardi

L’ACCOGLIENZA SENZA SE E SENZA MA NON E’ CONTEMPLATA DAL MAGISTERO DELLA CHIESA CATTOLICA, ANCHE SE MOLTI FINGONO DI NON SAPERLO…

Il Governo Meloni si è appena insediato e subito è ricominciato il teatrino dell’accoglienza ai clandestini con annesso piagnisteo del caravanserraglio delle sinistre e dei soliti “cattolici” che cercano di mascherare col buonismo la loro sostanziale lontananza dalla Chiesa.

Se possiamo capire l’atteggiamento dei sinistri, che ormai hanno solo l’argomento “umanitario” dell’immigrazione e dei “salvataggi” in mare per dimostrare che gli intellettuali, i radical chic rimasti ormai i soli a votare certi partiti hanno a cuore gli “ultimi” e i diseredati di questo mondo, avendo ormai perso del tutto il consenso delle masse e dei lavoratori, meno comprendiamo i cattolici, che come tali dovrebbero pensare e ragionare con le categorie della Dottrina sociale della Chiesa e non del mondo.

Per cercare di chiarire le idee ricordiamo cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, sempre citato da Papa Francesco, di cui si continua a ricordare ciò che fa più comodo alla propria, soggettiva idea di cristianesimo, saltando a piè pari ciò che invece è in contrasto con essa.

Ebbene, il Catechismo al punto 2241 dice: «Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono». Quindi accoglienza si ma nella misura del possibile, ovvero di coloro ai quali si può garantire una esistenza dignitosa e un lavoro, cosa che non avviene adesso, poichè la politica delle frontiere aperte riempie le nostre città di sbandati senza occupazione e per questo facile preda della criminalità e dello sfruttamento. Oltre a ciò l’accoglienza deve riguardare chi fugge da reali condizioni di insicurezza; cosa alquanto dubbia dal momento che per lo più i clandestini provengono da paesi in cui non vi sono né guerre, né carestie.

Sempre al punto 2241 si legge: «Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri».

Lasciamo alla vostra riflessione se le condizioni poste dal Catechismo sono rispettate…

Molti giustificano l’accoglienza incondizionata con un indotto senso di colpa per i trascorsi storici e neocoloniali dell’Europa, dimenticando che non è compito della Chiesa e delle singole comunità cristiane risolvere i problemi sociali che la storia di volta in volta ci presenta. Non dobbiamo perciò nutrire nessun complesso di colpa a causa delle emergenze anche imperiose che la politica non riesce ad affrontare efficacemente.

Come ha avuto modo di ricordare il cardinale Giacomo Biffi (1928-2015), arcivescovo di Bologna e in diverse occasioni con mirabile sintesi del Magistero sociale, «lo Stato non può sottrarsi al dovere di regolamentare l’immigrazione, positivamente e con progetti realistici circa il lavoro, l´abitazione, l´inserimento sociale, che mirino al vero bene sia dei nuovi arrivati sia delle nostre popolazioni. E siccome non è pensabile che si possano accogliere tutti, è ovvio che si imponga una selezione e la responsabilità di scegliere non può essere che dello Stato italiano, non di altri». Ad esempio delle Ong, che dopo aver caricato oltremisura le loro navi e creato situazioni di emergenza sanitaria, col ricatto umanitario impongono lo sbarco di clandestini a getto continuo. E’ di questi giorni l’ennesimo braccio di ferro tra tre navi cariche di clandestini e le autorità italiane.

Sempre sul criterio di scelta e sempre alla luce del magistero della Chiesa il cardinale raccomandava anche che la decisione di chi far entrare e chi no non deve essere presa unicamente in base a criteri economici e previdenziali ma criterio determinante deve essere quello della più facile integrabilità nel nostro tessuto nazionale o quanto meno di una prevedibile coesistenza non conflittuale: «Un “ecumenismo politico”, per così dire, astratto e imprevidente, che disattendesse questa elementare regola di buon senso amministrativo, potrebbe preparare anche per il nostro popolo un futuro di lacrime e di sangue». Che poi è esattamente quello che sta avvenendo in alte nazioni europee, come Francia, Belgio, Norvegia, Germania, alle prese con gravi problemi di ordine pubblico e con porzioni di territorio, soprattutto nelle città, ormai fuori dal controllo statale.

Da qui la necessità di limitare l’ingresso – soprattutto ma non solo – alla popolazione islamica, pregiudizialmente ostile alla nostra cultura europea e cristiana, specialmente in mancanza di cristiani disposti ad una assidua e capillare opera di evangelizzazione, avendo perso loro per primi le ragioni della loro fede.

Su ciò che realmente muove la stragrande maggioranza dei clandestini a mettersi in viaggio per approdare in quell’Eldorado che è l’Europa, così come viene dipinta da chi lucra su quella che ha ormai assunto i caratteri di una tratta, occorrerebbe un articolo a parte. Ma qui ci limitiamo infine a ricordare come i vescovi delle conferenze nazionali e interterritoriali dell’Africa occidentale riuniti a Ouagadougou, in Burkina Faso, dal 14 al 20 maggio, 2019, al termine dell’incontro hanno pubblicato un comunicato e un messaggio pastorale dove hanno fatto riferimento alla piaga dell’emigrazione di massa, la quale priva l’Africa – ma il discorso si può estendere ad altre nazioni di altri continenti – di forze giovani che sarebbero quanto mai necessarie per far uscire molte nazioni dalla condizione di arretratezza economica e sociale in cui si trovano, molto spesso non a causa dei “cattivi” occidentali ma per le endemiche contraddizioni di società ancora tribali, in preda alla corruzione, con regimi politici illiberali.

Il che tra l’altro fa capire come certo “buonismo” sia controproducente, aggravando ciò che vorrebbe risolvere.

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