Da trentatré anni siamo liberi dal totalitarismo comunista

Da trentatré anni siamo liberi dal totalitarismo comunista

di Jozef Miklosko*

1989: IL COMUNISMO È MIRACOLOSAMENTE CROLLATO NELLA PATTUMIERA DELLA STORIA MA…

Da trentatré anni siamo liberi: possiamo scrivere, dire e stampare quello che vogliamo. Possiamo viaggiare, fare affari e vivere come desideriamo. Siamo limitati solo dal mondo della pubblicità, del consumismo, della moda, dei tabloid e delle celebrità. Questo è anche il motivo per cui la sub cultura mediatica e la mediocrità sono in aumento. Molti si accontentano: è difficile ricavarne qualcosa, l’Europa ne è piena.

33 anni fa, il 17 novembre 1989 scoppiava comunque nel mio Paese la “Rivoluzione di velluto” (in slovacco nežná revolúcia), ovvero quella serie di eventi che portò nel giro di cinque settimane alla fine del regime comunista in Cecoslovacchia. In pratica, in Slovacchia e Repubblica Ceca questo periodo può essere paragonato a quella che è stato l’abbattimento del Muro di Berlino per la Germania Orientale. Il 17 novembre a Praga si radunarono 50.000 persone (e altre a Bratislava e in altre città) per manifestare pacificamente in occasione della Giornata internazionale degli Studenti. Quella serie di eventi dell’autunno 1989 mise tutto in discussione. È stato un momento storico, il confine di due epoche: dopo 40 anni di totalitarismo qui in Slovacchia sono arrivati 33 anni di libertà.

Il comunismo è miracolosamente crollato nella pattumiera della storia. Da allora abbiamo avuto la possibilità di vivere nella verità, ma sono comparsi il nazionalismo, l’egoismo e la terapia d’urto occidentale, che non era terapia ma shock. Molti hanno chiesto allora: “Perché ci avete fatto uscire dall’Egitto?” Sono insoddisfatti, ma non vogliono cambiare, il cambiamento lo aspettano solo dagli altri.

Non volevamo essere come loro nel 1989, non ci siamo vendicati. Siamo diventati liberi, ma il pensiero delle persone è cambiato poco. Le vecchie abitudini sono rimaste: irresponsabilità, pigrizia e cercare di far fare a qualcun altro il cambiamento per noi. Il treno del capitalismo, nella sua fase di declino, si è messo in moto da allora.

Alcuni ci si sono seduti su quel treno, altri – provvidenzialmente – no.
La Rivoluzione di velluto ha contribuito anche a creare grandi differenze sociali, all’aumento della disoccupazione, al ritorno di vecchie strutture e all’esclusione dalla politica di ex dissidenti. Ma ciò che è stato ottenuto, e c’era molto da ottenere, non è stato molto evidente.

Le conseguenze della crisi finanziaria, demografica e morale sono state e sono la disgregazione delle famiglie, l’abbandono dei bambini, la pressione della pubblicità e dell’anticultura consumistica. La capacità delle persone di distinguere tra buono e cattivo, importante e non importante, essenziale e non importante, si è indebolita. Se la democrazia e la politica si basano solo sul principio della maggioranza, non sul principio della moralità, nulla cambierà e anche un tale sistema crollerà.

Anche la libertà ha i suoi limiti: non tutto ciò che è possibile è necessario.
Un terzo di secolo di viaggio verso la terra promessa si è trasformato in una grande polarizzazione delle opinioni. Molto è stato anche causato dal fatto che siamo partiti male, soprattutto dopo il 1992, c’erano molte persone non istruite nei governi della Slovacchia che non vedevano la politica come un servizio. Chi aveva buone intenzioni, non solo per se stesso, era considerato spesso ingenuo e inesperto.

Abbiamo pochi leader saggi, ma la colpa è anche degli elettori. I media provocano irrequietezza e invidia nei cittadini, critica unilaterale di tutto, sottolineando solo le cose negative. Ci provoca delusione, persino rabbia, nelle persone che non ottengono i successi attesi, ma Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità un avvertimento: “l’Europa sarà religiosa o non sarà“.

* ex parlamentare slovacco, dal 2000 al 2005 ambasciatore della Repubblica Slovacca a Roma

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