Federico II di Svevia fu medievale e moderno
di Francesco Bellanti
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L’OCCIDENTE CRISTIANO E L’ORIENTE MUSULMANO, GUARDAVANO A FEDERICO II COME ALL’IMPERATORE “EQUILIBRIO” DEL MONDO
Federico Ruggero di Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250) era un uomo del Medioevo. Ma fu anche un titano, in un tempo di profondo cambiamento, dibattuto fra stato laico e integralismo cattolico, fra dogmatismo ed eresie e libero pensiero, fra superstizione e scienza nascente. Fu medievale e moderno. Medievale perché viveva nel tempo del mito dell’Impero e del potere universale che si scontrava col Papato, moderno perché aveva compreso che il futuro dell’uomo e della storia si sarebbe potuto realizzare con l’integrazione delle culture e delle razze, delle religioni e delle ideologie, attraverso l’universalità del sapere.
Un tedesco strano, straordinario. Che parlava nove lingue. Tutte meglio del tedesco. Che nella Magna Curia fondò la Scuola poetica siciliana, cui Dante riconobbe il primato nel poetare in lingua volgare e nella nascita del linguaggio poetico e letterario d’Italia. La letteratura italiana non sarebbe nata senza Federico II. Certamente, al centro del suo impero laico, al centro del mondo, era la Sicilia. Fu un’occasione persa, anche a causa dei comuni del Nord. I lombardi erano un grave ostacolo, non solo alla monarchia universale, ma anche alla nascita dell’Europa, dell’Italia, della stessa Germania.
Innocenzo IV – ma anche gli altri papi – ragionava in termini piccini. L’accerchiamento dei domini pontifici da parte dell’imperatore. I papi, secondo Federico, non capivano che i comuni lombardi erano contro la loro stessa pretesa di essere sovrani universali. Crociate contro l’Imperatore, scomuniche, non comprese nemmeno dagli stessi cristiani. Federico II combatteva contro il papa, contro i comuni, contro il suo stesso sangue, i tedeschi. Forse per questo era destinato alla sconfitta.
L’uomo che fondò la prima monarchia assoluta d’Occidente, una monarchia assoluta e illuminata, con cinquecento anni di anticipo; l’uomo che fu l’ultimo tedesco fondatore di Stati su suolo italiano: per la prima volta nella storia, tutti, l’Occidente cristiano e l’oriente musulmano, guardavano a quest’uomo come all’imperatore equilibrio del mondo. Egli fu l’ultimo grande imperatore, dopo di lui il nulla: finì l’ultimo sogno di una monarchia universale, e venne il tempo delle Nazioni e dei particolarismi, e con i particolarismi fu stroncato un sogno, il sogno di un’Europa unita, con i particolarismi, accadde quel che accade oggi, il mondo che va verso la rovina.
È evidente che un uomo come Federico II era anche odiato. Ci fu chi credette che egli fosse come il nuovo Messia, il nuovo San Pietro, il secondo Mosè, chi vide lui come il nuovo Messia, il puer virgiliano, il nuovo Augusto riformatore del mondo.
Ma ci fu anche chi pensava che fosse un convertito all’Islam. Per i suo avversari era l’Anticristo, come si diceva allora, perché si accolse la leggenda che egli fosse nato dal rapporto peccaminoso di una smonacata di cinquant’anni con un frate, il suo cavalier servente, Fra Pacifico, prima poeta, poi coautore del Cantico di frate sole, compagno di Francesco d’Assisi. O che fosse, addirittura, figlio di un macellaio.
Lasciando perdere le fantasie e le dicerie dei guelfi, Costanza d’Altavilla diede alla luce Federico a Jesi in una tenda, pubblicamente, mostrando il suo seno ancora turgido di 39enne, anche se ebbe una sola gravidanza dopo nove anni.
Forse, fu anche per quelle dicerie che Federico II fu scomunicato più volte.
Ne collezionò tre, di scomuniche, il record per un imperatore. Ma Federico se ne impipava delle scomuniche, sapeva che l’Europa moderna e la collaborazione fra i popoli non potevano nascere dal particolarismo egoistico della Lega Lombarda e del Papato. Che sarebbero stati travolti da un’altra calamità, ben più perniciosa, la nascita delle grandi monarchie nazionali. Partiva anche scomunicato per le crociate, ma sapeva che il tempo delle crociate era finito. Per questo cercava accordi diplomatici coi sultani orientali e col Saladino. Egli stesso si incoronò Re di Gerusalemme, avendone diritto: del resto, non poteva combattere popoli che facevano parte del suo stesso Regno di Sicilia. Durante le sue assenze per le crociate, il papa e la Lega Lombarda, e anche i nobili tedeschi, ne approfittavano e devastavano il suo regno. Nonostante le sue concessioni e la restituzione – a questi ultimi – dei beni sottratti a monasteri e chiese.
Federico II creò un grande Stato. Con le Costituzioni di Melfi, una delle più grandi opere nella storia del diritto, con l’aiuto del suo fidato notaio Pier delle Vigne, creò lo Stato centralizzato, burocratico, moderno, con funzionari pagati dallo Stato, limitando il potere e i privilegi dei nobili e dei prelati, e migliorando la condizione sociale delle donne. Ridusse il potere dei feudatari locali, favorì la scuola medica salernitana. Con la Confoederatio cum principibus ecclesiasticis, dovette concedere molto ai principi-vescovi, una forte autonomia economica e legislativa, ottenendo tuttavia un migliore controllo nella parte continentale dell’Impero. Abolì leggi feudali come l’ordalia, diviso in province l’impero per amministrare la giustizia, e fu il primo sovrano a introdurre interventi diretti statali nei processi economici.
Introdusse addirittura il monopolio del sale, creando il primo monopolio di Stato del Medioevo, affidandone direttamente la gestione alla Corona. I re normanni, invece, si erano limitati a mettere una tassa sul trasporto del sale. E in politica estera, lo ripetiamo, Federico II non guardava all’Oriente come al nemico dell’Occidente. Il Sultano d’Egitto era più vicino alla Sicilia della Germania, e la Sicilia doveva diventare centro di irradiazione della civiltà dell’Occidente e di unione tra i popoli.
Fu un grande legislatore. Fondò università, a Napoli creò la prima università statale e laica della storia dell’Occidente. Napoli divenne un grande centro intellettuale e culturale. Favorì la scienza e l’economia. L’algebra, la matematica, la filosofia, l’astrologia. La medicina. Con le Costituzioni di Melfi e l’attività legislativa, riorganizzò lo Stato, costruì città e castelli, edificò, innalzò monumenti, dimore sontuose, palazzi, abbazie. Fu un grande costruttore. Favorì il gotico nell’architettura con artisti e monaci cistercensi.
Non ci fu scienza o arte che non ricevette il suo aiuto. Fu un mecenate eclettico, immenso. Egli stesso fu poeta e scrittore, scienziato, scrisse un trattato di falconeria, De arte venandi cum avibus (L’arte della caccia con gli uccelli), che fece epoca e sensazione, nel tempo in cui la falconeria – che egli amò quasi quanto la Sicilia – non era un passatempo ma era una scienza.
Costruì a Palermo un meraviglioso zoo con splendidi animali esotici. Che cosa si vuole di più da un sovrano? Vivevano alla sua corte i più grandi uomini di cultura di tutti i tempi, matematici, filosofi, giuristi, letterati. Di tutti i popoli e di tutte le razze, greci, ebrei, arabi, normanni, svevi, francesi, catalani, castigliani. Furono tradotti i più grandi testi scientifici, culturali, filosofici, greci, arabi, ebraici.
Fu il fondatore della letteratura italiana. Creò, infatti, la più grande scuola poetica dell’epoca, la Scuola siciliana, che, ingentilendo il volgare siculo-pugliese con il più evoluto provenzale, influenzò fortemente, con la sua poetica, le tematiche cortesi e i suoi moduli espressivi, la Scuola toscana, e quindi Dante. Anch’egli avrebbe potuto avere un futuro di poeta – scrisse sonetti e canzoni – se non ne avesse avuto un altro, da imperatore. I suoi funzionari erano intellettuali di prim’ordine, a tutto tondo. Che ebbero, come lui, una sterminata sete di conoscenza.
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Foto: Pixabay
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