Natale, la bellezza della speranza

di Enzo Vitale

IL CRISTIANESIMO CHE NASCE NELLA FREDDA GROTTA DI BETLEMME PORTA CON SÉ LA BELLEZZA DELLA SPERANZA

“A Natale bisogna essere tutti più buoni!”… ma sarà vero? In effetti, se fosse vera questa affermazione, indirettamente si sdoganerebbe la possibilità che negli altri giorni dell’anno si possa tranquillamente essere un pochino cattivi. Quasi che la bontà sia una connotazione dell’animo umano da tirar fuori solo in certi periodi dell’anno, come si fa con l’albero di Natale e le luminarie da attaccare al balcone.

Non oso neanche ricordare che tra i cartoni messi in un angolo del garage ci sia anche quello, più impolverato di tutti, in cui sono custodite, come tesoro geloso perso nel tempo, la fredda grotta e le vecchie statuine del Presepe.

Eh, no, quello proprio non bisogna ricordarlo!
Nel caso in cui tirassimo in ballo anche il presepe saremmo gioco-forza costretti anche a porre l’attenzione sul festeggiato, sul “motivo scatenante” di tanto consumo di corrente elettrica, dolciumi e traffico cittadino causato dalla spasmodica ricerca del regalo dell’ultimo minuto.

Eppure, il “responsabile” di tutto questo caos che annualmente si ripresenta e che coinvolge anche coloro che non hanno la minima idea del “per chi” si fa, è talmente importante – pochi ci pensano! – che ha determinato il conteggio della storia che da quel primo freddo Natale divide gli eventi in avanti Cristo e dopo Cristo.

E dire che molti hanno avuto paura di Lui sin dall’inizio al punto che uno degli inni liturgici di questo periodo dell’anno, rivolgendosi al primo di una lunga serie di personaggi storici terrorizzati per la Sua nascita, chiede proprio «Perché temi, Erode, il Signore che viene? Non toglie i regni umani, chi dà il regno dei cieli».

Un Bambino che fa paura… ma perché? La risposta che mi sono data è abbastanza semplice: e scusate la banalità! Ha incarnato la Speranza!

Nel corso dei secoli l’uomo ha sempre fatto passi da gigante spinto dalla speranza, un sentimento dell’animo (anche una virtù, teologale tra l’altro), che lo porta a lanciare il cuore oltre.

E tutti coloro che, in qualche modo, hanno cercato e sempre cercheranno di irretire il cuore umano creato per l’infinito, sanno bene che devono imbrigliarne la speranza.

Il cristianesimo, che nasce nella fredda grotta di Betlemme, porta con sé la “bellezza” della speranza.

Una bellezza vera, tangibile, che si può stringere perché si è incarnata.

A partire da questa certezza, ecco che alcuni, in modo forte, muovendosi nel campo dell’esaltazione dell’ipocrisia, non faticano nel dire “dobbiamo fare festa, dobbiamo essere più buoni, dobbiamo accogliere” …ma c’è davvero un giorno, a partire dall’avvento cristiano, che queste istanze non desiderino una risposta quotidiana?

Dalla notte in cui, una giovane donna incinta, accompagnata dall’uomo che amava e che l’amava, è arrivata in quella fredda grotta dando la Luce al mondo, non c’è stato più spazio nel mondo e nella storia per il contrario della Verità. E da allora la guerra impari, tra tenebre e luce, tra verità e menzogna, ha avuto un vincitore certo: un Bambinello che tutti chiama ad adorare.

E fu la speranza a mettere in moto il tutto.

Quei due giovani, Maria e Giuseppe, si misero in cammino spinti da una speranza che aveva radici in Cielo: fu un angelo, anzi, un Arcangelo (Gabriele) a dir loro cosa sarebbe accaduto, come sarebbe accaduto. E saranno ancora degli angeli ad accompagnarli e a dire, nel sonno, a colui che era “ombra del Padre”, Giuseppe, cosa fare per evitare di essere travolti dall’odio.

Da allora l’uomo, ogni uomo, ha compreso che l’unica cosa di cui bisogna aver paura è la paura stessa, perché toglie il fiato, gela il sangue, annebbia la mente… e, ciò che è peggio, uccide la speranza.

In fondo coloro che sanno leggere il senso della nascita del divin Bambinello, non faticano a comprendere che è venuto, proprio, per donare speranza.

E Lui dona speranza anche ai Suoi nemici e ai nemici della Vita che desiderano eliminarla.

Ma la speranza non si uccide togliendo la vita al Datore di ogni vita, ma tutte le volte in cui non si lascia spazio all’altro. Uccidere la speranza è non lasciare all’altro possibilità di esprimere un pensiero diverso dal proprio. Uccidere la speranza significa limitare l’orizzonte a cui l’animo umano anela per andare oltre lo spazio e la storia.

E ancora una volta siamo qui a festeggiare il Natale, quella Speranza che non vuole aver fine.

Buon Natale a tutti… di speranza, di gioia, di pace… in Cristo!

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