C’è un piano per scristianizzare il Libano?

di Pietro Licciardi

AIUTARE I CRISTIANI A RESISTERE NON E’ SOLO CARITA’ MA SIGNIFICA ASSICURARE LA PACE

InFormazione cattolica ha più volte scritto sulla disastrosa situazione politica ed economica che il Libano sta subendo da anni, una situazione ormai arrivata al limite della sopportazione per la popolazione che ha superato la soglia della povertà a causa soprattutto di una inflazione fuori controllo. Il cibo scarseggia, le cure mediche per la quasi totalità delle famiglie sono un miraggio e anche far andare i figli a scuola è diventato un lusso. Oggi con lo stipendio di due milioni di lire libanesi si acquista a malapena un pieno di benzina.

Se il Libano non è ancora precipitato in una sanguinosa guerra civile è grazie ai cristiani che eroicamente ancora restano attaccati a prezzo di grandissimi sacrifici alla loro amata terra, che una volta proprio grazie a loro era considerata la Svizzera del Medio Oriente, non solo perché il Libano era reso prospero dai commerci che attraversavano quella che era considerata la porta dell’Occidente verso i paesi arabi ma soprattutto perché era un esempio di convivenza tra minoranze, cristiane e islamiche. Questo almeno fino al 1975, quando esplose la guerra civile.

Allora il motivo scatenante fu il massiccio ingresso di palestinesi che malvisti nei paesi “fratelli” dove si erano rifugiati dopo la guerra del 1949, che segnò la nascita dello stato di Israele, trasformarono il ben più tollerante Paese dei Cedri in una base logistica e di addestramento per le loro azioni terroristiche giungendo al punto di minacciarne l’indipendenza. 

Da allora il Libano non ha più avuto pace: invaso dai siriani nel 1976, da Israele nel 1979 e nel 1982 per colpire l’Olp e ancora nel 2006 come rappresaglia alle azioni di Hezbollah sempre dal 2006 è sotto sanzioni, inasprite nel 2017 da Stati Uniti e Unione europea per colpire gli sciiti di Hezbollah e quindi la Siria e l’Iran. Purtroppo, come accade quasi sempre a patirne le conseguenze è la popolazione civile, che ha visto peggiorare progressivamente le proprie condizioni di vita man mano che la situazione economica libanese si andava deteriorando. Penuria di beni di prima necessità e inflazione hanno cominciato ad andare di pari passo in un crescendo che ha portato questa martoriata nazione alle soglie di una vera e propria catastrofe umanitaria.

E’ un miracolo che a causa della instabilità politica interna, la presenza di gruppi armati e le influenze straniere non sia esplosa una nuova guerra civile, specialmente dopo che la guerra in Iraq e Siria ha fatto affluire una enorme massa di profughi, quasi tre milioni in una nazione che conta appena sei milioni di abitanti. Profughi i quali dopo ormai più di un decennio di permanenza qualcuno vorrebbe fare diventare cittadini con diritto di voto. Una eventualità questa che farebbe immediatamente saltare tutti i delicatissimi equilibri interni e che metterebbe subito in un angolo la minoranza cristiana.

Molto probabilmente nei piani che sono stati fatti a tavolino nelle cancellerie occidentali sono proprio i cristiani del Libano ad avere il destino segnato. Uno di questi piani, sostenuto dal presidente americano Joe Biden, prevede la creazione di alcuni stati settari più piccoli e più deboli in perenne lotta tra loro sui quali eserciterebbe la sua egemonia Israele. Per riuscire è però necessario liquidare la presenza cristiana in tutto il Medio Oriente, l’unica capace di tenere assieme pacificamente sciiti, sunniti e le altre minoranze dopo la scomparsa dei governi laici refrattari all’integralismo.

Al momento l’ultimo paese dell’area in cui ancora c’è una significativa presenza cristiana è il Libano e sembra che le sanzioni, più che essere rivolte contro la Siria, abbiano lo scopo di costringere i cristiani libanesi ad abbandonare il paese. Come spiegano gli stessi libanesi i conti correnti presso le banche sono stati congelati e nessuno può prelevare dollari, mentre la lira è praticamente carta straccia. Però i libanesi possono riceve dollari provenienti dall’estero. Questo significa che se le famiglie vogliono sperare di sopravvivere almeno uno o più componenti devono emigrare per poter assicurare le rimesse in valuta. I cristiani però non possono andare nei paesi mussulmani vicini, dove sarebbero cittadini di serie B e dove per loro ci sarebbero solo lavori umili e poco remunerati, indipendentemente dalle qualifiche professionali o gradi di istruzione. Quindi non resta che andare in Occidente, da cui ben difficilmente faranno ritorno. 

I musulmani che vivono in Libano al contrario possono contare sui consistenti aiuti materiali della “internazionale” sciita o sunnita, a seconda dell’appartenenza. Aiuti e sostegno negati dall’Occidente, laico e pagano, ai cristiani che ormai contano solo sul sostegno di qualche associazione benefica collegata alle parrocchie o ad altre associazioni libanesi che lottano ogni giorno con le unghie e con i denti per sfamare e assistere sia cristiani che mussulmani. Anche questo è un modo per cercare di mantenere la pace ormai attaccata ad un sempre più esile filo.

Aiutare concretamente i cristiani libanesi con le nostre offerte dunque non è soltanto un atto di grande carità, nei confronti di fratelli nella fede e di esseri umani ma anche un grande contributo al mantenimento di una pace che – come ha sempre dimostrato il Libano – non si costruisce a tavolino ma attraverso l’esercizio quotidiano della comprensione e della tolleranza, una cosa che perfino gli islamici nel Paese dei Cedri erano riusciti ad imparare.

 

Per aiutare i cristiani libanesi

 

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