La paura americana dell’Apocalisse

La paura americana dell’Apocalisse

di Matteo Castagna

L’AMERICANIZZAZIONE CI HA TOLTO PERSINO LA COSCIENZA DELLA COMUNITÀ DI DESTINO

George Friedman ha scritto un articolo molto interessante sulla rivista Geopolitical Futures, tradotto da Federico Petroli per la rivista italiana Limes del Novembre 2022.
Molto spesso si crede che una visione del mondo apocalittica sia propria dei popoli europei, ma questo è vero in minima parte. Ci sono sicuramente persone lungimiranti e, soprattutto, di grande Fede cattolica che osservano i segni e li interpretano alla luce del testo più enigmatico ed affascinante di San Giovanni, l’apostolo prediletto di Gesù. Più in generale il cattolico è tenuto a guardare alla storia in un’ottica provvidenziale. Dio è tra noi. Dio è sempre stato tra noi. E’ onnipotente e onnisciente. La sua volontà di Creatore condiziona la vita del creato, anche se troppo spesso e grossolanamente questi cerca di fare da sé, credendo di essere come Dio.

L’innata paura dell’apocalisse è propriamente americana. Dio minacciò Noè di un’apocalisse che avrebbe obliterato l’intera umanità. Lo promise anche a Sodoma e Gomorra, anche al faraone che inseguiva gli israeliti. Dio può essere misterioso, ma fa sapere ciò che vuole. Sodoma e Gomorra furono distrutte, l’esercito egizio fu inghiottito dal Mar Rosso. C’era una transazione e c’era una scelta. Non c’ era alcun mistero. L’umanità atea o lontana dal Cristianesimo ha una sola consapevolezza – che abbiamo visto palesarsi molto bene negli anni del Covid – che è quella che considera la la morte una catastrofe personale che la proietta verso l’ignoto. Il cristiano, al contrario, aspetta la morte con lo spirito di chi, seppur peccatore, ha vissuto in funzione di un merito per aver obbedito, anche con difficoltà, alle leggi di Dio.

La storia dell’America è la storia dell’immigrazione, a partire dalla Mayflower fino ai giorni nostri. normalmente è una storia di conforto e di trionfo. Il conforto arriva quando uno straniero in una strana terra scopre di sentirsi a casa.

Il trionfo arriva nelle generazioni, col figlio dell’immigrato che diventa chi aspirava ad essere. Del tutto ignota, invece, è la storia dell’immigrato che arriva al disastro e il prezzo che paga per l’insuccesso dei propri figli, rimpiangendo la decisione di essersi lasciato alle spalle tutto ciò che gli è familiare, costretto, giorno per giorno, a salire un proprio Calvario. In America il Calvario personale è il lavoro. La misura del successo è data dai soldi. In USA che cosa fai, definisce chi sei. L’America è impietosa con i poveri e coi falliti, ancor di più coi deboli. sembra permettere tutto, poi presenta il conto. Per gli statunitensi il panico ed il terrore di un’apocalisse si è concretizzato almeno due volte nell’ultimo secolo. A Pearl Harbor, perché furono presi alla sprovvista dall’esercito giapponese. Reagirono con la rabbia dettata dal panico che abbiamo visto, impunita dal mondo, a Hiroshima e Nagasaki. La seconda volta è stata l’ 11 Settembre. Morirono 3mila persone e, come nel 1941 il popolo americano fu preso alla sprovvista e terrorizzato di quello che sarebbe potuto accadere dopo.

Il senso per l’apocalisse resiste ancora oggi. Ora la catastrofe si annida nel cuore della nostra civiltà. Le temperature salgono a causa dei nostri peccati e Dio punirà per questo. la tradizione apocalittica in America si divide tra la violenza su di loro e la loro violenza sulla natura. E’ duplice anche la paura americana per l’apocalisse. Una accusa i capi di stato di non essere stati all’altezza della minaccia, l’altra sostiene che l’America ha generato la catastrofe con i suoi peccati smodati, derivanti dall’orgoglio e dalla sensualità. Noi europei abbiamo subito la seconda teoria, gradualmente, dalla cosiddetta Liberazione del 1945. Oggi, non siamo più sorretti dalla forza della nostra storia, della nostra cultura, della nostra identità, della nostra tradizione classico-cristiana che ha forgiato le città, cresciute tutte attorno ad una chiesa e ad un campanile. Il cancro liberale ci ha tolto tutto, ci ha fatto dimenticare l’apocalisse, ma ci ha riempito i conti correnti. E ci siamo seduti.

La pandemia prima e la guerra poi ci stanno alleggerendo parecchio il portafogli. Ma siamo annichiliti, rammolliti e immobili, perché l’americanizzazione ci ha tolto persino la coscienza della comunità di destino; ci ha imposto, da un lato, il nichilismo e dall’altro il soggettivismo, costruendo oltre 120 basi militari sul nostro territorio, lasciandoci in un sistema economicista, che ci rende tutti debitori della Federal Reserve o suoi tentacoli, prima ancora di nascere. Ci hanno tolto la sovranità in cambio dei film di Hollywood e dei McDonald’s. Ci hanno tolto la religione in cambio della “società aperta” dove scompare il dovere e tutto è mostruosamente fluido. Riescono, persino, a convincere molte persone che inviare armi ad un’altro Stato sia un doveroso atto di pace e che la Russia sia il “babau”, perché è l’unica, grande Federazione, veramente indipendente dagli USA e, quindi in grado di decidere con chi allearsi e di fare i propri interessi politici ed economici, militari e religiosi, sociali e di costume. Noi, invece, siamo qui, a guardare un premier in tuta verde che monopolizza le cronache e partecipa ai varietà.

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