Grande scienziato e fervente cattolico (perseguitato): Jérôme Lejeune

di Matteo Orlando

IL 3 DI APRILE DI 29 ANNI FA MORIVA IL GRANDE SCIENZIATO JÉRÔME LEJEUNE. È STATO RICONOSCIUTO COME VENERABILE DALLA CHIESA CATTOLICA…

Il 3 di aprile del 1994 moriva a Parigi il grande scienziato Jérôme Lejeune, medico e professore di genetica, coautore della scoperta, 60 anni fa, della causa della sindrome di Down, chiamata tecnicamente “anomalia cromosomica responsabile della trisomia 21”. Il famoso genetista francese, amico del Papa Santo Giovanni Paolo II, fu il primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita ed è stato riconosciuto venerabile dalla Chiesa cattolica nel 2021.

Il prof. Jérôme Lejeune nacque il 13 giugno 1926 a Montrouge (Île-de-France), in una famiglia profondamente cattolica. Nel 1944 cominciò a studiare Medicina a Parigi e, nel 1951, conseguì il dottorato. Successivamente svolse il servizio militare in Germania. Il 1° maggio 1952 sposò Birthe Bringsted, una giovane danese protestante che, durante il fidanzamento, si convertì alla fede cattolica. Dal matrimonio nacquero cinque figli (Anouk, moglie del filosofo Jean-Marie Meyer; Damien, membro della comunità Saint-Martin; Karin, moglie di Jean-Marie Le Méné, magistrato alla Corte dei conti e presidente della Fondazione Jérôme-Lejeune; Clara, personalità francese del mondo degli affari e alto funzionario civile, moglie di Hervé Gaymard, politico; Thomas, marito di Isabelle Collet, insegnante specializzata in bambini con sindrome di Down e autismo).

Nel 1952, il futuro venerabile cominciò ad impegnarsi nelle ricerche sulla “Sindrome di Down” (chiamata allora anche mongoloidismo). Affiancato da due colleghi (Raymond Turpin e Marthe Gautier) scoprì che, nei bambini affetti dalla sindrome, è presente un cromosoma in più nella coppia 21, per cui si iniziò ad indicare questa sindrome con il termine “Trisomia 21”.

“Dopo questa prima scoperta, il Servo di Dio identificò altre patologie cromosomiche e acquistò un ruolo sempre più importante nella citogenetica mondiale”, ricorda la Congregazione per le Cause dei Santi. “La sua ricerca pionieristica portò anche allo sviluppo di test prenatali, usati per individuare la Sindrome di Down nei feti, molti dei quali, per motivi eugenetici, vengono abortiti volontariamente”.

Lejeune denunciò questo abuso della scienza come “razzismo cromosomico” e divenne uno dei pochi scienziati di spicco in Francia a protestare contro questa tendenza e contro le leggi che la favorivano. Nel 1969, quando ricevette il premio Allen Memorial a San Francisco, pronunciò un discorso dove invitò ufficialmente i suoi colleghi a scegliere la vita e a rifiutare l’eugenetica. A partire da quell’intervento venne fortemente ostracizzato dalla comunità scientifica internazionale.

La persecuzione anticristiana nei suoi confronti continuò negli anni ‘80 quando gli furono tagliati i fondi per la ricerca e i suoi collaboratori furono licenziati. Nonostante le pressioni e le misure ritorsive contro di lui, viaggiò in tutto il mondo per testimoniare la bellezza e la dignità inviolabile della vita umana, parlò davanti ai Parlamenti, alle assemblee degli scienziati e ai mass-media. Ricevette innumerevoli premi e fu nominato membro di numerose accademie e istituzioni internazionali. Nel 1964 fu nominato primo docente di Genetica Fondamentale presso la Facoltà di Medicina di Parigi. San Paolo VI lo nominò nel 1974 membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Nel 1986, San Giovanni Paolo II lo chiamò a far parte del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari e, nel 1994, lo nominò primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

“La vita di fede del Servo di Dio fu caratterizzata da intensa e costante preghiera, partecipazione assidua alla Santa Messa e vita sacramentale regolare, profonda devozione alla Vergine Maria e ai Santi, in particolare a San Vincenzo de’ Paoli e San Tommaso Moro, assoluta fedeltà al Santo Padre e alla Chiesa Cattolica. Cercò sempre, con zelo straordinario, di mostrare l’armonia tra la scienza e la fede. Annunciò il Vangelo soprattutto negli ambienti scientifici, medici e ospedalieri”, ricorda la Congregazione per le Cause dei Santi nel decreto pubblicato il 21 gennaio 2021, autorizzato dal Santo Padre Francesco.

“Il Servo di Dio esercitò la virtù della speranza in grado eroico. Si affidò pienamente alla Divina Provvidenza, infondendo negli altri, soprattutto nei suoi pazienti, nei colleghi e amici, una ferma confidenza nell’aiuto divino. Egli era ben consapevole della necessità di portare la croce per seguire il Signore, e questo non lo spaventava, anzi gli dava la forza per affrontare con ottimismo e determinazione le difficoltà e le avversità. L’esercizio eroico della virtù della speranza rifulse soprattutto di fronte alla malattia e alla morte, quando era ancora in piena attività. Accettò tutto questo con esemplare serenità interiore, preparandosi al meglio al passaggio alla vita eterna, edificando soprattutto i propri familiari, per il modo eccellente in cui egli si era rimesso nelle mani del Signore e della Santa Vergine. Circa la pratica eroica della virtù della carità, verso Dio e verso il prossimo, il Servo di Dio visse alla presenza del Signore, perché Gesù, Verbo Incarnato, occupava il primo posto nella sua vita. In lui l’amore di Cristo e l’amore dei fratelli, soprattutto dei suoi pazienti, erano praticamente un’unica cosa, perché nei bisognosi e nei malati egli riconosceva l’immagine divina. Esercitò la carità verso il prossimo in modo costante, gioioso e di grado non comune, in ogni ambito della sua vita: in famiglia, nell’ambiente professionale, nella Chiesa, nei rapporti con i malati e con i loro familiari, verso i poveri”.

Di Lejeune ci piace ricordare alcuni episodi particolarmente significativi. Durante un pellegrinaggio a Gerusalemme, mentre pregava in una cappella, visse un’esperienza mistica che lo portò a volersi dedicare pienamente a Dio e descrisse questa esperienza alla moglie parlando di “un figlio che trova il suo amatissimo Padre, un Padre finalmente conosciuto”, di “un bisogno di far sapere alla gente quanto sono stato toccato al cuore da tanta gentilezza e tenerezza da parte Sua”.

Ancora, Lejeune è l’autore di una interpretazione del poligenismo che porta a mettere parzialmente in discussione le teorie darwiniane e per spiegare l’aspetto dell’uomo attraverso un’anomalia genetica.

Anche Lejeune è finito nelle mire della sinistra politica. Nel maggio del ’68, nonostante gli scioperi studenteschi, riuscì ad arrivare nel suo laboratorio presso la Sorbona. I manifestanti gli lasciarono ben 54 messaggi non particolarmente piacevoli (“fascista”, “A morte Lejeune”). La fermezza di Lejeune di fronte ai manifestanti, e il suo rifiuto di abolire gli esami di settembre di quell’anno, lo portarono a un impegno sindacale con altri professori, e divenne uno dei consiglieri non ufficiali del Primo Ministro dell’epoca.

Come detto, l’11 agosto del 1968 Lejeune vinse il William-Allan Prize, la più alta onorificenza destinata a un genetista, premio che ricevette ufficialmente a San Francisco il 30 settembre del 1969. Durante il soggiorno californiano Lejeune fu molto segnato dai discorsi degli scienziati che parlavano dei loro desideri di utilizzare tecniche di screening, derivanti dalla sua scoperta della sindrome di Down, per effettuare aborti selettivi. Vide l’emergere di un “razzismo cromosomico” che metteva i medici in contrapposizione al giuramento di Ippocrate, al “primum non nocere“.

È stato durante quella cerimonia di premiazione che Lejeune tenne una delle sue conferenze più note, affermando che l’embrione, come il feto, è un essere umano, e che quindi l’aborto, allora ancora vietato, costituisce un omicidio a tutti gli effetti.

In Francia il dibattito sull’aborto, come spesso accade sulle tematiche etiche, era stato avviato – e pilotato sui media – nel gennaio 1969, da un articolo sul quotidiano Le Monde della dottoressa Claudine Escoffier-Lambiotte, seguito da tutta la strategia, che oramai conosciamo, per fare accettare il delitto di aborto come “diritto”. Al dibattito contro l’aborto partecipò anche Lejeune che, invitato al programma televisivo Les Dossiers de l’école, parlò fortemente contro l’aborto.  Nacque anche la diatriba sull’eutanasia, a seguito della pubblicazione di una notizia relativa ad un padre che aveva ucciso il figlio disabile. Mentre alcuni avevano parlato di un “crimine d’amore”, Lejeune – da vero profeta – denunciò la “EuthaNazie” e gli eccessi eugenetici.

Come si diceva, la scoperta della trisomia fu strumentalizzata da alcuni “scienziati” non per cercare un trattamento ma per eliminare la sindrome di Down attraverso gli aborti (come peraltro continua ad accadere oggi in molte nazioni). Lejeune si oppose a tutto questo e ricevette lettere aspre e critiche feroci da parte dei “cultori della morte”. Ma non solo! Il 10 febbraio 1971, durante una conferenza, ricevette minacce di morte. Un mese dopo, durante un altro incontro (5 marzo 1971) alcuni partecipanti alla conferenza furono attaccati con sbarre di ferro.

Nel mese di Giugno del 1971, mentre si stava sviluppando una campagna per l’aborto basandola sulle situazioni difficili delle donne che hanno abortito (un classico…, nessuno pensa mai alla vera vittima dell’aborto, il bambino!), Lejeune propose di aiutare le donne che vogliono mantenere e crescere i figli, o permettere l’adozione se questo è il loro desiderio. Inoltre denunciò l’argomento del “diritto di disporre del proprio corpo” e ritenne che un feto sia un corpo distinto da quello della donna. Lejeune criticò il termine, che sa molto di neolingua orwelliana, per definire l’aborto, cioè “interruzione volontaria della gravidanza”, parlando più chiaramente “fastidiosa interruzione di vita”. Lejeune incontrò Geneviève Poullot, fondatrice del movimento Laissez-les-vivre – SOS futures mères e lanciò le case “Tom Pouce”: case dove le donne potevano essere accolte e aiutate prima e dopo il parto. Birthe Lejeune, la moglie dello scienziato, ha poi organizzato una petizione contro la legalizzazione dell’aborto, raccogliendo più di dieci mila firme. La petizione chiedeva il rispetto del Giuramento di Ippocrate che vieta l’aborto.

La morte di Georges Pompidou cambiò la situazione politica. L’elezione del massone Valéry Giscard d’Estaing, e la nomina di Simone Veil (di famiglia ebrea, magistrato, femminista) a Ministro della Salute nel governo Chirac, portò alla legalizzazione dell’aborto.

Jérôme Lejeune, sposando gli insegnamenti di San Papa Paolo VI, che ribadì la sacralità della vita umana fin dal concepimento (Enciclica Humanae vitae 1968), e nonostante la cauta reazione di diversi vescovi di Francia alla legalizzazione dell’aborto, si impegnò contro l’aborto e diventa presidente onorario di SOS futures mères, opponendosi anche all’RU-486, il mifepristone (pillola abortiva) che – durante una discussione piuttosto animata con il professor Étienne Beaulieu nel corso della trasmissione televisiva Duel sur La Cinq – descrisse come “il primo pesticida anti-umano”.

Durante una conferenza al National Institutes of Health (Stati Uniti), con parole forti disse: “Ecco un’istituzione per la salute che è trasformato in un’istituzione per la morte”. Lo stesso giorno scrisse alla moglie: “Oggi, ho perso il mio premio Nobel per la medicina”.

Ricordiamo, infine, l’amicizia con il Papa santo Giovanni Paolo II. Nel 1975 incontrò Wanda Półtawska, psichiatra polacca, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, che conosceva per il suo attivismo cattolico, una donna che aveva subito esperimenti da parte di medici nazisti. Liberata, la Półtawska aveva deciso di dedicare la sua vita alla medicina, incoraggiata da un giovane prete polacco, Karol Wojtyła. Quest’ultimo, divenuto Arcivescovo di Cracovia, organizzò congressi di cui Wanda Półtawska fu una delle animatrici. Lejeune fu invitato ad uno di essi, in Polonia, ma non riuscì a conoscere personalmente Wojtyla. Negli anni che seguirono Lejeune aumentò il numero di conferenze e viaggi all’estero. Il 16 ottobre 1978 Karol Wojtyla fu eletto pontefice e Lejeune non poteva immaginare che il Papa, che aveva sentito parlare di lui da Wanda Półtawska, aveva espresso il desiderio di incontrarlo.

Il 13 maggio del 1981 Jérôme venne invitato con la moglie ad un’udienza privata dal Papa. Rimase molto colpito da questo invito. Mentre lasciarono il Papa e presero l’aereo per Parigi, arrivò la notizia che il Santo Padre era stato vittima di un attentato. La sera stessa Lejeune si sentì male e fu ricoverato d’urgenza. Nel successivo mese di ottobre il Papa chiese al professor Carlos Chagas, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, di riunire in via confidenziale i ricercatori più riconosciuti per il loro lavoro sul nucleare e le sue ricadute.

Jérôme Lejeune era stato, anche se meno conosciuto per questo, uno dei massimi specialisti delle conseguenze delle radiazioni nucleari sulle popolazioni. Lejeune e altri specialisti denunciarono, a causo dell’utilizzo di armi atomiche, la possibilità di una catastrofe mondiale. Di fronte a questa minaccia, il Papa decise di inviare gli accademici ai capi degli Stati con armi atomiche, per consegnare loro una solenne lettera di ammonimento. Lejeune, accompagnato dal russo Boskow e da Marini Bettolo, venne inviato in Unione Sovietica (fino ad allora, dallo scoppio della rivoluzione russa, nessuna delegazione vaticana era mai stata ricevuta in Unione Sovietica). Così il 15 dicembre del 1981, il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Leonid Brezhnev, incontrò Lejeune che gli parlò del pericolo delle radiazioni atomiche sul futuro della specie umana.

Lejeune nel 1994 fu scelto da San Giovanni Paolo II come primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, creata dal pontefice polacco con il Motu Proprio Vitae mysterium dell’11 febbraio 1994. La Pontificia Accademia per la Vita aveva, ed ha, come fine la difesa e la promozione del valore della vita umana e della dignità della persona. Dal 15 agosto 2016 ne è Presidente l’arcivescovo Vincenzo Paglia.

Come abbiamo detto, i fondi per le ricerche di Lejeune furono tagliati, in maniera sospettosa poco dopo l’elezione di François Mitterrand e la formazione di un “governo social-comunista”. Ma grazie ad aiuti finanziari esteri Lejeune riuscì a riorganizzare la sua ricerca.

L’8 ottobre 1987 Lejeune parlò ai Padri sinodali riuniti a Roma. In Belgio, il Parlamento si preparava a votare la legge sull’aborto. Il re Baldovino, non voleva firmare la legge che andava contro la sua coscienza. Chiese a Lejeune un incontro nell’agosto del 1989 per illuminarlo sulla decisione da prendere. Il “gran rifiuto” del Re per la firma della legge sull’aborto avvenne il 4 aprile del 1990.

Tra le varie sue attività Lejeune intraprese anche ricerche sulla Sindone di Torino e sul Codex Pray, dove Gesù è mostrato completamente nudo con le braccia sul bacino, proprio come nell’immagine corporea della Sindone, e il tessuto mostra un disegno a spina di pesce (identico al modello di tessitura della Sindone di Torino), con quattro piccoli cerchi sull’immagine in basso (i quali sembrano formare la lettera L), segni che riproducono perfettamente i buchi da bruciature della Sindone (che pure sembrano formare una lettera L). Nel 1989 Lejeune è stato uno dei fondatori del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone di Torino.

Nel 1974, il grande genetista è stato nominato dottore honoris causa della Università di Navarra. Alcuni media di sinistra parlarono di una sua militanza nell’Opus Dei come membro ma questa affermazione, basata su un articolo di Golias, non è stata ripresa dalla sua biografa Anne Bernet.

Lejeune morì all’età di 68 anni, nel giorno di Pasqua del 1994 (quell’anno era il 3 aprile), colpito da un cancro fulminante ai polmoni. Papa Giovanni Paolo II andò a meditare sulla sua tomba a Chalo-Saint-Mars il 22 agosto del 1997, durante la GMG di Parigi.

Il 21 gennaio 2021, Papa Francesco ne ha riconosciuto le virtù eroiche ed ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che lo riguarda. Un miracolo attribuito all’intercessione di Jérôme Lejeune dovrà essere riconosciuto dalla Chiesa perché sia dichiarato beato.

Recentemente, su Vatican News,  don Renzo Pegoraro, cancelliere dell’Accademia per la vita, ha ricordato Jérôme Lejeune. Questo l’audio della sua intervista.

Ecco la preghiera proposta dall’Associazione Amici di Jerome Lejeune per chiedere grazie (per esempio, recitandola per nove giorni, come una novena) ricorrendo alla sua intercessione.

O Dio che hai creato l’uomo a tua immagine e lo hai chiamato a condividere la Tua Gloria, ti rendiamo grazie per aver fatto dono alla Tua Chiesa del Professore Jérôme Lejeune, eminente Servo della Vita.

Egli ha saputo mettere la sua immensa intelligenza e la sua fede profonda a servizio della difesa della vita umana, specialmente della vita nascente, nel pensiero instancabile di curare e guarire.

Testimone appassionato della verità e della carità, ha saputo riconciliare, agli occhi del mondo contemporaneo, la fede e la ragione.

Per sua intercessione, concedici, secondo la Tua volontà, le grazie che imploriamo, nella speranza che egli sia presto annoverato nel numero dei Tuoi santi.

Pater, Ave, Gloria

 

INVITIAMO I LETTORI DI INFORMAZIONE CATTOLICA A SEGNALARCI LE GRAZIE OTTENUTE ATTRAVERSO L’INTERCESSIONE DI JÉRÔME LEJEUNE ATTRAVERSO IL NOSTRO INDIRIZZO MAIL: redazione@informazionecattolica.it

PROCEDEREMO AD INOLTRARE IL MATERIALE CHE CI ARRIVERA’ ALLA CONGREGAZIONE PER LA CAUSA DEI SANTI.

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