Incertezza, sfiducia, depressione sono i tragici poli di attrazione verso cui, quasi inconsapevolmente, ci muoviamo

di Nicola Sajeva

RISONANZE PASQUALI SULLA VERA PACE

Pace a voi: un saluto, un augurio, un dono. Al centro della scena Gesù, appena risorto, intorno gli apostoli disorientati, turbati, impauriti.

La pace ha costituito da sempre una delle massime aspirazioni dell’uomo. Tutti desideriamo raggiungere questa condizione per essere in grado di svolgere al meglio ogni nostra attività.

Quando non riusciamo a farla nostra, una serie infinita di ostacoli ci rallenta il cammino e mette a rischio la realizzazione dei nostri progetti. Di solito ne apprezziamo il valore quando sfugge al nostro orizzonte, quando ci rendiamo conto di non possedere più le coordinate necessarie per dare concretezza alle spinte ideali che possono vederci protagonisti della costruzione di un domani migliore.

Tutti siamo consapevoli dell’importanza della pace, ma non tutti ci ritroviamo d’accordo al momento di scegliere i sentieri per raggiungerla.

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace; non ve la do come il mondo la dà» (Gv. 14,27). Questi gli accenni alla pace nel discorso con il quale Gesù cerca di prendere per mano i suoi apostoli per prepararli al tragico epilogo della sua esistenza terrena e per rendere poi più comprensibile il saluto: “Pace a voi” dopo l’incredibile evento della sua resurrezione.

Cercare di vedere, di scoprire, di evidenziare qualche possibile riflessione sul 27° versetto del Vangelo di Giovanni è proprio il motivo che mi ha spinto alla stesura di queste brevissime note.

Aprire una porta, indicare una piccola impronta, mettere a fuoco tutte le potenzialità di questo dono. “Non come il mondo la da’” mi soffermo proprio qui perché ritengo che questo snodo importante contenga quella briciola di verità che da tempo andavo cercando e sulla quale ho ricevuto un determinate contributo di luce durante l’ascolto di una riflessione sull’argomento. Dobbiamo salire ad un livello di comprensione della pace che molto spesso ci sfugge.

Di solito andiamo alla ricerca di una pace che ci viene offerta quando il linguaggio delle armi viene messo a tacere, quando lo scambio delle cordialità incomincia ad occupare gli spazi poco illuminati della diffidenza, quando le ragioni del quieto vivere riescono a concordare un’alleanza con le spinte irrazionali dell’intransigenza. Questa è la pace che gli uomini di buona volontà possono e devono costruire e, per questo risultano candidati, a pieno titolo, ad essere beati.

Ma c’è qualcosa di molto più importante da scoprire, qualcosa che giustifica e ci trasmette la motivazione profonda del dono: la sicurezza dell’amore di Dio. “Vi do la mia pace” cioè: Vi do la sicurezza del mio amore. “Non ve la do come il mondo la da’” ognuno di noi non può non mettere in rilievo l’incapacità di raggiungere o, quanto meno eguagliare l’intensità dell’amore che solo Dio può assicurarci.

La certezza dell’amore di Dio allora diventa fonte inesauribile di pace interiore, di serenità esistenziale; diventa forza capace di sostenerci durante le difficoltà più estreme; diventa luce che disperde le ombre che insidiano e deprimono la nostra quotidianità. Ci ritroviamo nel bambino che riposa tranquillo sul seno della mamma, sentiamo come lui di avere tutto, viviamo immersi in un oceano di pace dove ogni problema viene ridimensionato, dove ogni difficoltà non riesce a turbarci più di tanto.

Incertezza, sfiducia, depressione sono i tragici poli di attrazione verso cui, quasi inconsapevolmente, ci muoviamo. Seri studi statistici presentano il fenomeno dell’insonnia come la manifestazione più evidente di questo coacervo di mali che attaccano da tempo la nostra società.

La gioia pasquale della risurrezione, la pace che Gesù ci offre, la speranza di un’alba senza tramonto, costituiscono la segnaletica luminosa che la Chiesa, da sempre, appronta per rendere possibile la nostra uscita dalla dantesca “selva oscura”.

 

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