Vero e falso ecumenismo

di Giuseppe Lubrino

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QUALE DIALOGO? IL MOVIMENTO ECUMENICO E LE ALTRE CHIESE CRISTIANE

La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene;  amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Rm 12,9-10.

In diversi contesti sociali ed ecclesiali si avverte sovente l’esigenza di promuovere il dialogo. Si può affermare che, negli ultimi decenni, in particolar modo, in ambito cattolico il dialogo e, ciò a buon diritto, è diventato un vero e proprio slogan. Allo stesso tempo però per quanto concerne il rapporto della Chiesa Cattolica con le altre confessioni cristiane si registra un’ ambiguità e una confusione notevole. A prova di ciò, si può addurre il fatto che in ambito didattico, non di rado, viene posta impellente la domanda: Professore che differenza c’è  tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa evangelica? Perché se tutti credono in Gesù Cristo ci sono così tante chiese? E via dicendo…

Il movimento ecumenico nasce e si afferma nel 1910 ad Edimburgo in Scozia. Nel 1948 si forma il CEC (Consiglio Ecumenico delle Chiese) con sede a Ginevra in Svizzera e oggi conta all’incirca 348 chiese membro. Finalità del movimento ecumenico è di eliminare le divisioni tra i cristiani ed esaudire la preghiera di Gesù: Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,21-22).

La Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II (1962-1965) e, in particolar modo, con il decreto Unitatis Redintegratio e con la dichiarazione Nostra aetate apre un dialogo a trecentosessanta gradi con le altre confessioni cristiane e con le altre tradizioni religiose. Per quanto concerne il dialogo, appunto, ecumenico ci si riferisce al dialogo cattolico con le altre confessioni cristiane: cattolici ortodossi e anglicani, evangelici luterani, avventisti, anabattisti, metodisti, valdesi ecc.

Da tale dialogo si sono auto-esclusi Mormoni e Testimoni di Geova. Il terreno comune tra le suddette confessioni cristiane è l’Unità e Trinità di Dio, la divinità e la consustanzialità di Gesù Cristo con il Padre, la personalità e la divinità dello Spirito Santo, il valore normativo della Sacra Scrittura quale rivelazione privilegiata di Dio e norma di vita per tutti i credenti. Oltre ciò, vi è una certa intesa – seppur in alcuni casi con delle differenze sostanziali – sui sacramenti dell’iniziazione cristiana, in modo speciale, riguardo il battesimo, l’imposizione delle mani (cresima) e la comunione al corpo e sangue di Gesù (eucarestia). Detto questo, per un approfondimento sull’argomento si segnalano i seguenti testi: Peter Neuner, Teologia Ecumenica, Queriniana; 4° edizione (1 gennaio 2000), pp. 352; Paolo VI, Lettera enciclica: “Ecclesiam Suam”, ‎Paoline Editoriale Libri; 2° edizione (1 luglio 2004), pp.115; Concilio Vaticano II, Decreto: “Unitatis Redintegratio”.

La Chiesa Cattolica nel documento Unitatis Redintegratio si esprime con un linguaggio materno e filiale nei confronti delle altre chiese separate dalla comunione piena con Roma. Essa, innanzitutto esorta i cattolici a vivere in maniera coerente la fede così da essere autentici testimoni e porsi nei confronti degli altri cristiani come dei veri fratelli in Cristo. Oltre ciò, la Chiesa dichiara senza mezzi termini la sua disponibilità a rivedere alcuni aspetti della sua prassi pastorale ai fini di non offendere e di tendere una mano verso l’unità alle altre comunità cristiane non cattoliche. Tuttavia, con lo stesso zelo e con la stessa materna premura la Chiesa ribadisce anche la sua verità storica e i suoi principi irrinunciabili ereditati dal maestro Divino e chiede alle chiese non cattoliche di riflettere e conoscere a fondo tali verità così da rivedere anch’esse alcune loro posizioni. Si legga un esempio:

I fedeli cattolici nell’azione ecumenica si mostreranno senza esitazione pieni di sollecitudine per i loro fratelli separati, pregando per loro, parlando con loro delle cose della Chiesa, facendo i primi passi verso di loro. E innanzi tutto devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e realizzato nella stessa famiglia cattolica, affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli apostoli. (Unitatis Redintegratio, cap. I, N. 4).

Alla luce di ciò, la Chiesa Cattolica avvia un dialogo verso le chiese separate nella verità della rivelazione biblica e patristica. Con tale tipologia di dialogo essa accoglie e valorizza le istanze delle altre confessioni cristiane, ma allo stesso tempo non elude e non svende la propria identità e verità fondata nell’insegnamento apostolico. Si veda questo brano:

D’altra parte è necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati. Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo talora sino all’effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre mirabile e deve essere ammirato nelle sue opere. (Unitatis Redintegratio, op. Cit.). Detto questo, l’intero pensiero cattolico lo si può riassumere nel modo seguente: la Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II ha intrapreso un vero e proprio itinerario di riconciliazione con le chiese cristiane separate da Roma. Essa, infatti ,intende stabilire con le altre confessione cristiane una relazione fraterna sincera e aperta al confronto, al dialogo e alla cooperazione. Oltre ciò, la Chiesa Cattolica incoraggia i suoi fedeli ad avere una preparazione adeguata in campo teologico perché il confronto e il dialogo con le altre confessioni sia fatto con spirito giusto e competente. L’approfondimento, quindi, della teologia cattolica ha e deve sempre avere una particolare attenzione “ecumenica”.

Il modo e il metodo di enunziare la fede cattolica non deve in alcun modo essere di ostacolo al dialogo con i fratelli. Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina. Niente è più alieno dall’ecumenismo che quel falso irenismo, che altera la purezza della dottrina cattolica e ne oscura il senso genuino e preciso. (Unitatis Redintegratio, cap.II, N. 11).

A questo punto emerge in tutta la sua chiarezza la posizione cattolica circa il dialogo ecumenico: non occorre praticare alcun tipo di falso irenismo! Oggi tale tendenza, ritengo, sia molto diffusa e praticata in ambito ecclesiale. Non me ne vogliano gli esperti ma è così! Tale tendenza, purtroppo, affonda le sue radici nell’analfabetismo della fede in ambito cattolico. Molti se dicenti cattolici impegnati, infatti, parlano di ecumenismo, di Concilio Vaticano II, si caricano di incarichi in parrocchia e nelle diocesi ma mai e dico mai hanno poi letto e compreso i documenti del Concilio Vaticano II! Infine, per non cadere in un divago arido e parenetico concludo la mia riflessione – lasciando i lettori lo spazio per un personale approfondimento sull’argomento – con la seguente citazione:

La cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente l’unione già esistente tra di loro, e pone in più piena luce il volto di Cristo servo. Questa cooperazione, già attuata in non poche nazioni, va ogni giorno più perfezionata—specialmente nelle nazioni dove è in atto una evoluzione sociale o tecnica—sia facendo stimare rettamente la dignità della persona umana, sia lavorando a promuovere il bene della pace, sia applicando socialmente il Vangelo, sia facendo progredire con spirito cristiano le scienze e le arti, come pure usando rimedi d’ogni genere per venire incontro alle miserie de. Nostro tempo, quali sono la fame e le calamità, l’analfabetismo e l’indigenza, la mancanza di abitazioni e l’ineguale distribuzione della ricchezza. Da questa cooperazione i credenti in Cristo possono facilmente imparare come ci si possa meglio conoscere e maggiormente stimare gli uni e gli altri, e come si appiani la via verso l’unità dei cristiani. (Unitatis Redintegratio, cap. II, N. 12).

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