La beatitudine di chi resta sveglio

di Giuliva Di Berardino

IL VANGELO DEL GIORNO COMMENTATO DA UNA TEOLOGA LITURGISTA

Lc 12, 35-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Il Vangelo di oggi ci consegna una beatitudine: la beatitudine di chi resta sveglio. Gesù offre infatti un paragone: chi resta sveglio è simile a quei servi che dovevano restare svegli durante le nozze per aspettare il padrone di casa al suo rientro. Innanzi tutto è interessante il contesto delle nozze, che nella Bibbia richiama sempre al tema escatologico, quindi al giorno del giudizio, ma anche al grande tema dell’Alleanza, che connota il rapporto d’amore che Dio nutre per il suo popolo nel corso della lunga storia della salvezza.

Così l’invito a restare svegli acquisisce un’importanza ancora maggiore, perché ci viene presentato come una beatitudine, che ha a che fare con la felicità che riguarda l’eternità e l’oggi, perché nella Bibbia quando si parla di eternità si parla sempre di una realtà che si prepara a partire dal quotidiano. Ora, se il restare svegli è per i servi un compito, Gesù ci assicura che proprio quel compito dei servi, un giorno finirà per diventare una beatitudine perché il padrone, è scritto, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

Perciò, la beatitudine di chi resta sveglio, cioè di chi usa intelligenza e scaltrezza per non cedere al buio, per non entrare in compromessi col male, sembra essere quella di poter stare un giorno a tavola ed essere servito dal padrone. Il servizio dato dai servi che restano pronti ad accogliere il padrone in ogni situazione, senza lasciarsi prendere dallo sconforto e dallo scoraggiamento, prima o poi viene reso dal padrone stesso a quei servi. Sembra cominciare a scorgere allora una verità che ci interessa per vivere bene questo giorno che inizia: Gesù è quel padrone che si è stretto le vesti ai fianchi e ha servito i suoi apostoli, lavando loro i piedi e offrendo la sua vita per loro, e oggi, nella santa eucaristia e nella sua Parola, Egli fa accedere anche noi alla beatitudine di quei servi che restano svegli.

Allora, se viviamo questo giorno come ci viene chiesto dal Signore, cioè con la prontezza di questi servi, senza scoraggiarsi di fronte all’odio e all’ingiustizia, potremo compiere atti di speranza e assicurarci la beatitudine, perché un piccolo atto di speranza compiuto oggi, ne siamo certi per fede, può renderci più felici per l’eternità.

 

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