La trappola di Hamas sta funzionando?

di Pietro Licciardi

TEL AVIV SI E’ IMPELAGATA IN UNA GUERRA CHE SICURAMENTE VINCERA SUL PIANO MILITARE MA NON SU QUELLO POLITICO

Hamas con il suo attacco del 7 Ottobre ha trovato il modo di intaccare l’invulnerabilità che le forze di difesa israeliane (Ids) si sono costruite con le guerre combattute e vinte dal 1948 contro i vicini arabi. Lo ha fatto contando sulla sua “asimmetricità” – il non essere un esercito regolare ma una forza paramilitare che pratica la guerriglia – e su una buona dose di criminale cinismo. 

Hamas ha infatti attirato Netanyahu nella trappola costringendo Tel Aviv ad una rappresaglia dentro Gaza che sicuramente distruggerà l’organizzazione paramilitare – e questo i suoi capi lo sanno perfettamente, tanto che sono tutti al sicuro in Qatar – ma causerà tantissime vittime civili aumentando il risentimento popolare e mettendo in cattiva luce Israele agli occhi del mondo. Questo è il risultato politico che cerca Hamas e per ottenerlo questa organizzazione ha bisogno che sia massacrato il maggior numero di civili palestinesi per poter dipingere Israele come spietato aggressore, facendo infiammare allo stesso tempo l’opinione pubblica araba di tutto il Medio Oriente e far naufragare i tentativi di normalizzazione in corso.

Purtroppo il piano sta riuscendo. Non per nulla il 7 Ottobre ad essere colpiti non sono stati gli israeliani più radicali, come i coloni ortodossi della Cisgiordania, ma i kibbutz vicini al confine e i ragazzi radunati per un rave party, ovvero israeliani probabilmente più critici contro la politica aggressiva e provocatoria dell’attuale governo, proprio per spingere anche i più “pacifisti” a chiedere una rappresaglia più dura possibile.

E infatti adesso Israele si deve confrontare con un problema ancora più grave di Hamas: la popolazione palestinese della striscia; la quale da un lato è ostaggio dei guerriglieri ma vi è anche una maggioranza di sostenitori di Hamas molto radicalizzati e l’ingresso delle truppe di Israele non farà che peggiorare questa radicalizzazione.

Quasi sicuramente l’Idf riuscirà a neutralizzare completamente la formazione paramilitare ma gli attentati non si fermeranno. A compierli sarà la stessa popolazione, che quando Israele si sarà prima o poi ritirato darà vita ad un’altra sigla che proseguirà la guerriglia sotto la guida di una nuova classe dirigente forse ancor più radicale. 

Probabilmente la scelta migliore per Israele sarebbe stata di non invadere la striscia essendo proprio questo come si è detto l’obbiettivo politico dei terroristi di Hamas, anche perché dal punto di vista militare l’Idf si trova a dover risolvere un problema non da poco: la neutralizzazione di quasi 500 Km di tunnel, una rete più estesa dell’intera metropolitana di Londra. Anche questa è stata una vittoria di Hamas, che ha costretto le truppe israeliane a confrontarsi su un terreno che non conoscono, per il quale non sono addestrate e che azzera la loro superiorità tecnologica. 

Combattere sottoterra probabilmente allungherà anche i tempi del conflitto, cosa che però Israele non si può permettere. Tutte le guerre precedenti infatti sono state combattute con determinazione e rapidità per ristabilire nel più breve tempo la situazione precedente e conflitti prolungati non sono sostenibili per una nazione piccola come Israele.

E’ di pochi giorni fa la dichiarazione di Netanyahu di voler mantenere l’occupazione di Gaza per il tempo necessario a smantellare completamente la rete dei tunnel che Hamas usa come arma, essendo il mezzo attraverso cui i suoi guerriglieri riescono a colpire con continuità Israele rendendo insicura una grande parte del suo territorio. Fino al 7 Ottobre infatti c’era stato un continuo stillicidio di rapimenti di soldati in pattuglia, ferimento di coloni, distruzione di raccolti, tanto che i civili ebrei nei pressi di Gaza avevano paura di sparire nel nulla o restare uccisi nell’uscire la sera per gettare l’immondizia. 

Insomma, questa nuova guerra sembra aver cacciato Israele in un vicolo cieco. Forse sarebbe stato meglio assediare la striscia fino a quando la popolazione non avesse consegnato i capi, concentrarsi sulla liberazione degli ostaggi e compiere raid il più possibile mirati per colpire le istallazioni e i tunnel. La conclusione della crisi non sarebbe arrivata a breve ma avrebbe creato molti meno danni collaterali e soprattutto non avrebbe dato ad Hamas il vantaggio che oggi ha. Ma è inutile ragionare col senno di poi, soprattutto quando il latte è stato ormai versato.

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