L’offensiva ucraina è stata un flop, il sostegno occidentale è evaporato

di Pietro Licciardi 

PER ZELENSKYJ NON VA BENE. E ORA RISCHIA IL POSTO (SE NON LA VITA)

La guerra in Ucraina sta volgendo verso l’epilogo? Sembra proprio di si. La grande offensiva estiva, lanciata da Kiev nonostante gli inviti alla prudenza degli alleati della Nato, si è arenata senza portare a risultati strategici di rilievo. I russi hanno tenuto, nonostante le perdite di uomini e materiali, che del resto sono state pesanti anche per gli ucraini, e continuano a resistere ma quel che è peggio il fronte politico interno in Ucraina sembra si stia sfaldando mentre Stati Uniti ed Europa non sembra abbiamo ancora intenzione di sostenere con l’invio di altre armi e soprattutto munizioni l’esercito ucraino. Inoltre si stanno avvicinando le elezioni sia in America che in altre nazioni del nostro Continente e potrebbe risultare difficile alle rispettive leadership giustificare un ulteriore impegno in un conflitto che rischia di trascinarsi ancora per anni. 

Secondo diversi osservatori anche il presidente ucraino Volodymyr Zelen’kyj ha giocato male le sue carte, continuando a illudere i compatrioti e l’opinione pubblica occidentale che dopo aver resistito alla prima fase dell’invasione e avere subito dopo addirittura accennato una controffensiva che sembrava aver messo in difficoltà le forze di Mosca gli ucraini avrebbero non solo ripreso tutti gli oblast’ occupati nel febbraio dello scorso anno ma anche l’intera Crimea.  

Come scrivemmo all’inizio del conflitto l’Ucraina si è trovata coinvolta in una guerra che difficilmente avrebbe potuto vincere e questo per diversi motivi: il gap demografico – poco più di 30 milioni di ucraini contro 143 milioni circa di russi -, la mancanza di una industria capace di produrre armi pesanti e munizioni; soprattutto la totale dipendenza dagli alleati occidentali, i quali hanno mostrati fin da subito di essere divisi sugli aiuti militari da inviare, di avere a loro volta arsenali sguarniti e non in grado di far fronte a consumi di materiali paragonabili a quelli delle due guerre mondiali.

Non solo, ma convinti all’inizio che l’Ucraina si sarebbe arresa davanti alle preponderanti forze di Mosca i governi occidentali solo in un secondo momento hanno deciso di sostenerla ma senza avere un obiettivo finale preciso e realistico verso il quale orientare il conflitto, lasciando così a Zelenskyj il compito di indicare la meta – la vittoria totale su Mosca e il ristabilimento della piena integrità territoriale – che però si è rivelata essere del tutto fuori portata.

Nonostante ciò Kiev ha raggiunto risultati politici di assoluto rilievo, dimostrando a Putin di non essere affatto una sorta di provincia ribelle dell’impero ma una nazione fiera della sua indipendenza e perfettamente in grado di difendersi. Inoltre ha conquistato una notevole rilevanza sul piano internazionale e un credito economico praticamente illimitato, con la promessa da parte europea e americana di una completa ricostruzione post-bellica. Tuttavia l’intransigenza di Zelenskyj, sia pure giustificata da una opinione pubblica ancora oggi determinata a combattere e vincere, sta rischiando di compromettere molti di questi vantaggi, per non parlare della sua carriera politica.

Una cronicizzazione del conflitto renderebbe impossibile l’ingresso dell’Ucraina sia nella Nato che nell’Unione europea, assorbirebbe enormi risorse in un paese che già prima della guerra era il più povero del Continente e lascerebbe nella precarietà una economia che per sopravvivere ha assoluto bisogno dei porti sul Mar Nero, che però senza una pace stabile rimarrebbero sotto il tiro di missili e artiglierie russe.

E infatti a Kiev comincia a montare l’opposizione all’attuale presidente, il quale dopo aver ripetuto da un anno a questa parte che avrebbe riconquistato tutto si ritrova a non aver riconquistato quasi nulla e in tal modo sta trasformando una quasi vittoria politica e morale sul gigante Russo in una sconfitta. 

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