Un intellettuale di razza del cattolicesimo italiano

di Paolo Gulisano

RICORDANDO CESARE CAVALLERI

Un anno fa, il 28 dicembre del 2022, Festa Liturgica dei Santi Innocenti, che richiama al tema che gli era molto caro della difesa della vita innocente, fin dal concepimento, si spegneva a Milano, sua città di adozione, Cesare Cavalleri, uno dei pochi, pochissimi, intellettuali di razza che il cattolicesimo italiano abbia conosciuto nel dopoguerra. Un intellettuale “di adamantina levatura”, come ebbe a definirlo lo scrittore Alessandro Gnocchi. Discreto, intelligente, dotato di un sottile senso dell’umorismo, sempre un’ottava sotto il clamore generale.

A distanza di un anno dalla sua scomparsa se ne sente veramente la mancanza, un vuoto riempito, da parte delle “sue” Edizioni Ares, dalla pubblicazione della sua Summa come critico letterario.

Letture (1967-2022)  pagine 1.320, euro 30, raccoglie il lavoro giornalistico di una vita, mezzo secolo di articoli, che sono molto più che recensioni letterarie. Si tratta di un vero e proprio dizionario ricco di rimandi e riferimenti incrociati. Questo volume uscì per la prima volta nel 1998, mentre ora a cura di Giuseppe Romano, già suo prezioso collaboratore nel mensile Studi Cattolici e nell’Editrice, ora ci presenta la versione definitiva, quasi un lascito culturale a futura memoria di questo grande intellettuale. Per Cavalleri la Letteratura era una sorta di arte, l’arte di “vivere meglio», secondo la celebre espressione del premio Nobel Saint-John Perse, poeta molto amato da Cavalleri.  Letture non è una semplice raccolta di recensioni, e anche così si tratta di scritti esemplari per stile e acutezza, comprese le stroncature, ma anche una serie di riflessioni che stimolano, nutrono, confortano il pensiero del lettore.

Notevoli sono poi le pagine dedicate a Eugenio Corti, il genio incompreso che lui- come editore- aveva valorizzato, lanciato, difeso.

Ricordando al momento della sua morte, ebbi a definirlo “editore e gentiluomo”. Di lui colpiva la gentilezza, l’affabilità, perfino l’aspetto esteriore: per molto tempo ebbe il vezzo simpatico ed elegante di indossare il papillon, un tocco di classe che lo qualificava, e non è un caso che la copertina di Letture veda il disegno di questo tipo di cravatta d’altri tempi.  Era un segno di eleganza, ma anche un pochino di anticonformismo, il segno distintivo di un’artista. Un’artista che non faceva dell’estetismo fine a se stesso.

Lo abbiamo definito in apertura come intellettuale cattolico. La sua era una fede intensa ma sobria, assolutamente non clericale, secondo lo stile dell’Opus Dei.

Nello scenario del mondo culturale cattolico, dopo la scomparsa dei grandi protagonisti, Emanuele Samek Lodovici, Corti stesso, Augusto Del Noce, il saggista gentleman era divenuto definitivamente un maestro, uno dei buoni maestri di cui il nostro tempo ha disperatamente bisogno. Maestro e testimone, anche nel modo in cui ha affrontato la malattia, con una consapevolezza sempre serena, vivendo questa prova con la fede solida e tranquilla che lo ha sempre caratterizzato.

Scorrere questo libro, cospicuo di pagine e pensieri, come certi grandi libri, dal Signore degli Anelli al Cavallo Rosso, significa attingere a questo prezioso magistero umano e culturale.

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