Il Redemptor Hominis, la Redemptoris Mater, il Redemptoris Custos

di Pamela Salvatori

GESÙ, GIUSEPPE E MARIA: UN UNICO GRANDE MISTERO 

Introduciamo la figura e missione di san Giuseppe, lasciandoci guidare da un documento ricchissimo, l’esortazione apostolica Redemptoris Custos, pubblicata da san Giovanni Paolo II nel 1989.

Un’esortazione densa di contenuto, ma anche molto semplice, che tutti siamo invitati a riscoprire, per recuperare la vera immagine del Custode del Redentore e della Chiesa universale. Questo ci consentirà di coltivare un’autentica venerazione verso di lui, cosa impossibile se non si conosce la verità rivelata, che traspare con forza dagli stessi Vangeli e dalla Tradizione ecclesiale, e che il Magistero ci aiuta ad interpretare correttamente.

È significativo che Giovanni Paolo II abbia inserito l’esortazione su san Giuseppe nel contesto di importanti documenti magisteriali dedicati alla Redenzione. Il Pontificato di questo grande Papa, sempre attento alla verità su Dio e sull’uomo, è stato tutto “cristocentrico”, cioè con Cristo al centro e, in particolare, il Cristo Redentore dell’uomo!

Egli, infatti, ha inaugurato il suo Pontificato con l’enciclica Redemptor Hominis nel 1979, per proseguire nel 1987 con la splendida esortazione mariana Redemptoris Mater. A soli due anni di distanza, pubblicava la Redemptoris Custos, interamente dedicata a san Giuseppe, e così consacrava il primo decennio alla Sacra Famiglia, per poi guardare alla missione della Chiesa, corpo di Cristo, nel 1990 con l’enciclica Redemptoris Missio. Splendido programma, di straordinaria eloquenza, che pone al cuore di ogni riflessione il Redentore, per leggere ogni realtà alla luce di quel «mistero nascosto» da secoli e a noi rivelato, di cui parla la Lettera agli Efesini (cf. Ef 3,9).

In particolare con la Redemptoris Custos, il Santo Padre offriva alla Chiesa il documento più ampio e organico mai scritto su san Giuseppe, “Ministro della salvezza” insieme a Maria. Giovanni Paolo II valorizzava specialmente la sua paternità, vista come una conseguenza dell’unione ipostatica, ossia dell’Incarnazione del Figlio di Dio nella Vergine Madre. Giuseppe, infatti, fu destinato da Dio al compito eccellente e unico di sposo e padre putativo, in vista dell’Incarnazione di Cristo.

Ed è proprio questa verità la colonna portante di tutta l’esortazione. Il titolo “Custode del Redentore” è finalizzato a mettere in luce il contenuto della paternità di Giuseppe, il quale nella vita di Gesù e di Maria ha svolto essenzialmente il ruolo di vero marito e padre, nonostante quel Figlio non fosse stato da lui generato.

Al numero 8 della Redemptoris Custos, Giovanni Paolo II scrive che egli «è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente “ministro della salvezza”». Espressione quest’ultima tratta da san Giovanni Crisostomo, celebre Padre della Chiesa del V secolo.

In altre parole, tutti i privilegi di san Giuseppe derivano dalla sua vocazione ad essere padre putativo di Gesù. Ed è sempre e solo in relazione al mistero di Cristo che la sua figura e missione rivelano appieno il loro significato. Ma non è tutto. È importante che la sua speciale paternità sia compresa anche congiuntamente alla maternità di Maria. Non a caso, infatti, Giuseppe, nella Redemptoris Custos è sempre considerato «insieme con Maria».

Inoltre, la maternità divina della Vergine e la paternità legale di Giuseppe hanno un carattere spiccatamente cristologico: sono la Madre naturale e il padre legale di Gesù, sono la sua vera famiglia umana, scelta dai secoli eterni, e il loro matrimonio rivela tutto il suo valore alla luce del Verbo incarnato. Davvero un grande mistero!

Giovanni Paolo II è noto a tutti per la sua devozione mariana, il Totus tuus campeggiava sul suo stemma papale. Grazie a questa esortazione egli ci permette di comprendere come un’autentica devozione a Maria e, persino, un’autentica teologia mariana, chiamata a sorreggerla e alimentarla, non possano escludere la devozione e la teologia giuseppina. In altri termini, contemplando il mistero della Sacra Famiglia nella sua unità, si comprende che la fede in Cristo non può essere disgiunta dall’amore per Maria e Giuseppe: uno è il disegno di Dio e uno il Mistero grande di Cristo, che include il matrimonio di Maria e Giuseppe, simbolo del mistero della Chiesa, vergine e sposa.

Alla luce di questo disegno divino, inoltre, si comprende meglio come il fatto che Giuseppe nei Vangeli appaia poco e non parli mai non significhi che la sua presenza non abbia nulla da dire. Il silenzio, a volte, può essere più eloquente delle parole e san Giuseppe è soprattutto l’uomo che insegna la fede e l’amore con i fatti! Egli è colui che con il suo agire, pronto e generoso, manifesta una grandezza interiore, seconda solo alla Madre di Dio. Giuseppe è tutto in relazione a Gesù e a Maria, al servizio di un disegno di Redenzione di cui egli stesso è fatto garante, custode e ministro.

Bisognerebbe riflettere più a lungo sulla densità dei primi due capitoli del Vangelo di Matteo e Luca, generalmente chiamati Vangeli dell’infanzia, perché, in verità, essi coprono un arco di tempo di almeno trent’anni, ossia quel tempo che precede l’avvio della predicazione di Gesù, durata solo un anno e mezzo o tre anni circa. Non sappiamo quanto sia vissuto san Giuseppe, ma è ragionevole pensare che egli abbia esercitato la sua paternità per il tempo necessario alla crescita umana di Gesù, influendo sull’educazione di questo figlio, legalmente suo vero figlio. Giuseppe si è preso cura di lui insieme a Maria, conosciuta nel suo contesto di vita proprio come la sposa di quest’uomo.

San Giuseppe, dunque, è tutt’altro che una figura marginale nei Vangeli, nella vita di Gesù e di Maria. Non è posto nell’angolo, come appare nell’antico schema iconografico che lo rappresenta dubbioso e perplesso circa la divina maternità della sua sposa. San Giuseppe, piuttosto, ha svolto un ruolo essenziale e imprescindibile nella Santa Famiglia e nella Storia della Salvezza, rispondendo coraggiosamente alla sua chiamata e restando fedele al Signore sino alla fine.

Subscribe
Notificami
1 Commento
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments

L’icona che illustra l’articolo è però frutto di ignoranza. Gli iconografi veri usano un linguaggio pittorico sapientemente codificato, che ha valenza teologica e liturgica. La mano sulla spalla di Maria non va bene, significa unione carnale!!!
Tobia