Perché proprio 12 apostoli e non 20?

di Giuliva Di Berardino 

IL VANGELO DEL GIORNO COMMENTATO DA UNA TEOLOGA LITURGISTA

Venerdì  19 gennaio 2024

Mc 3, 13-19


In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Il Vangelo oggi ci consegna una speranza: Gesù sceglie delle persone perché stiano con Lui e perché siano inviati nel Suo nome a scacciare i demoni, cioè le divisioni, le cattiverie, le durezze e le indifferenze che ci fanno male.

La parola apostolo in greco significa colui che sta accanto, ma anche colui che è inviato. i due sensi di questo termine sono espressi nel testo del Vangelo in modo chiaro, così com’è chiaro il fatto che queste persone siano persone comuni, alcuni con un carattere impetuoso come i due fratelli Giovanni e Giacomo, ai quali Gesù diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono».

Tutti hanno un nome, perché sono persone vere, non sono modelli letterari, ma sono proprio quelle persone, vissute con Gesù in quel tempo, e di quelle persone noi abbiamo ereditato la fede, non le sembianze.

In una delle mie lezioni a scuola, ai ragazzi, una mia alunna, anni fa, mi chiese perché per l’autore del Vangelo fosse così importante trasmetter che Gesù avesse scelto 12 uomini, perché proprio 12 e non 20.

Come tutte le domande, non è una domanda stupida, perché in effetti per noi oggi può sembrare assurda la menzione di 12 uomini maschi, ma per gli ascoltatori delle prime predicazioni cristiane, per chi ascoltava gli apostoli raccontare questo episodio “dal vivo” l’indicazione di dodici nomi propri di uomini messi di fila, dava credibilità e importanza all’annuncio del Vangelo.

Era come dichiarare che quello che c’è scritto su Gesù è tutto vero, perché essendo tutti ebrei coloro ai quali l’annuncio del Vangelo era diretto, conoscevano tutti che il popolo d’Israele fa risalire la sua origine a 12 uomini, figli del patriarca Giacobbe e capi delle 12 tribù d’Israele.

Del resto Giacobbe venne chiamato proprio da Dio col nuovo nome di Israele. Gesù, dunque, in questo testo ricorda il grande patriarca Giacobbe che estende la sua benedizione a tutto l’Israele, attraverso i sui capi. Tutto questo ci fa capire che la predicazione e la fede in Gesù non abolisce la storia, non abolisce l’elezione di Israele, ma la integra, la completa, perché la fa riemergere dalla sua origine, in forma nuova, in forma attualizzata, ma mai sradicata dall’origine.

Gli apostoli e la loro chiamata ci rimandano alle origini della nostra identità profonda, che è la fede in Dio attraverso Gesù, suo Figlio e Messia. Questa fede è la nostra origine, perché in essa siamo stati generati. E noi crediamo che Dio benedice il suo popolo, lo ama e non lo abbandona mai, anzi, attraverso la vita che Gesù ci ha donato e che vive in noi attraverso lo Spirito Santo, Egli resta sempre con noi. E oggi proprio grazie a questa fede possiamo che noi, come i primi apostoli, essere inviati a chi ci sta vicino a portare la gioia a tutti coloro che incontriamo. 

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