Le analogie tra il nazionalsocialismo e il comunismo

di Pietro Licciardi

PER LO STORICO MARCO CIMMINO COMUNISMO, FASCISMO E NAZIONALSOCIALISMO HANNO LE LORO RADICI NELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

Informazione Cattolica ha già spiegato con lo storico e professore Marco Cimmino come in realtà il fascismo non sia stato affatto un movimento politico di destra, bensì un fenomeno rivoluzionario, tipicamente di sinistra; tanto che caduto Mussolini e terminata la guerra molti fascisti sono transitati nel partito comunista ritenendolo in grado di portare a compimento quella rivoluzione che il fascismo aveva solo iniziato. Questa volta sempre il professor Cimmino illustra le numerose analogie tra il nazionalsocialismo germanico e il bolscevismo e comunismo sovietico.

Professore, il nazionalsocialismo, come il fascismo, affonda le sue radici nella prima guerra mondiale, è così?

«In effetti il nazionalsocialismo, già dal nome, è una declinazione di quel pensiero sociale e socialista con una consistente sfumatura nazional patriottica che troviamo allo scoppio della prima guerra mondiale; simile per certi versi al pensiero che darà origine al fascismo, nato dalla fusione tra un pensiero socialista non internazionalista e il nazionalismo».

Sia il fascismo che il nazionalsocialismo sono considerati l’archetipo della destra, soprattutto per il loro militarismo, ma questo non è stato una caratteristica esclusiva della destra

«Ma neanche un po’. Qualunque totalitarismo o regime che pretende di essere tale, tende a militarizzare la popolazione per una comodità di gestione della società. Da una parte abbiamo una forte gerarchizzazione della popolazione e dall’altra una suddivisione in categorie per età in cui prima i ragazzini e poi i giovani vengono trasformati in soldati della causa. Del resto questa non è una idea nuova; penso al Der Arbeiter, fin dal 1936, di Erns Junger in cui la sfida del lavoratore è essere una sorta di soldato al servizio del proprio paese. E questo lo fa anche il comunismo sovietico; pensiamo alle decorazioni degli eroi del lavoro e l’abuso delle divise in tutto il periodo staliniano o alle parate sulla Piazza Rossa».

Ma forse bisognerebbe anche considerare che la Germania, l’Italia e l’intera Europa erano uscite da una guerra mondiale in cui per la prima volta nella storia dell’umanità gli Stati avevano militarizzato l’intera società e questo deve aver pesato 

«Nell’immaginario sicuramente e nel caso del nazionalsocialismo ancora di più». 

Possiamo vedere similitudini tra nazionalsocialismo e bolscevismo anche nell’iconografia? Penso alla svastica nazista in campo rosso e alla falce e martello, o la stella, comunista sempre in campo rosso. 

«C’è sicuramente una componente cromatica molto evidente e non soltanto nei colori della bandiera ma in generale nei colori delle divise e dei gagliardetti. Prima ancora della svastica il simbolo delle SA naziste era l’orifiamma con la scritta “Germania svegliati” in campo rosso. La dittatura fonda il proprio appeal anche su dei particolari estetici molto forti. Mentre il nazionalsocialismo esibì molto un collegamento alla tradizione nibelungica il bolscevismo puntò più ad una esibizione popolare del militarismo, come il soldato contadino, che è tipico di una certa retorica socialista, in cui il contadino prende le armi prima per fare la rivoluzione e poi per difenderla».

Andando un po’ avanti, a sinistra si è sempre detto che il Patto Ribbentrop-Molotov è stato un espediente di Stalin per guadagnare tempo e prepararsi alla guerra. Ma a ben vedere ebbe l’aspetto di un vero e proprio trattato di collaborazione e amicizia tra due regimi affini. Lei che ne pensa?

«L’Unione sovietica ha contribuito potentemente al riarmo fin dal 1936, addestrando i carristi e gli aviatori tedeschi, collaborando anche all’elaborazione delle dottrine di impiego. Inoltre Stalin guardava ad Hitler come ad un emulo interessante e lo stesso era per Hitler. Pensiamo ai piani quadriennali nazisti e ai piani quinquennali sovietici, ma dirò di più: il Patto Ribbentrop-Molotov è interpretato da entrambi come un vero accordo di amichevole spartizione, tanto che nel 1941 quando ha inizio l’invasione tedesca dell’Urss Stalin rimane di sale ed è del tutto impreparato, perché a Hitler aveva creduto. Questo perché non soltanto esistevano analogie tra i due totalitarismi ma anche tra i due dittatori, le cui personalità erano in qualche modo affini: entrambi fanatici e cinici, spietati ma logici, e così via. Bolscevismo e nazionalsocialismo si basavano, molto più del fascismo, sull’esercizio del terrore e questo Robert Conquest lo chiarisce in modo esemplare nel suo libro sul terrore stalinista»

Sul piano ideologico mi pare ci siano anche altre similitudini, come il razzismo; dei nazisti nei confronti degli ebrei e dei bolscevichi nei confronti dei borghesi.

«Anche i comunisti coltivavano un forte razzismo nei confronti degli ebrei, come Zinov’ev e Kamenev. I padri nobili della rivoluzione d’Ottobre, molti dei quali appartenevano all’intelligentsija ebrea russa, vennero fortemente perseguitati e l’ebreo, esattamente come nell’iconografia nazista, era visto come l’affamatore del popolo. Mentre il nazionalsocialismo fu programmaticamente antisemita il comunismo sovietico lo fu altrettanto, sia pure non dichiaratamente. Vi è un antisemitismo di sinistra che Marco Paganoni ha messo in chiaro in un libro di tanti anni fa: Dimenticare Amalek e che è venuto fuori anche nel caso della recente crisi israelo-palestinese».

Tornando alle similitudini, anche il nazionalsocialismo si definiva un movimento rivoluzionario, come del resto il fascismo e a maggior ragione il comunismo

«Certamente, e il nemico era sempre e comunque la borghesia, il che è anche paradossale perché i quadri provenivano tutti da lì, secondo la teoria di Georges Sorel che il contadino non fa la rivoluzione se non c’è l’intellettuale che lo guida. Soprattutto il fascismo è poi diventato borghesissimo, tanto è vero che come dicevamo nella precedente intervista molti giovani sono transitati nel partito comunista perché pensavano che quello che il fascismo non era stato capace di fare lo avrebbe fatto il Pci. Ma tra questi movimenti c’è uno scambio continuo, in un rapporto di reciproca ammirazione e in molti casi di emulazione. Mi viene da dire che la prima metà del Novecento, attraverso la prima guerra mondiale, ha maturato una visione dello Stato, della nazione e del partito che ha prodotto fenomeni che senz’altro hanno molte cose in comune, pur in un rapporto di odio e amore, pensiamo al patto anti Comintern».

A proposito di borghesia, i nazionalsocialisti senza i soldi degli industriali tedeschi sarebbero andati poco lontano ma pure i bolscevichi furono largamente finanziati dagli americani, i Rothschild ad esempio.

«Rothschild non a caso apparteneva alla stessa famigliola degli Zinov’ev, dei Kamenev e dei Trotsky, cioè quell’ebraismo intellettuale ed economico che è stato il sale e anche la catastrofe del mondo occidentale. L’intellettuale ebreo è uno che va avanti, sperimenta, procede… Questo può essere molto bello ma nel caso della rivoluzione bolscevica è stato catastrofico».

E tra l’altro questo continuo andare avanti e procedere è caratteristico del sentimento rivoluzionario tipico della sinistra; come tipico della sinistra è l’avversione per la Chiesa cattolica, cosa che ha accomunato sia i comunisti che i nazionalsocialisti.

«Tutto risale all’Ottocento massonico, in cui la Chiesa cattolica è individuata come il nemico numero uno della massoneria mentre l’idea del sol dell’avvenire e dell’Excelsior del popolo che poi verrà travasata nel socialismo vedrà nella Chiesa un ostacolo. In più la Chiesa durante la prima guerra mondiale rappresentò un freno al patriottismo militarista. In Germania inoltre mentre la religione luterana, maggioritaria, assecondò il nazionalsocialismo l’unica opposizione fu quella dei cattolici, che infatti furono perseguitati. Dall’altra parte il comunismo è antireligioso perché la religione è vista come un competitor: due religioni non possono coesistere; o si è comunisti o si è di un’altra religione».

Alla luce di quanto fin qui detto e soprattutto considerato che Massoneria e borghesia, sia pure in un rapporto di amore-odio, hanno dato una robusta mano all’affermazione delle tre ideologie in qualche modo sorelle: bolscevismo, nazionalsocialismo e fascismo, possiamo dire che i totalitarismi del XX secolo sono figli legittimi di quel primo totalitarismo che fu la Rivoluzione francese?

«Io questo lo sostengo da sempre e lo proclamo a chiare lettere. Certamente una certa idea di Stato, di popolo e di nazione nasce nella Rivoluzione francese; dirò di più: nasce in certe manifestazioni precise della Rivoluzione, come la Costituzione civile del clero o la leva di massa, che diventano elementi costitutivi delle dittature del Novecento. Forse meno nel fascismo, che cerca l’appoggio della Chiesa coi Patti Lateranensi che gli procurano un forte appoggio popolare. Ma le ideologie di cui parliamo derivano non solo dalla Rivoluzione francese ma anche dalle uova del drago che Napoleone ha disseminato in Europa e che ad opera dei club giacobini rimasti dopo di lui porteranno allo scoppiare di una serie di piccole rivoluzioni le quali sono la base di ciò che avviene successivamente. Penso ai moti del 1848, e poi al movimento operaio che in qualche modo partono dalla Rivoluzione francese che è la grande madre ed è anche la grande madre della massoneria, la quale animerà le società segrete post napoleoniche».

Un’altra questione credo sia da considerare; il nazionalsocialismo, considerato come il male assoluto, alla fine non ha inventato nulla: i campi di concentramento li hanno allestiti per primi gli inglesi nella loro guerra contro i boeri sudafricani, come pure le teorie per lo sterminio dei non perfetti mediante l’eugenetica o l’eutanasia…

«Si, possiamo anche citare Baden Powell, fondatore degli scout che era un sostenitore di quei campi. Inoltre uno dei più famosi campi di concentramento nazisti: Mauthausen, era stato eretto durante la prima guerra mondiale dagli austriaci e vi morirono anche parecchi prigionieri italiani che non vengono mai ricordati. Il nazionalsocialismo non solo non ha inventato niente ma si è fondato su elementi che allora erano comuni in Europa».

Possiamo riassumere dicendo che il nazionalsocialismo è stato un movimento rivoluzionario, di sinistra che assieme al comunismo, e anche al fascismo, ha le sue radici nella Rivoluzione francese. Una rivoluzione che peraltro prosegue ancora oggi. Se guardiamo le attuali società europee ciò che si attuava nel nazionalsocialismo si attua anche oggi; pensiamo all’eutanasia e al progetto nazista Aktion T4, all’odierna eugenetica, attuata allora dalle SS attraverso il piano Lebensborn

«E’ vero, questo perché sono movimenti fondamentalmente amorali, in cui non esiste un concetto di etica. Il nostro concetto di etica è di derivazione cristiana che loro non hanno. Hanno un concetto di Stato come un organismo formato da cellule, che è di derivazione positivista e scientista, e se non si riflette su questa assenza di rispetto per certi valori, che invece l’etica di origini religiose tramanda, non si capisce come uno possa ammazzare dei bambini ebrei – o fucilare dei nemici del popolo – e poi andare a festeggiare il Natale coi propri familiari. Lo fa perché non ha ucciso dei bambini, ma ha eliminato un virus. I padri nobili del nazionalsocialismo sono da una parte la massoneria e il movimento rivoluzionario giacobino, ma dall’altra il positivismo, cioè la cancellazione da parte dello scientismo della morale religiosa. I nazisti non hanno alcuna morale religiosa e il loro paganesimo è simbolico e non etico».

E infatti ad esempio l’eugenetica, come del resto il razzismo, ha le sue origini nel darvinismo positivista, teorizzato e praticato nel mondo anglosassone e Adolf Hitler è da lì che ha attinto.

«Mi spiace dirlo e non voglio sembrare sciovinista ma sono tipici prodotti di Paesi non cattolici. Il cattolicesimo ha un’etica molto più forte mentre il luteranesimo e in generale il protestantesimo si basano molto di più sulla responsabilità individuale e credo che tutto questo messo nel calderone della storia abbia dato tutta una serie di prodotti tra cui la non etica del nazionalsocialismo».

Per quanto abbiamo detto sino a qui mi sembra di poter affermare che tutto il XX secolo, e anche questo inizio di XXI secolo, si sia svolto tutto all’insegna della rivoluzione, e che la destra è stata abbastanza assente dalla storia. Concorda? 

«Direi di si poiché è stata messa all’angolo da un punto di vista culturale, amministrativo e politico. E’ stata considerata per decenni il luogo di ritrovo dei cattivi e di questo hanno finito per convincersi anche quelli di destra, tanto che hanno una gran paura di sembrare troppo di destra e dire cose di destra, ma cercano di assecondare ciò che la sinistra indica come buono e giusto e in questo noto preoccupanti analogie col comportamento della Chiesa cattolica, che anziché indicare la strada da percorrere si accoda al mondo e fa il verso, in un modo che il cattolico talvolta percepisce grottesco, a certe mode sociali; mentre probabilmente le persone si sarebbero aspettate dalla Chiesa una posizione di faro e antesignana; non di retroguardia».

Qui l’intervista integrale

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