Libertà di informazione e futuro: il “caso” Tucker Carlson

di Don Marco Begato

DUE TEMATICHE DI GRANDE IMPORTANZA

Il giornalista americano Tucker Carlson, noto volto di Fox News Channel, licenziato in tronco nell’aprile scorso probabilmente perché divenuto scomodo rispetto agli interessi commerciali dell’emittente, aveva rilasciato il 6 febbraio un annuncio di grande interesse, subito ripreso dalle principali agenzie di informazione internazionali: Carlson si trovava in quei giorni a Mosca con l’obiettivo di intervistare il presidente russo Vladimir Putin. 

Reputo inutile sostare sui commenti faziosi generati da tale evento, tutti protesi a strattonare la giacca di questo brillante conduttore segnato da simpatie trumpiane.

A mio giudizio, la vera notizia è addirittura precedente l’intervista, ed è quella contenuta nell’annuncio stesso, reperibile sul sito personale dell’autore (https://tuckercarlson.com/why-were-in-moscow/) e trascritta in italiano sul blog di Sabino Paciolla (https://www.sabinopaciolla.com/tucker-carlson-ecco-perche-sono-qui-a-mosca-ad-intervistare-putin/).

Se il mondo fremeva in attesa dell’intervista a Putin, io reputo opportuno sostare sull’annuncio di Carlson, perché in esso ritroviamo due tematiche di grande importanza.

La prima grande tematica è quella relativa alla libertà di informazione. Tutto il comunicato dell’anchorman ruotava attorno a questo tema. Con molta chiarezza si accusavano i media occidentali di essere corrotti e di aver continuamente omesso informazioni necessarie per comprendere i fenomeni bellici in atto.

Ugualmente forte è stata la promessa che Elon Musk non avrebbe censurato l’intervista a Putin, una volta caricata sul social X. Anche il contesto comunicativo alimentava la speranza di un’informazione libera: il fatto che un noto giornalista, radiato dalla propria redazione, potesse ancora raggiungere la popolazione mondiale attraverso il web, è di per sé una buona notizia, la notizia che la rete può divenire strumento liberante rispetto alle propagande politiche e ai loro tentacoli giornalistici.

La seconda grande tematica riguardava invece il futuro: che la guerra russo-ucraina abbia falcidiato una generazione di giovani nel paese più vasto d’Europa; che gli equilibri politici si siano ridisegnati e stiano mettendo in ginocchio la stabilità delle nazioni occidentali; che il dollaro stia perdendo valore e che le tensioni economiche stiano volgendo verso nuovi scenari; infine che di tutto questo siano ampiamente consapevoli in Oriente, mentre noi europei e gli americani siamo ancora massimamente all’oscuro di tutto. Ecco quattro considerazioni che da sole bastano a fermare il tempo.

A fermare il tempo frenetico del consumista medio europeo, con tutta la sua sicumera e faciloneria da benestante inconsapevole.

Quattro affermazioni che smontano le certezze dell’occidentale e suonano il campanello d’allarme per sé e per le generazioni prossime venture – sempre che lo si voglia sentire. C’è davvero bisogno di aggiungere altri commenti? 

Ricevo il parere di un’amica e corrispondente inglese: “se anche solo la metà delle notizie che Carlson ci ha dato sulla Russia sono vere, già ci basteranno per aprire di più gli occhi”.

In realtà non provo grande curiosità rispetto alle dichiarazioni del premier russo circa i motivi che lo hanno spinto all’azione militare. Quelli per molti aspetti possono essere considerati motivi passati, interpretazioni più o meno discutibili, ragioni ormai superate dal corso degli eventi.

Provo interesse piuttosto per il dato di fatto che le affermazioni di Carlson comportano: la torre di Babele di Bruxelles vacilla pericolosamente e tutti lo vedono, tutti tranne gli europei che abitano ai suoi piedi. Il futuro prossimo – piacciano o dispiacciano Putin e le sue versioni dei fatti – getta già ombra a livello politico, militare ed economico sui Paesi occidentali e sulle loro sicurezze, sebbene i cittadini europei ne siano tenuti all’oscuro da una propaganda mediatico-politica corrotta e omissiva.

Queste due ultime proposizioni riassumono la verità storica che si staglia davanti ai nostri occhi. Tucker Carlson con la sua intervista ha aperto una breccia nel muro di silenzio della stampa nostrana, o almeno della coscienza nostrana. E questa piccola avvisaglia, se proprio non potrà fermare l’alluvione, potrebbe almeno mettere in salvo i cittadini. Non serve aver visitato il Vajont per capire il senso dell’auspicio espresso in queste righe.   

 

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