Elon Musk e il figlio “X Æ A-12”. Urge ritornare ai nomi cristiani!

di Angelica La Rosa

LA BUONA NORMA DI DARE NOMI CRISTIANI AI FIGLI NON VIENE QUASI PIÙ RISPETTATA

“X Æ A-12” è il nome di uno dei figli del CEO di Tesla, SpaceX e X, l’imprenditore Elon Musk, figlio avuto qualche anno fa dalla compagna Grimes, cantante e musicista canadese. Per un uomo i cui figli portano come nomi Griffin, Kai e Nevada, sarebbe stato difficile pensare ad ulteriori nomi non convenzionale, ma ce l’ha fatta a superare se stesso!

La compagna Grimes, attraverso X aveva provato a spiegare che “X” rappresenta la “variabile incognita”, “Æ” invece è la pronuncia elfica della parola AI (amore e/o Artificial Intelligence), mentre A-12 è il precursore di SR-17, il velivolo preferito della coppia.

In molti, nel tempo, hanno espresso il loro sdegno per questa scelta. Alcuni, per evitare brutte figure mondiali, come quella che ha fatto Musk, invitano a mettere in pratica quanto era previsto in Francia prima del 1993. I francesi, infatti, si attenevano ancora all’ottima legge napoleonica secondo la quale i bambini francesi dovevano essere chiamati con il nome di battesimo dei santi inseriti nel calendario.

Con le dovute eccezioni per i seguaci di altre fedi religiose questa, secondo noi, dovrebbe rimanere una regola di buon senso. Questo perché ognuno di quei nomi ha una decente etimologia e un particolare significato, si tratta spesso di nomi solidi, santificati dalla tradizione, con una vera e propria festa da celebrare e un esempio da seguire per il bambino.

Se proprio non si vuole seguire la buona norma di dare nomi cristiani ai figli, si faccia quello che stabilisce, per esempio, l’attuale legge francese: “nessun nome di un bambino deve essere contrario ai suoi interessi”. O quanto stabilisce la legge italiana. 

Nel nostro Paese il Codice Civile, all’articolo 6, recita: “Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati”. La scelta del nome è regolata anche dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000.

In Italia non è ammesso il “jr” come negli Stati Uniti ed è assolutamente vietato imporre lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome o nomi ridicoli e vergognosi.

L’articolo 34 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 proibisce inoltre di imporre “nomi o cognomi che facciano intendere l’origine naturale” del neonato, nel caso in cui non siano conosciuti i genitori.

Il nome imposto al bambino può essere composto da uno o da più elementi onomastici, anche separati, ma il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e nel caso siano imposti due o più nomi separati da virgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe deve essere riportato solo il primo dei nomi.

Ancora, “i nomi stranieri che sono imposti ai bambini aventi la cittadinanza italiana devono essere espressi in lettere dell’alfabeto italiano, con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici propri dell’alfabeto della lingua di origine del nome”.

L’ufficiale dello Stato Civile, se un genitore non rispetta quanto previsto su, non può rifiutare la registrazione del nome ma avverte il genitore del divieto e, se il dichiarante persiste nella sua determinazione, riceve la dichiarazione, forma l’atto di nascita e, informandone il dichiarante stesso, ne dà immediatamente notizia al procuratore della Repubblica ai fini del promuovimento del giudizio di rettificazione. In seguito alla segnalazione il Procuratore, a sua discrezione, può attivarsi per chiedere una sentenza di rettifica del nome.

Nel caso di disaccordo sul nome tra mamma e papà, l’unico strumento che esiste per cambiare un nome indesiderato, anche per un minore, è un’istanza alla Prefettura che decide con un decreto prefettizio. Si tratta di un procedimento che vale per tutti i nomi e per i cognomi di origine naturale, ridicoli o vergognosi e che, nel caso di un minore, viene attivato su richiesta dei genitori.

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