La Comunione sulla mano e “l’archeologite” progressista

di Pietro Licciardi

LA CHIESA “PROGRESSISTA” IMPONE LA COMUNIONE IN PIEDI E SULLA MANO “PERCHÉ COSÌ FACEVANO I PRIMI CRISTIANI E COSÌ FECE GESÙ CON GLI APOSTOLI”. MA QUESTA NON E’ UNA PALESE CONTRADDIZIONE?

Quando si affronta la questione del modo più consono di ricevere l’Eucaristia l’orbe cattolico si divide immancabilmente in due fazioni, l’una contro l’altra armata: da una parte i sostenitori della Comunione in ginocchio e sulla lingua, ahinoi sempre meno numerosi, dall’altra quelli che la Comunione la ricevono in piedi e sulla mano.

Si tratta evidentemente di questione ancora del tutto aperta, anche perché eminenti cardinali e liturgisti si sono espressi, e continuano a farlo, sull’opportunità di ripensare il modo con quale oggi ci si accosta all’Eucaristia, considerati i notevoli danni che ha portato l’attuale modo di accostarsi ad essa: in piedi e sulla mano.

Tuttavia non soltanto tale pratica si è diffusa a macchia d’olio ma non pochi sacerdoti e persino vescovi l’hanno resa obbligatoria, specialmente adesso che hanno la scusa del Covid, ignorando completamente quanto la Chiesa ha stabilito mediante l’Istruzione pontificia Memoriale Domini, l’istruzione della Sacra Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti Immensae caritatis come pure il rituale De Sacra Communione o il più recente documento dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.

In tutti questi documenti si dice chiaro e tondo che il modo consueto con il quale è preferibile comunicarsi è in ginocchio e sulla lingua, che la comunione sulla mano è da ritenersi una eccezione e non la regola mentre in ogni caso il pane consacrato deve essere trattato con «massimo rispetto e somma prudenza», cosa che – per inciso – nelle parrocchie dove ci si comunica in piedi non avviene quasi mai

Ma qui vogliamo portare all’attenzione dei lettori una palese contraddizione da parte dei fautori della Comunione sulla mano, per lo più appartenenti a quella chiesa “progressista”, aperta al nuovo e al dialogo con l’uomo contemporaneo e per questo desiderosa di emanciparsi da “vecchie” pratiche devozionali, “esteriori formalismi” e dottrine vecchie e superate.

Costoro giustificano il ricevere l’Eucaristia sulla mano perché ciò rappresenta un ritorno alle origini, secondo quanto facevano le prime comunità cristiane e fece lo stesso Gesù nell’ultima cena, quando egli stesso spezzò il pane e lo diede agli apostoli.

A parte il fatto che gli apostoli non erano laici qualsiasi ma i primi sacerdoti della Chiesa di Cristo e che molto presto ci si rese conto di quanto fosse inopportuna la pratica di ricevere il pane consacrato sulla mano, tanto è vero che Sant’Agostino giunse a dire che solo mani consacrate potevano legittimamente toccare il Corpo e Sangue di Nostro Signore, il che è avvenuto per 1.500 anni; quello che vogliamo far notare è come questo palese archeologismo – la definizione è di papa Pio XII – collida con cotanto zelo “progressista”.

Voler tornate indietro di mille e più anni nel modo di comunicarsi non è forse un palese arretramento e una negazione di quanto la Chiesa ha voluto “aggiornare” e adeguare ai tempi nuovi?

Si criticano tanto i “tradizionalisti”, così attaccati al “vecchio” e al passato e poi si vorrebbe tornare alla Chiesa degli apostoli?

Evidentemente per certuni il nuovo va bene solo quando fa comodo…

Noi, accusati d’essere “tradizionalisti” e “veteroconciliari”, che al contrario di certa chiesa modernista guardiamo avanti, stiamo con Pio XII, il quale al n. 51 della Mediator Dei condannava l’archeologismo come anti-liturgico con queste parole: «non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del Depositum Fidei affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò».

 

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