Quei senza Dio che si credono religione

Quei senza Dio che si credono religione

di Pietro Licciardi

GLI ATEI DI ARCIATEA E UNAAR PROTESTANO PERCHE’IL VESCOVO NON LI VUOLE NELLA SALA MULTIRELIGIOSA

A Livorno gli atei se ne sono avuti a male perché il vescovo non ha voluto firmare un protocollo che assicura l’assistenza spirituale ai non credenti e ora lo rimproverano di volerli tener fuori dal dialogo ecumenico. Non è una barzelletta e neppure una trovata del giornale satirico Il Vernacoliere ma la seria, secondo loro, questione posta da ArciAtea, uno dei numerosi tentacoli dell’Arci, la storica Associazione ricreativa culturale italiana fondata dal Partito comunista nel 1957.

A quanto pare anche i miscredenti in Dio, portatori del relativismo del pensiero scientifico della modernità, nemici di ogni religione vogliono essere equiparati alle altre religioni ed evidentemente veder considerata una religione la loro stessa illusione.

Questi i fatti. A Livorno esiste dal 2006 un Tavolo delle religioni presieduto dal sindaco – è già questo fa un po’ ridere – che coinvolge numerose confessioni religiose ma non le associazioni degli atei e agnostici. Nel 2019 è stato stipulato un contratto fra Azienda USL Toscana NordOvest e Comune di Livorno, in rappresentanza del Tavolo, per l’assistenza spirituale e morale alle persone credenti e non credenti, affidando in comodato d’uso al Tavolo un locale nell’ospedale, denominato “Sala multireligiosa”. 

Da tutto questo sarebbero state però escluse le associazioni aconfessionali – in questo caso ArciAtea e UAAR (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) – che hanno protestato ottenendo che venisse redatta la bozza di un nuovo protocollo d’intesa “più inclusivo” ma il vescovo della città, monsignor Simone Giusti ha fatto sapere al sindaco, piddino, che non avrebbe firmato.

Da qui la reazione stizzita degli atei: ma come, con le tante entusiastiche aperture della Chiesa proprio il vescovo cattolico si tira indietro? Ebbene, a quanto pare non tutti i nostri pastori sono affetti dal pernicioso morbo della dialoghite o quantomeno ancora hanno ben presente certi limiti oltrepassati i quali si scade nel ridicolo. Non come certi atei che aborriscono Dio – ovviamente da loro scritto rigorosamente con la “d” minuscola – e ogni religione ma che piagnucolano se un vescovo li prende sul serio e li vuole fuori da certe questioni “superstiziose” e “irrazionali” come i conforti spirituali e religiosi in occasione del funerale.

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