Un asceta calabrese amato da tutti

Un asceta calabrese amato da tutti

ECCO CHI È SAN NICODEMO DI MAMMOLA

di Mariella Lentini*

In convento lo rifiutano perché lo ritengono non idoneo alla dura vita dell’eremita, ma Nicodemo insiste fino a quando riesce ad essere accolto tra i religiosi e, nella sua lunga vita, compie tanti miracoli.

Nasce in Calabria nel X secolo, a Cirò (Crotone). La sua educazione viene affidata a un sacerdote. Cresce saggio, buono e portato verso la vita ascetica, soprattutto dopo aver visto il comportamento amorale di tanti suoi contemporanei che non approva. Dopo che la sua ammissione in convento è stata rifiutata varie volte, perché giudicato fisicamente debole, Nicodemo riesce a diventare monaco. Come gli eremiti dell’epoca calabresi e siciliani, Nicodemo si veste con una pelliccia di capra, cammina a piedi scalzi in estate come in inverno, e dorme in una grotta, sulla paglia. Mangia pochissimo: castagne e legumi, soprattutto lupini. Egli prega e sta a contatto con la natura che ama. La sua solitudine, però, viene interrotta dall’arrivo di tanti monaci.

E così l’eremita fonda una comunità di eremiti: ognuno ha la sua capanna con un orticello. I monaci si riuniscono solo una volta alla settimana. L’asceta calabrese si trasferisce, poi, a Mammola (Reggio Calabria), ma anche qui i monaci si moltiplicano dando vita a un monastero. Nicodemo diventa popolarissimo e amato da tutti. Dove passa lui la pace e la giustizia trionfano. Egli dà consigli, aiuta i poveri, guarisce le malattie, protegge gli oppressi. Tanti sono i miracoli da lui compiuti.

Secondo una leggenda, durante un’incursione dei Saraceni, l’eremita scappa nel bosco assieme a donne, bambini e vecchi. Quando vengono accerchiati la disperazione ha il sopravvento. Il monaco prega Gesù assieme agli sventurati. All’improvviso i Saraceni cominciano a litigare perché si contendono una ragazza e si uccidono a vicenda. Per i profughi guidati dal santo è la salvezza. Una volta Nicodemo chiede a Mastro Giusi, un commerciante, di regalargli un pentolino di terracotta indicandoglielo con la mano. Ma questi è molto avaro ed egoista e glielo nega trattandolo male. Subito dopo, padrone e asinello carico di pentole di terracotta, finiscono in un burrone, ma rimangono illesi. Anche il carico è salvo. Solo il pentolino chiesto dal monaco si rompe. Mastro Giusi chiede perdono al monaco e capisce che la virtù più grande è la carità. Nonostante l’asprezza della vita trascorsa e il fisico giudicato gracile, Nicodemo supera i 90 anni (un record per quei tempi) e nel 990 muore a Mammola.

 

* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”

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