L’insostenibilità dell’ateismo alla luce della ragione

di Daniele Trabucco

DALL’ESSERE A DIO

Il grande filosofo e teologo domenicano, san Tommaso d’Aquino (1225-1274), sostiene che ogni ente sia composto dall’essenza o “quidditas” (intesa come insieme di materia e forma), ossia ció che rende quell’ente quello é (negarlo, come fanno gli antiessenzialisti, significa non riconoscere che ogni ente abbia una sua propria natura), e dall’atto d’essere o “actus essendi” che, come insegna Cornelio Fabro (1911–1995), costituisce la perfezione di ogni atto ovvero il fondamento metafisico dell’esistenza che ne é l’espressione o meglio la manifestazione esteriore (Fontana). Ora, con un ragionamento rigorosamente razionale, il “Dottor Angelico” dimostra come ogni ente, non essendo l’essere ma avendo l’essere, non puó che riceverlo da Dio. Infatti, prosegue Tommaso riprendendo la lezione di Aristotele (384 a.C.–322 a.C.), non é possibile risalire indietro all’infinito. Per questo motivo, dunque, é necessario ammettere che esista un ente, Dio, che é l’essere per essenza (c.d. “Ens ipsum subsistens”. Cfr. Es 3,14). Perché, allora, l’ateismo é una posizione non sostenibile alla luce della ragione contemplativa? Perché se la causa (finale) “motrice e produttrice” non é in atto, non solo non ci sarebbe movimento ma neppure partecipazione dell’essere, dal momento che “la potenza di passare all’atto puó anche non passare all’atto”. Ecco perché, scrive Aristotele nella “Metafisica”, “è indispensabile che ci sia un principio tale che la sua stessa sostanza sia atto”.

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