I falsi miti del costituzionalismo

di Daniele Trabucco

STATO DI NATURA E STATO DI SOCIETÁ: LA LEZIONE DI JOSEPH DE MAISTRE

L’invenzione di una natura diversa dalla società è un prodotto del pensiero filosofico moderno a partire da Thomas Hobbes (1588-1679). É, infatti, con l’autore del «Levitano» del 1651 che la dottrina della legge naturale (non intesa in senso classico) è divenuta essenzialmente una dottrina dello stato di natura in cui vige il «bellum omnium contra omnes», ossia la guerra di tutti contro tutti.

A Joseph De Maistre (1753-1821), suddito e diplomatico del Regno di Sardegna tra i più importante filosofi reazionari del periodo post-rivoluzionario, non interessa sapere se questo stato di natura, anteriore alla società organizzata, vada inteso in senso cronologico o teorico: per il savoiardo lo stato di natura, sulla scia dell’insegnamento aristotelico, è la vita all’interno di una società sana e non la vita anteriore alla società civile. Pertanto, nella sua riflessione, c’è una perfetta identificazione tra stato di natura e stato di società (Fisichella).

In questo modo, De Maistre non solo respinge le teorie contrattualistiche nelle loro differenti declinazioni, ma anche l’individualismo che del contrattualismo ne è il presupposto. L’uomo, allora, lungi dal poter disporre tutto in prima persona e, dunque, dal poter compiere quell’atto supremo che è la «creazione di una società», è chiamato ad ordinare «le vedute dell’artefice» (Dio).

Siamo, come si può facilmente intuire, ben lontani dall’affermazione dell’esistenza di diritti naturali individuali e pluralizzati i quali si storicizzano nelle dichiarazioni costituzionali rientrando in questo modo nella disponibilità del legislatore. Rispetto, dunque, alla dottrina moderna dei diritti, il pensiero maistrano, conformemente al giusnaturalismo antico e medioevale, insiste sui doveri dell’uomo indirizzati, grazie all’opera di colui che «ha cura della comunità» (per utilizzare un’espressione tomista), al bene comune concepito non come la somma dei beni singoli, bensì come il bene dell’uomo in quanto sostanza individuale razionale che non può mai essere oggetto né di mandato, né di rappresentanza politica.

Questo non significa negare l’esistenza dei diritti, ma riconoscere che questi derivano dai doveri e non dalla «funzione dinamizzante» degli ordinamenti mediante le tecniche di bilanciamento. Una riflessione forte, originale, che dovrebbe aiutarci a riflettere seriamente sui falsi miti del costituzionalismo.

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