Ecco perché è sbagliato non votare alle Europee

di Pietro Licciardi

CHI PENSA DI NON VOTARE* HA SICURAMENTE TORTO, NONOSTANTE PENSI DI AVERE BUONE RAGIONI PER ANDARE AL MARE

A Giugno si vota per il rinnovo del Parlamento europeo e se anche in questi anni dall’Europa sono arrivate quasi esclusivamente indicazioni contrarie a vita e famiglia è tuttavia utile votare nonostante possa sembrare inutile. E occorre farlo usando soprattutto l’arma della preferenza; senza farsi illusioni, né pensare che la politica sì faccia solo nei Parlamenti, ma senza neppure lasciarsi vincere dal disfattismo di chi ritiene, non senza ragione, che è meglio restare a casa o a godersi il sole in spiaggia.

L’Unione Europea si è dimostrata incapace di tenere fede alla visione dei suoi padri fondatori, che erano in buona parte cattolici. Si dice spesso che l’Europa unita è nata per scongiurare il pericolo di guerre che ripetessero le devastazioni della Prima e della Seconda guerra mondiale e che, in questo senso, ha raggiunto il suo scopo. Anche su questo l’Europa ha fallito, non solo nel 1998, in occasione del sanguinoso conflitto in Kossovo, a due passi dalla nostra frontiera orientale, ma anche nel 2022, in occasione della guerra russo-ucraina, nonostante dal 2014 le rispettive milizie si combattessero nel Dombass lasciando facilmente presagire una escalation.

Purtroppo abbiamo anche toccato con mano che l’Unione europea – a causa dell’attuale maggioranza di sinistra – è rimasta uno spazio principalmente finanziario, in cui oltretutto a tirare le fila sono oligarchie globaliste e antipopolari che della vita, delle culture, delle legittime aspirazioni degli europei se ne infischiano, mentre le istituzioni europee non si limitano a dare indicazioni di carattere economico, ma sempre di più si arrogano il diritto d’intervenire negli affari interni degli Stati fornendo indicazioni, non vincolanti ma pericolose, su materie come l’educazione, l’aborto e l’ideologia omosessualista e gender

Si comprende dunque perché molti elettori europei preferiscano non andare a votare. Ma chi pensa di non votare pur mettendo insieme, almeno dal suo punto di vista, tante buone ragioni finisce per avere torto. Perché se i “buoni” non votano, al Parlamento europeo si moltiplicano i “cattivi”, ed è inutile poi protestare se l’Europa ci rende la vita più povera e difficile.

 Conviene dunque votare, e votare dimenticando la politica italiana. A Giugno non si terrà un sondaggio sulla Meloni e la sua coalizione di governo ma abbiamo l’opportunità di cominciare a far cambiare rotta ad una Europa che fino ad oggi ha pedissequamente subito le ideologiche linee del gruppo ancora maggioritario in Parlamento: il gruppo socialista, cui aderiscono il Partito Democratico italiano e le altre liste della nostra sinistra. Questo anche perché è sempre stato il gruppo meglio organizzato e con la migliore disciplina interna; vero motore delle iniziative contro vita, famiglia e delle politiche “verdi”, che di verde hanno ormai ben poco ma che stanno gravando pesantemente le nostre già impoverite tasche.

E’ pur vero che su certe questioni etiche i Popolari e i Conservatori europei non si sono mossi in maniera unanime ma in Italia e ancor più negli altri Paesi dell’Unione i partiti di centrodestra in questi anni hanno mostrato di porre una maggiore attenzione a ciò che ai cattolici sta più a cuore e anche sull’agenda ambientalista, costatati i pesanti costi sociali ed economici, cresce l’opposizione.

Detto questo dovrebbe essere evidente che gli schieramenti non sono “tutti uguali” e scegliere di votare partiti, ma soprattutto buoni candidati, di centrodestra serve a rafforzare le tendenze positive che si stanno palesando, anche grazie all’apporto dei deputati provenienti dai paesi dell’Est Europa, che hanno vissuto sulla loro pelle lo scempio di certe ideologie.

* Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2240

“La sottomissione all’autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l’esigenza morale del versamento delle imposte, dell’esercizio del diritto di voto, della difesa del paese”.

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”Non compro niente, grazie”