Guardando alla Trasfigurazione di Gesú
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LA TRASFIGURAZIONE È UNA LEZIONE DI STORIA, DI TEOLOGIA, DI VITA
Il libro dell’Apocalisse, l’último libro della Bíbbia, si apre con la visione che san Giovanni evangelista fa, in giorno di Doménica, sull’ísola di Patmos, di tutta la stòria alla luce di Gesú Cristo. Questi si fa vedere come presenza di tutta la stòria, nella sua maestà divina e nella sua umiltà di Agnello, e Giovanni ne resta tramortito, tanto che Gesú stesso lo rassicura e riànima con queste parole: «Non temere! Io sono il Primo e l’Último e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli ínferi» (Ap 1, v.18). Queste parole dícono con chiarezza tutto il mistero di Dio, dopo l’evento della Pasqua, cosí come la Trasfigurazione, che oggi il Vangelo di san Luca ci presenta, dice tutto il mistero di Dio prima della Pasqua. Stiamo dunque attenti a non farci scappare nessún particolare.
Tutto quello che Gesú ha fatto nella sua vita terrena è da una parte ricapitolare la presenza di Dio nella stòria precedente all’Incarnazione del Fíglio, e, dall’altra, anticipazione della glòria futura nel regno dei cieli. Questo vuol dire che, osservando Gesú in tutto ciò che ha fatto e detto, ci è rivelato il senso della stòria e il senso della vita: diventa chiaro cioè che Dio si è sempre preso cura di noi, anche quando non ne conoscevamo il volto; e poi, quando si è fatto conóscere in Gesú, «l’Eletto» (Lc 9, v.35), ci ha dato tutto in Lui, persino quella glòria che è sua pròpria. Tutto questo è sinteticamente contenuto nella Trasfigurazione di Gesú, un fatto strabiliante che ipnotizza Pietro, Giovanni e Giàcomo, che ne sono spettatori.
Si avvicina, infatti, il tempo della Passione, crocifissione e morte di Gesú, cioè la sua Pasqua, e Gesú sa bene che sarà sfigurato da ciò che si consumerà in quelle ore di dolore e di compimento; pertanto si preòccupa di prèndere con sé i tre apòstoli che dovranno aiutare gli altri apòstoli a superare lo scàndalo della croce (Pietro, Giovanni e Giàcomo), e rende accessíbile e comprensíbile con un solo evento, tutto quello è successo e succederà attorno a Lui a vantàggio dell’uomo. La Trasfigurazione è dunque questo: lezione di stòria, di teològia, di vita, che serve a rivelare quello che l’uomo da solo non ha capacità di conóscere o di ricapitolare. È anticipazione della Risurrezione, che è il fine e l’oltre del dolore di Cristo e di ogni dolore. È la speranza che muove la vita di ogni credente. Guardando alla Trasfigurazione di Gesú si capisce bene anche tutta la teologia di san Pàolo, il quale dirà ai Colossesi: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidàtami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola, cioè il mistero nascosto da sècoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi, ai quali Dio volle far conóscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della glòria» (Col 1, 24-27). Quindi, oggi, cari fratelli e sorelle, anche noi saliamo sul Tabor con Pietro, Giovanni e Giàcomo; anche noi siamo spettatori come loro di questa grandiosa verità stòrica, teològica ed esistenziale: Cristo Nostra Pasqua è con noi da sempre; in Mosè e in Elia è prefigurato e profetato (Ricordiamo che Mosè è colui che ha guidato il pòpolo di Dio nel suo èsodo dalla schiavitú dell’Egitto alla Terra promessa, mentre Elia è colui che, in modo straordinàrio, su un carro di fuoco, ha compiuto il suo èsodo da questa vita alla vita futura). Cristo nostra Pasqua ci accompagna fino al monte della salvezza e ci immerge nel mistero che altrimenti ci resterebbe sconosciuto; e in questo mistero conosciuto dai santi, ci trasfigurerà gradualmente ad immàgine sua, se lo ascolteremo come ci chiede il Padre. Ce lo diceva il Vangelo: «Venne una nube e li coprí con la sua ombra. All’entrare nella nube, èbbero paura. E dalla nube uscí una voce, che diceva: “Questi è il Fíglio mio, l’eletto; ascoltàtelo!”» (Lc 9, 34-35). Ce lo dice san Pàolo: «Fratelli, la nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesú Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, v.20). Anche noi, e ciò vuol dire la Chiesa, potremo èssere nel corso della vita e della stòria sfigurati dal peccato e condotti sul Calvàrio, ma se terremo presente l’insegnamento del Tabor, non perderemo né la fede, né la speranza, né la carità; saremo lúcidi nel valutare la stòria; saremo belli di quella bellezza e sperenza che dà solo la preghiera perseverante; non perderemo tempo in chiàcchiere e in accuse a Dio, perché non ci offre il mistero come zúcchero filato o salatini. Dio ci presenta il mistero della vita, unitamente al suo mistero, che è ben compreso nella Chiesa: Pietro, Giovanni e Giàcomo sono negli eventi piú importanti di Gesú i tre testimoni che rappresèntano i tria múnera che ogni véscovo e sacerdote ha per nutrire i fedeli e portare la salvezza di Cristo: il munus regendi, cioè la funzione di governare, è rappresentato da Pietro; il munus docendi, cioè la funzione di insegnare, è rappresentato da Giovanni; il munus sanctificandi, cioè la funzione di santificare con i sacramenti presenti nell’Istituzione Chiesa, è rappresentato da Giàcomo. A noi tocca il dovere di restare inseriti in questo contesto di gràzia e pregare, perché è la preghiera che ci salva dall’incomprensione, dalla bruttezza, e dalla disperazione.
II Quarésima anno C,
16 Marzo 2025
Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17- 4,1; Lc 9,28-36
*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana