Il liberalismo è “liberale”?

Il liberalismo è “liberale”?

di Antonio de Felip

“LA NUOVA OPPRESSIONE È DI MARCA LIBERALE”

Abbiamo visto tutti cosa è successo in Romania: un outsider di destra, Calin Georgescu, non afflitto come altri da isterica russofobia, ha vinto le elezioni. La Corte Costituzionale romena, su ordine degli EU-oligarchi di Bruxelles, ha prima disposto l’annullamento della consultazione popolare, per presunte “interferenze” russe via TikTok.

Di fronte alle proteste della piazza il regime “liberale” ha fatto arrestare Georgescu e, con provvedimento amministrativo gli ha ordinato di non parlare con i media né sui social. Infine, con un altro provvedimento amministrativo confermato dalla Corte Costituzionale, lo ha escluso dalle prossime elezioni. Le accuse? Tentativo di colpo di stato, l’immancabile accusa di fascismo, che in Romania si declina nel Legionarismo di Corneliu Zelea Codreanu e frodi nei finanziamenti elettorali. Che valore avranno quelle elezioni, visto che al vincitore delle precedenti è stato vietato di parteciparvi?

La maligna soddisfazione dell’unione europoide per l’annullamento delle elezioni a causa del risultato sgradito è stata ben espressa dall’ex Commissario UE Thierry Breton che non solo ha confermato, inorgoglito, le pressioni dell’EU ma (eravamo alla vigilia delle elezioni tedesche) aveva minacciato il ripetersi di una simile iniziativa: “l’abbiamo fatto in Romania e ovviamente dovremo farlo in Germania, se necessario…”.

L’accenno era riferito alla possibilità di un trionfo dei “cattivi” dell’AfD, poi verificatosi, ma “sterilizzato” da una Große Koalition composta dai democristiani e dai socialisti che riusciranno a mettere insieme una striminzita maggioranza. Da rilevare che i “vincitori” democristiani, che comunque hanno perso voti rispetto alle precedenti consultazioni, alleandosi con i socialisti tradiscono il loro elettorato che li aveva votati credendo alle promesse di una severa regolamentazione dell’immigrazione e più immediate espulsioni dei clandestini criminali, promesse che non potranno essere rispettate nell’eventualità di un’alleanza con i socialisti.

Ci ricorda Boni Castellane su LaVerità: “Friedrich Merz, il giorno dopo le elezioni ammette con un certo orgoglio di aver promesso politiche di remigrazione solamente per vincere le elezioni.”

L’etica liberaldemocratica è quella della menzogna; e comunque sono sempre gli stessi, questi democristiani, ovunque si trovino: pescano voti a destra per poi “spenderli” a sinistra.

Il disprezzo per la volontà degli elettori, ad esempio sul tema dell’invasione dei clandestini che vede contraria una grande maggioranza delle opinioni pubbliche europee, è stato evidente da parte delle élite euro-atlantiste non solo in Germania, ma anche in Austria e in Francia.

In Austria, socialisti, democristiani e liberali fanno un governo solo per impedire alla FPÖ, definita “di estrema destra” (sono tutti di “estrema destra” i partiti a loro sgraditi) di governare, come sarebbe giusto poiché hanno vinto, anzi, stravinto le elezioni. In Francia, al secondo turno delle elezioni si è vista un’inedita e innaturale alleanza, che andava dai gollisti all’estrema sinistra e questo solo per impedire al Rassemblement National di Marine Le Pen di conquistare la maggioranza dei seggi. Eppure è azzardato definire ancora “di estrema destra” il RN: la Le Pen ha da anni tradito l’eredità politica del padre Jean-Marie, posizionandosi a favore dell’aborto, del fronte antifascista (il suo pupillo Bardella ha rinunciato a intervenire alla convention dei conservatori in USA per protesta contro un presunto saluto romano di Steve Bannon), del guerrafondaio bellicismo russofobico.

In realtà, la negazione non solo della volontà popolare, ma anche dei più elementari diritti di libertà di pensiero, di parola, di manifestazione, di culto sta diventando la norma in tutta l’Europa soi disant “liberaldemocratica”. Ogni giorno compaiono nuovi, inquietanti segnali di una dittatura liberal ispirata al wokismo, all’immigrazionismo, all’antifascismo più becero, al genderismo, al trans-omosessualismo, all’odio anticattolico, alla negazione della realtà naturale e delle sue leggi.

In Gran Bretagna tre bambine bianche vengono uccise a coltellate da un figlio di immigrati di origine ruandese. Gli inglesi, esasperati, insorgono nelle piazze contro l’immigrazione e gli invasori violenti e assassini, ma la repressione del regime socialista contro di loro (“sono razzisti”) è durissima: migliaia di arresti e di incriminazioni, non solo contro i manifestanti nelle strade, ma anche contro chi protesta sul web. Basta un like a un post anti-immigrati per finire in galera. E in galera si finisce anche se si prega nelle vicinanze degli abortifici, vere “cliniche della morte”, persino se si prega al chiuso delle case private, denunciati dai vicini. Un esponente politico di destra, Tommy Robinson, è da anni in galera per le sue opinioni e le sue proteste (Elon Musk ne ha chiesto la liberazione). Docenti che si rifiutano di riconoscere la cosiddetta “transizione di genere” e continuano ad usare pronomi relativi al “sesso d’origine” sono rinchiusi per mesi in prigioni. La creatrice di Harry Potter, JK Rawlings, ha denunciato che in Scozia una frase come “un uomo è un uomo e una donna una donna” può essere considerata un reato e costare multe e la prigione.

In Francia sono decine le chiese bruciate da satanisti, islamici, laicisti, comunisti uniti dall’odio anticattolico. In compenso il regime “liberale” di Macron mette sistematicamente fuori legge ogni tentativo di resistenza al regime ultra-laico (vedi l’aborto come “diritto” costituzionale) e immigrazionista: disciolti per legge Génération Identitaire, Civitas, persino un centro studi cattolico come Academia Christiana. Il comune di Beaucaire, cittadina francese di 16 mila anime, è stato condannato, su denuncia della Lega dei Diritti dell’uomo, una delle tante associazioni giacobine dedita all’aggressione dei cattolici e alla difesa dell’immigrazione, a pagare ben 120.000 euri di sanzione per aver commesso la colpa di aver allestito nei suoi locali un temibilissimo Presepe.

In Germania è continua, nonostante i suoi successi elettorali, la persecuzione politico-giudiziaria contro AfD, costantemente minacciata di scioglimento perché “anticostituzionale”. Per impedire che ciò avvenisse con il suo movimento giovanile, AfD è stata costretta a scioglierlo. Chiusi per decreto del Ministro degli Interni il settimanale e il canale tv Compact, poi riaperto grazie alla sentenza di un tribunale. L’ultima genialata dell’uscente Scholz è stata quella di istituire sportelli per “curare” le “persone vittime del pensiero cospirazionista”. I familiari dei “malati” sono invitati alla delazione, per avviare i poveretti che, ad esempio, sono convinti il Word Economic Forum abbia un’influenza nefasta sulle nostre vite, alla “rieducazione”.

Un altro esempio, non riportato dalla stampa mainstream: la Bosnia-Erzegovina, costituita da una innaturale federazione musulmano-croata e da una Republika Srpska che riunisce la maggioritaria etnia serba, è il risultato della guerra civile fomentata dall’occidente ed è stata creata per umiliare i serbi di Bosnia e impedire loro di riunirsi, come da decenni aspirano, alla naturale madrepatria: la Serbia.

Pochi sanno che è sostanzialmente un “governatorato” dell’Unione Europea: a capo dell’entità, sulla base degli accordi di Dayton imposti ai serbi, vi è un Office of the High Representative, un Rappresentante speciale dell’Unione Europea, con amplissimi poteri, compresa l’imposizione di provvedimenti legislativi nei confronti delle due entità semistatuali che compongono la Bosnia-Erzegovina. Poteri che i Gauleiter di Bruxelles hanno sempre esercitato in funzione antiserba. Ora accade che il presidente – eletto con regolari elezioni – della Republika Srpska, Milorad Dodik, assai critico nei confronti della UE e della NATO, si sia rifiutato di applicare alcuni diktat dell’Alto Rappresentante contrari agli interessi dei serbi e immediata è stata la reazione del potere occupante: dopo un rapidissimo processo (definito “una farsa” dal difensore), Dodik è stato condannato a un anno di carcere e dall’interdizione a ricoprire cariche pubbliche per sei anni. Il Presidente della entità serba, che si è rifiutato di riconoscere l’autorità del tribunale e la sentenza, ha ricevuto la solidarietà di Orban e anche quella di Rudy Giuliani che, a sorpresa, ha partecipato a una manifestazione in favore di Dudik a Banja Luka, capitale della Republika Srpska. Come in Romania, ma anche in Moldavia, gli euro-atlantici trovano spesso il modo di impedire ai vincitori delle consultazioni elettorali di governare, se a loro sgraditi.

Allora chiediamoci: ma i cosiddetti liberal-democratici, intesi estensivamente come “campo largo” che va dai conservatori moderati alla sinistra, sono effettivamente “liberali”, sono effettivamente “democratici”? In sintesi, il liberalismo è “liberale”? Dagli esempi che abbiamo sottomano, diremmo, senza alcun dubbio, di no. Oltre al resto, se perdono le elezioni e non riescono ad annullarle, costoro insultano gli elettori.

Prendiamo qualche caso degli ultimi anni: la vittoria della Brexit nel referendum in Gran Bretagna, ad esempio, ha scatenato attacchi di bile nei liberal europoidi: Beppe Severgnini ha definito gli elettori britannici: “little Englander”, “nonni”, “decrepita alleanza”, “cittadini meno istruiti”, “nostalgici”. Per Alain Minc, si è trattato della vittoria “delle persone poco formate su quelle istruite”, l’ex sessantottardo Daniel Cohn-Bendit si è svelato sbraitando: “Ora basta con il popolo”. Paradigmatico Achille Ochetto: “Il popolo, senza mediazioni, è una brutta bestia”.

Più vicino a noi, prendiamo l’infame sospensione delle libertà durante il maledetto periodo del Covid. Coloro che osarono criticare lo “stato di eccezione” istituito con decreti amministrativi o addirittura coloro che rifiutarono il nuovo Graal, cioè il vaccino, non soltanto vennero perseguitati in vario modo (impossibilità di una vita normale, perdita del posto di lavoro e così via) ma molti intellettuali “liberali” si scatenarono per togliere loro il diritto alla parola, se non addirittura alla vita. Qualche esempio: “occorre richiamare in servizio Bava Beccaris e dare piombo a questi terroristi”, Giuliano Cazzola, giornalista. “C’è chi lavora contro i vaccini, quelli dovranno essere zittiti, non bisognerà nemmeno dargli il diritto di parola”, Andrea Romano del Partito Democratico. Raffinatissimo nel suo stile l’invito a una oligarchica censura di Mario Monti: “trovare delle modalità meno democratiche dell’informazione che dovrebbe essere dosata dall’alto”.

Si tratta allora di un tradimento dei valori originali del liberalismo? Proviamo dunque a risalire al pensiero dei “padri nobili” del liberalismo e dell’ideale di tolleranza. Prendiamo John Locke, filosofo empirista e pre-illuminista, fautore di quella cosiddetta “Glorious Revolution” del 1689 che con la violenza delle armi cacciò il legittimo sovrano d’Inghilterra, Giacomo II Stuart, che si proponeva di ristabilire la fede cattolica in Inghilterra e di far cessare le persecuzioni iniziate con lo scisma anglicano, per sostituirlo con l’usurpatore straniero, e protestante, Guglielmo III.

Inaugurando una serie storica di falsificazioni liberali del termine “tolleranza”, la nuova “monarchia liberale e parlamentare” emise un Toleration Act che diede libertà a tutte le sette protestanti, ma non ai cattolici contro i quali continuarono le persecuzioni e le discriminazioni (furono migliaia i martiri che non vollero rinnegare la fedeltà alla Chiesa uccisi dagli anglicani), iniziate con Enrico VIII e terminate, in parte, solo nel 1830. John Locke, che nella vulgata democratica viene esaltato come “padre del liberalismo” e “alfiere della tolleranza”, nel 1685 aveva pubblicato uno scritto: A Letter Concerning Toleration, in cui esaltava sì la tolleranza, ma da questa escludeva esplicitamente i cattolici. Scriveva infatti: “i papisti non devono godere i benefici della tolleranza.”

Quella di una “tolleranza intollerante” sembra essere quindi essere la cifra degli illuministi. A Voltaire si attribuisce la famigerata frase “Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo”. E’ un falso, perché questo mieloso concentrato di bolsaggine è opera di una oscura scrittrice britannica, ma ormai la frase riempie la bocca dei semi-colti e colora gradevolmente la figura di François-Marie Arouet, detto Voltaire, il quale scrisse anche lui un Trattato sulla tolleranza, ma per attaccare con violenza il cattolicesimo: la religione “senza dubbio la più ridicola, la più assurda e la più assetata di sangue mai venuta a infettare il mondo”. E’ ben noto il suo “tollerante” appello: “écrasez l’infâme”, cioè la Chiesa Cattolica; e il suo sanguinario invito venne entusiasticamente accolto dai suoi seguaci rivoluzionari.

E’ al “proto-liberale” Saint-Just che viene attribuita una delle frasi simbolo della “liberale” (perché così rivendicata) Rivoluzione Francese: “Pas de liberté pour les ennemis de la liberté”. Ovviamente, allora come oggi, sono sempre “loro” a decidere chi sia il nemico della libertà.

Il legame tra il liberalismo repubblicano e la dittatura l’aveva compreso molto bene Juan Donoso Cortés, pensatore cattolico contro-rivoluzionario: “La Repubblica aveva detto di sé che veniva a portare nel mondo il dominio della libertà, dell’uguaglianza della fraternità. Ebbene, signori, cosa ha fatto dopo? In nome della libertà […] ha accettato la dittatura.” E che l’oppressione della verità, da parte dei liberali, avvenisse anche con il controllo della stampa fu ben chiaro pure a padre Luigi Taparelli d’Azeglio, gesuita che, forse proprio per la sciagura di avere un fratello come Massimo d’Azeglio, liberale e anticlericale, svelò la strategia liberticida dei liberali: quando “i liberali giungono al potere, tosto si affrettano a impadronirsi di tutti i mezzi per governare l’opinione, appunto perché sanno che chi vuole governare gli uomini deve governare l’opinione”.

E veniamo alla più recente icona del liberalismo del XX secolo, Karl Popper, filosofo viennese, da molti citato e da pochi letto, anche perché la sua opera principale, La società aperta e i suoi nemici è un tomo indigeribile di 500 pagine. E’ sua la codifica contemporanea del contraddittorio principio di intolleranza degli intolleranti da parte dei tolleranti: “Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti […] allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. Dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle [le filosofie intolleranti] se necessario anche con la forza. Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti”. Da notare il liberalissimo: “anche con la forza.” Ancora una volta rimane aperto il tema di chi sono gli intolleranti, su quali basi possono essere così definiti e chi ha il diritto di proclamarli tali.

La definizione di “Società aperta” ha avuto a tal punto successo che è diventata il nome della più potente associazione sovversiva dell’ora presente, quell’Open Society di George Soros, speculatore miliardario, finanziatore dell’invasione e della grande sostituzione dei popoli, dell’aborto, dell’eutanasia, dell’ideologia trans-omosessualista e genderista, delle rivoluzioni “colorate” nell’est Europa come il colpo di stato di Maidan in Ucraina del 2014 che estromise il legittimo presidente Viktor Janukovyč e instaurò un feroce regime russofobo che portò alla guerra.

Rimane la domanda, che a questo punto possiamo definire retorica: il liberalismo è “liberale”, è quell’ideale regime che garantisce tolleranza e libertà a tutti o è qualcosa che, pur nelle sue varie espressioni, nasconde un mostruoso sistema per opprimere, derubare e corrompere i popoli?

Un grande storico e intellettuale cattolico, Franco Cardini, in una recente intervista ha dichiarato: “La nuova oppressione è di marca liberale”. Lo sapevamo.

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