Il rischio della bellezza

Il rischio della bellezza

di Paolo Gulisano

PER UNA LETTURA DI BRUCE MARSHALL

Bruce Marshall (1899-1987) è stato uno dei più interessanti narratori del Novecento:  una penna brillante, uno stile degno della migliore tradizione umoristica britannica, ma allo stesso tempo un coraggioso apologeta della fede cristiana cattolica dal talento non indifferente. Nato a Edimburgo, in Scozia, nel 1899, morì in Francia nel 1987, dopo aver trascorso buona parte della sua vita nell’Europa continentale dove ottenne un successo di critica e pubblico decisamente superiore a quello avuto in patria. Il suo destino di uomo, oltre che di scrittore, fu segnato dalla conversione al cattolicesimo, avvenuta nel 1917, quando aveva solo diciotto anni. Marshall era nato e cresciuto in una Scozia da secoli rigidamente calvinista, dove la Chiesa cattolica era stata a lungo perseguitata, con i suoi sovrani (Maria Stuarda o il Bonnie Prince Charlie) uccisi o cacciati in esilio, e ridotta a una esigua minoranza socialmente discriminata e culturalmente disprezzata.

Fu questa comunità che accolse il diciottenne Marshall, studente di college che si era imbattuto nel cattolicesimo – di cui la maggior parte dei suoi connazionali diffidava profondamente, come di una realtà “aliena” – attraverso la lettura delle opere del cardinale americano James Gibbons e di John Henry Newman. Marshall scoprì che nulla era più ragionevole della fede cattolica. Nello stesso tempo il giovane Bruce venne precipitato nell’inferno delle trincee francesi della prima guerra mondiale, un’esperienza drammatica che lo segnò spiritualmente e consolidò la sua decisione di diventare cattolico. Nel 1918 sei giorni prima dell’armistizio fu ferito, e gli fu amputata una gamba. Congedato come invalido nel 1920, riprese gli studi e successivamente si impiegò come revisore dei conti per una società che lo inviò in Francia, dove visse per diversi anni, insieme alla moglie che aveva sposato nel 1928. La sua ottima conoscenza del francese fece sì che durante la seconda guerra mondiale collaborasse con l’Intelligence britannica in supporto alla Resistenza francese. Negli anni che precedettero la guerra fa il suo esordio nel campo narrativo con un’opera che seppe mirabilmente coniugare l’umorismo british con un’apologetica letteraria tanto frizzante quanto profonda e commovente:  Il miracolo di padre Malachia. Protagonista della storia è un umile benedettino scozzese, proveniente dalle Highlands, dietro la cui figura c’è tutta la povera Scozia cattolica, perseguitata, disprezzata, ma certa e fiera della propria appartenenza alla Chiesa di Cristo.

In Italia Marshall ebbe un grande successo negli anni ’50 e ’60 vendendo oltre 2 milioni di copie. Nonostante la sua popolarità, finora non era mai stata pubblicata una sua biografia o uno studio critico sulle sue opere. Vi provvede ora un brillante saggista, Andrea Rega, con un volume molto particolare, Il rischio della bellezza (D’Ettoris editore,  pag 152 euro 17)

Il volume, dopo una breve parte biografica, attinge alle pagine letterarie di Bruce Marshall per costruire un discorso sulla bellezza che diviene, nel congiungersi con la virtù, manifestazione dell’integrità del corpo. Un traguardo arduo da perseguire: molte le minacce che intimidiscono il completo fiorire dell’essere persona. La modernità, letta già profeticamente da Marshall nei suoi romanzi, è condizionata da una diffusa erotizzazione del quotidiano, che in una totale chiusura al trascendente riduce il corpo a una fonte di sollazzo e di guadagno. Nel fondo dell’interiorità, il legame con lo spirito è quasi dimenticato. Difficile, ai limiti dell’improbabile, destarsi da questo sogno ad occhi aperti che procede, dolcemente ovattato, verso l’incubo.

Andrea Rega, attingendo alle suggestioni di Marshall, propone la conversione, la metanoia come unica strada alternativa, partendo dalla realtà così com’è davvero, senza evitare di combattere i tanti mostri che sembrerebbero aver trovato un alloggio confortevole nel disordine delle nostre coscienze.

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