Conosciamo il Cardinale elettore Kurt Koch
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VIAGGIO NEL COLLEGIO CARDINALIZIO
Il Cardinale elettore Kurt Koch, Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, è nato a Emmenbrücke, diocesi di Basel, Basilea (Svizzera), il 15 marzo 1950. Figlio di un semplice operaio e di una casalinga, dopo le elementari nel paese natale, nel 1970 ha conseguito la maturità federale nella scuola cantonale di Lucerna. Quindi fino al 1975 ha studiato teologia cattolica nella Facoltà di Lucerna, con due anni di perfezionamento a Monaco di Baviera.
Di ecumenismo si è occupato fin da giovane. A dodici anni la lettura della Passione di Cristo lo «scuote e sconvolge» — confida — perché «i soldati romani non vogliono dividere la tunica di Gesù ma ci abbiamo pensato noi cristiani a lacerarla, separando l’unico corpo di Cristo». È la stagione del concilio Vaticano II, «grande evento nel solco della tradizione che vive». Poi, con gli studi, l’ecumenismo è entrato a far parte a pieno titolo anche del suo bagaglio teologico. Dopo la laurea a Lucerna, nel 1975 ha prestato per un anno servizio pastorale nella parrocchia di Sursee. Quindi, dal 1976 al 1978, ha lavorato al progetto di ricerca di studio presso la Commissione episcopale Iustitia et Pax, insieme al professor Franz Furger, sulla problematica della vita umana nella società odierna da un punto di vista di etico-cristiano. Dal 1979 al 1982 è stato assistente universitario nel campo della teologia sistematica alla Facoltà di teologia di Luzern (Lucerna).
Ordinato sacerdote il 20 giugno 1982, come primo incarico è stato vicario nella parrocchia di St. Marien a Berna fino al 1985. Contemporaneamente, per un semestre, è stato professore invitato di teologia fondamentale alla Facoltà cattolica di Friburgo. Nel 1987 ha conseguito il dottorato, sempre a Lucerna, con una tesi sul tema: «Il Dio della storia. La teologia della storia in Wolfhart Pannenberg come paradigma di una teologia filosofica nella prospettiva ecumenica». Intanto, dal 1982 al 1989, è stato anche docente di dogmatica e teologia morale all’Istituto catechetico della facoltà di Lucerna e docente di teologia fondamentale nel corso di teologia per i laici cattolici a Zurigo. Nel 1989 è divenuto professore di dogmatica e liturgia alla facoltà di Lucerna e professore di teologia ecumenica all’Istituto catechetico.
Il 6 dicembre 1995 Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo di Basilea, la più grande diocesi elvetica. Il 6 gennaio 1996 ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Ha scelto come motto Ut sit in omnibus Christus primatum tenens, «Affinché Cristo sia prima di tutte le cose», ispirato alla lettera di san Paolo ai Colossesi, per ricordare «con questa frase cristocentrica — spiega — il fondamento della Chiesa, ovvero il fatto che Cristo è il vero e proprio vescovo della sua Chiesa». Nel giugno 2004 ha poi accolto Papa Wojtyła a Berna, dove era stato organizzato un faccia a faccia coi giovani per «far ripartire l’evangelizzazione in Svizzera attraverso la trasmissione della fede», l’altra sua grande passione pastorale insieme all’ecumenismo.
A Basilea ha cercato innanzitutto di promuovere l’approfondimento della fede. A questo scopo ha dedicato, anche in vista dell’Anno santo del 2000, il progetto «vivere da battezzati», per riaffermare la dignità e la missione di ogni cristiano. Ha dato vita a un piano di sviluppo pastorale della diocesi per incoraggiare i credenti nelle loro responsabilità di testimoni, creando «spazi pastorali per coordinare meglio la cura delle anime nelle condizioni attuali».
Dal 1998 al 2006 è stato vice presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri e presidente dal 2007 al 2009.
Il 1° luglio 2010 Benedetto XVI lo ha nominato Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, con il titolo di arcivescovo. Ne era membro già dal 2002.
Il 19 febbraio 2014 Papa Francesco lo ha confermato Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Alla fine del mese di agosto del 2010 il Papa gli ha affidato il ruolo di relatore principale all’incontro dei suoi ex allievi — riuniti nel cosiddetto Ratzinger Schülerkreis — che si svolge a Castel Gandolfo, dove ha tenuto due conferenze sulla corretta interpretazione del concilio Vaticano II e sulla riforma liturgica. E il 16 ottobre lo ha nominato membro della Congregazione per la Dottrina della Fede.
È autore di numerose pubblicazioni. Tra queste, Dass alle eins seine. Ökumenische Perspektiven (Sankt Ulrich, Augsburg 2006); Dem Herrn gehört die Zeit. Meditationen zum Kirchenjahr (Bonifatius, Paderborn 2008) e Das Geheimnis des Senfkorns. Grundzüge des theologischen Denkens von Papst Benedikt XVI – Ratzinger-Studien. Band 3 (Pustet, Regensburg 2010).
Ha partecipato al conclave del marzo 2013 che ha eletto Papa Francesco.
Da Benedetto XVI è stato creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010, con il Titolo di Nostra Signora del Sacro Cuore, Diaconia elevata pro hac vice a Titolo presbiteriale (3 maggio 2021).
È membro dei Dicasteri: per la Dottrina della Fede; per le Chiese Orientali; delle Cause dei Santi; per i Vescovi; per il Dialogo Interreligioso.
Il cardinale svizzero è noto per il suo forte scetticismo nei confronti del cammino sinodale tedesco, mentre allo stesso tempo è considerato un uomo aperto a cambiamenti cauti.
Il cardinale è in grado di separare scrupolosamente le sue opinioni teologiche da ciò che il suo ufficio gli richiede. Lo ha dimostrato abbandonando completamente il suo precedente sostegno al fatto di rendere facoltativo il celibato sacerdotale, o persino la sua precedente difesa dell’ordinazione delle donne.
Koch per molti anni si è occupato essenzialmente di un solo argomento nel suo lavoro: l’ecumenismo. Certamente, è un argomento importante per il presente e il futuro della Chiesa, ma è solo una delle sfide ecclesiali. Il pensiero ecumenico di Koch è profondamente radicato nell’insegnamento del Concilio Vaticano II e nello sviluppo dell’ecumenismo post-conciliare, qualcosa che è stato sempre più criticato come vago, senza direzione e divergente dalla tradizione apostolica.
Koch, la cui responsabilità è stata quella di supervisionare la relazione della Chiesa con l’ebraismo, ha pienamente abbracciato l’approccio post-conciliare agli ebrei, che afferma che la Chiesa non ha una missione verso gli ebrei, ma dà invece priorità al dialogo. Tuttavia, il cardinale è stato occasionalmente disposto a sostenere il magistero perenne della Chiesa nel contesto dell’ecumenismo, criticando, ad esempio, le idee radicali sull’intercomunione provenienti dai circoli ecumenici. Koch sottolinea l’importanza della centralità dell’Eucaristia, ma non è un sostenitore della liturgia tradizionale, vedendola come un ostacolo all’unità.
Il suo background intellettuale teutonico è orientato verso la negoziazione e il compromesso, rendendolo una figura in qualche modo diplomatica e pragmatica. Come cardinale nella Curia romana, ha anche mostrato un sano conservatorismo.