Siria, dai torturatori ai tagliagole

Siria, dai torturatori ai tagliagole

di Pietro Licciardi

QUALE DESTINO DOPO ASSAD? INTERVISTA ALL’ANALISTA DI CAPUT MUNDI E BRIEFING ARIANNE GHERSI 

Arianne Ghersi è laureata in scienze internazionali diplomatiche, ha conseguito un master in religioni e mediazione culturale e un master in “antiterrorismo internazionale, ha fondato il blog Caput mundi ed è una delle firme del nuovo mensile di geopolitica e questioni militari Briefing.

Dottoressa Ghersi, a quanto pare adesso che quel cattivone di Assad è stato deposto i siriani sono passati dalla padella alla brace. E’ così?

«Direi piuttosto che i siriani sono passati dalle mani di sadici torturatori a quelle di sanguinari tagliagole. Questa purtroppo non è una cosa inaspettata, benché il governo della famiglia Assad non fosse particolarmente delicato e tollerante con gli oppositori. Rizzoli nel 2016 ha pubblicato un libro, intitolato La macchina della morte, in cui è riportata l’intervista a César, nome fittizio di un ex militare siriano che ha fotografato i cadaveri dei dissidenti dopo essere stati torturai e incarcerati nelle prigioni del regime. L’intento era di dare notizia ai familiari della fine che avevano fatto i loro congiunti scomparsi ma la cosa non è piaciuta al regime e César è dovuto scappare in cerca di asilo in Europa. Nell’ottobre del 2016 al Maxxi di Roma fu organizzata una mostra con una parte di queste fotografie, molto crude, che illustravano quello che avveniva nelle carceri ma si decise di soprassedere. Non capisco come nel 2025 ci siano persone che si indignano. Si può scegliere in maniera cruda di ignorare qualcosa ma non fingere di indignarsi dieci anni dopo».

Ci può parlare brevemente della famiglia Assad e di come gestivano il potere in Siria prima della caduta?

«Il governo della famiglia Assad nasce nel 1971 con la salita al potere di Hafez Assad, che era il massimo rappresentante siriano del partito Bath, che però rispetto al partito Bath presente in Iraq era molto filosovietico, sia per volontà del predecessore di Hafez, che era un militare, che per il suo governo. Egli creò un sistema misto, sia statale che privato che diede una grande linfa all’economia ma l’orbita restò sovietica. Altra cosa che contraddistinse Hafez fu l’abilità nella suddivisione delle cariche interne. Già durante la sua presidenza curò la suddivisione etnico-religiosa tra le figure chiave all’interno dello Stato per dare un contentino a tutte le istanze all’interno dell’apparato statale, ma affidando agli alawiti l’apparato militare. Il suo stesso clan di appartenenza, gli alawiti sciiti – considerati eretici dai sunniti – avevano quindi un saldo potere nello Stato. Quando Hafez morì in teoria avrebbe dovuto succedergli il figlio primogenito Bassell al-Assad che però nel 1994 rimase ucciso in un incidente d’auto e la scelta ricadde necessariamente su Bashar, il quale conservò l’impronta paterna. Il nuovo presidente siriano lo si può descrivere come un settario all’interno della Siria e prudente all’esterno e questo nonostante ci si aspettasse da Bashar una maggiore apertura e occidentalizzazione, in quanto ha studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto la moglie, anch’essa siriana, Asma ed entrambi hanno lavorato e vissuto in contesti occidentali. Altro personaggio degno di nota è Maher al-Assad, altro fratello di Bashar, che è sempre stato un importante militare siriano e si vocifera gestisse il traffico internazionale di Captagon, una anfetamina da cui proveniva buona parte delle entrate dello Stato. In un articolo pubblicato su Caput Mundi Fabio Bozzo definisce il governo di Assad, durato quarant’anni, come il miglior esempio di dittatura araba semi-laica di scuola nazionalsocialista».

Adesso quali sono le fazioni e i personaggi che hanno assunto il potere in Siria?

«Oggi al potere c’è Al-Jolani che fondò Hayat Tahrir al Sham (HTS) ma dobbiamo fare un passettino indietro, perché durante l’esordio dell’Isis forse abbiamo perso tutti i passaggi interni per la creazione di quello che sarebbe stato lo Stato islamico. Nel 2011, con le cosiddette primavere arabe, nasce Jabhat al Nusra che in qualche modo inizialmente raccoglieva le istanze di chi voleva la caduta di Assad ma si contraddistinse subito per una visione molto rigida, diventando la parte più radicale e violenta del futuro Isis. Nel 2013 Abu Bakr al-Baghdadi, famoso alle cronache quando tenne a Mosul il discorso della sua autoproclamazione e presentazione al mondo dell’Isis, si pose in contrapposizione con Al-Jolani perché chiese a lui e a tutta la fazione di Jabhat al Nusra di unirsi allo Stato islamico. La creazione dello Stato islamico però si divideva e allontanava dalla visione di Al Quaeda, la quale ha sempre avuto una idea di Jihad e diffusione dell’islam ovunque possibile; anche in terre lontane. Invece l’Isis voleva creare un apparato statale. Al Jolani dunque, con la sua parte di Jabhat al Nusra decise di non far parte delle fondamenta dello Stato islamico mentre un’altra parte si unì effettivamente ad al-Baghdadi. Nel 2016 Al Jolani decide di ribattezzare il suo pezzetto di Jabhat al Nusra in Jabhat Fatah al Sham ma dopo una ulteriore divisione e la presa di distanza anche da Al Qaeda crea Hayat Tahrir al Sham, e questi sono quelli che effettivamente oggi comandano in Siria. L’idea del Jihad internazionale viene abbandonata e ci si concentra principalmente su una soluzione interna. HTS, che è la sigla usata a livello internazionale, nel 2016 decide di rafforzare la zona di Idlib, sua roccaforte, in modo da avere una base operativa forte; cosa che forse lo Stato islamico non aveva fatto. Nel 2017 HTS crea una amministrazione civile, denominata Governo di salvezza nazionale. Ovviamente questo non era ben visto da Assad. Nel 2020 c’è una trasformazione ideologica fortissima, perché Al Jolani abbandona gli abiti militari e inizia a presentarsi con abiti civili, si impegna ad avere rapporti diplomatici con altri stati, in particolare con la Turchia, e tra il 2020 e il 2021 capiamo perfettamente come stesse preparando il terreno per quello che è effettivamente successo nel dicembre 2024».

Cosa ci possiamo aspettare sul piano interno? Si aprirà una stagione di ulteriore instabilità e massacri o si arriverà ad una pacificazione, sia pure forzata al termine di quelle che possono sembrare vendette nei confronti dei sostenitori del passato regime?

«Si vocifera in questi giorni che sia stata creata una bozza di Costituzione ma non mi piace parlare di cose che non sono certe. Un esempio che possiamo fare è la ricostituzione della polizia e da una eccezionale indagine fatta da Reuters emerge che subito dopo la caduta di Assad c’è stata una fase di scompiglio con la chiusura di molte caserme ma adesso si raccolgono nuove reclute alle quali però la prima domanda che viene fatta – come avveniva anche nel regime di Assad – è quale sia il loro credo religioso; ma adesso si va più a fondo nell’indagine e viene chiesto quali sono le guide spirituali di riferimento. Una domanda assolutamente non casuale, in quanto in base alla guida spirituale si può capire se il candidato poliziotto appartiene al gruppo alawita e quindi potenzialmente vicino al gruppo di Assad. Bisognerà capire se la domanda viene fatta per monitorare meglio i candidati, nella migliore delle ipotesi, o se è per escluderli. Altra cosa molto importante è che per la formazione della polizia, che avviene in modo frettoloso, in poche settimane, forse per la fretta di rimettere in piedi lo Stato, vengono impartite lezioni di sharia. Secondo le interviste fatte da Reuters ciò verrebbe giustificato dal fatto che ci sia bisogno di una distinzione tra il bene e il male e usare un principio religioso darebbe una forte morale. Però come è possibile insegnare la sharia e accettare la scelta religiosa, i cristiani e persone etno-religiosamente diverse?».

Quale pensa sarà il destino dei cristiani siriani? 

«Se Al Jolani vorrà proseguire con la sua molto arguta politica di pulizia dell’immagine, come ci piacerebbe definirla in Europa, sicuramente non attaccherà in maniera diretta e preponderante la comunità cristiana perché ne deriverebbe una immagine mediatica forte. Però sicuramente i cristiani in un paese dove probabilmente la Costituzione prenderà spunto dalla sharia e dove le forze di polizia vengono educate alla sharia posso immaginare che le istanze cristiane non saranno né prioritarie, né un riferimento per le politiche attive. Il rischio è di avere un brutto limbo in cui i cristiani non sono riconosciuti come perseguitati ma neppure ascoltati».

Gli Stati uniti, Israele e forse anche la Turchia hanno fatto la guerra a Bashar al Assad, probabilmente per liquidare un buon alleato della Russia. Secondo lei quale potrà essere il nuovo assetto dell’area? O ancora una volta un regime è stato rovesciato senza avere la più pallida idea di come rimpiazzarlo? Ovviamente ogni riferimento all’Iraq e all’Afghanistan è casuale.

«Secondo me la situazione è quasi più preoccupante che in Afghanistan; lo dico perché in Afghanistan abbiamo chiari segnali per individuare le criticità e sappiamo perfettamente che complice il Covid, il cambiamento dell’amministrazione americana, gli accordi di Doha, si sono inseriti una serie di fattori che hanno fatto sì i talebani spadroneggiassero e, diciamocelo, ci prendessero in giro. Invece quello che è avvenuto in Siria è ponderato da più tempo, come dimostrano le mosse di Al Jolani per migliorare la sua immagine, il quale evidentemente sapeva già di movimenti importanti. Un altro metro di paragone sono le mosse di Erdoğan, il quale aveva chiuso ogni canale di comunicazione con il presidente Assad riavvicinandosi in teoria solo negli ultimi mesi; dove riavvicinato significa aprire un dialogo e non intavolare qualcosa di concreto. Nel momento in cui si vocifera della imminente caduta di Assad, Erdoğan ha fatto una forte marcia indietro. Insomma quello che è avvenuto in Siria sembra un qualcosa preparato da tempo e proprio per questo la Turchia trae un vantaggio molto forte dal gruppo di Al Jolani e ricordiamoci che sono le stesse dinamiche che abbiamo visto durante il potere dell’Isis, in cui la Turchia è riuscita a prendere una piccola frazione di territorio appartenente alla Siria e inoltre è riuscita ad arricchirsi grazie al greggio, all’epoca venduto illegalmente, dall’Isis. La Turchia ha sempre avuto un ruolo attivo in tal senso».

La dottoressa Arianne Ghersi sul prossimo numero di Marzo di Briefing scrive un articolo proprio sulla Siria. Il numero zero della rivista è scaricabile gratuitamente da https://www.periodicobriefing.info/. Dove, sempre Ghersi, ha pubblicato un interessante articolo sull’attivismo turco nel Mediterraneo, Medio oriente e Balcani.  

QUI L’INTERVISTA INTEGRALE

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments