La Misericordia perdona tutto, ma chiede vita nuova

La Misericordia perdona tutto, ma chiede vita nuova

di Padre Giuseppe Agnello*

RIFLESSIONI SUL VANGELO DI OGGI

La giòia di èssere amati e la giòia del perdono sono il tema di questa Doménica, che ci offre uno sguardo approfondito sull’amore di Dio e sulla riconciliazione che Egli vuole darci. Il Salmo ci diceva: «Guardate a lui e sarete raggianti» (Sal 33 [34], v.6), e questo sguardo deve sempre èssere centrato anche su come Dio ama e sul perché perdona, di modo che la Misericòrdia sia il motivo della nostra giòia, non perché il perdono non mi chieda il cambiamento, ma perché la paternità di Dio, l’amore di Dio, la gràzia di Dio, e il suo perdono, sono piú grandi e abissali dei nostri peccati, della nostra sfidúcia, delle nostre idee. Conóscere il Padre e la sua misericòrdia, vuol dire contestualizzare la mia misèria e quella di tutti gli uòmini, per consegnarla e distrúggerla nel suo abbràccio e nella sua verità eterni, nel suo amore infinito. Conóscere il Padre e la sua misericòrdia, vuol dire non volérsene distaccare piú, e ritornare a casa, in famíglia; e qui, da questa casa e da questa famíglia, riscoprire il senso della vita e il senso del dovere. Conóscere il Padre e la sua misericòrdia, infine, vuol dire amare secondo il Modello e la Sorgente dell’Amore, non secondo le emozioni e le mode. San Pàolo, che tutto questo lo ha capito in quella immersione di luce e di amore che lo ha convertito a vita nuova, dice infatti: « Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vècchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 17-18).
Gesú dunque ci fa conóscere il Padre, ma sempre Lui ci riconcília con il Padre attraverso i suoi ministri, attraverso la predicazione che ci istruisce, attraverso la Confessione che ci fa arrivare il sàngue di Gesú, attraverso un sacramento dove si sperimenta quello che il figliòl pròdigo e anche il fíglio maggiore hanno sperimentato: l’amore immenso del Padre, sia quando abbràccia colui che ritorna a lui con cuore pentito; sia quando corregge, ma non può ancora assòlvere colui che invídia la sua bontà e vive in una quotidianità grígia, cupa, senza relazioni. Vediamo allora il sacramento della confessione sotto questa luce bíblica.
Anzitutto è un mezzo ordinàrio di perdono, non straordinàrio. Come ci perdona Dio, dopo il battésimo? In maniera ordinària, comune, púbblica e allo stesso tempo riservata, gràzie a questo sacramento di Misericòrdia.
La seconda caratterística è che la Confessione non può avvenire lontano dalla casa del Padre, se vogliamo tornare ad èssere figlî e vívere nella pace. Il fíglio minore che si fa dare l’eredità che gli spetta (cioè la vita, la libertà e le facoltà del pensiero, tutti doni del Padre!), dopo che ha sperperato tutto con le prostitute e nei vizî, nella solitúdine della pròpria riflessione ha capito il danno che si è fatto e ha un pentimento imperfetto che gli fa confessare il pròprio peccato “direttamente con Dio”, ma senza avércelo ancora di fronte. Non è a questo punto che avviene la svolta nella sua vita, perché il Vangelo ci dice che cosa succede dopo: «Si alzò e tornò da suo padre» (Lc 15, v.20). Avviene la decisione di non sentirsi autosufficienti, perché abbiamo avuto la prova di non èsserlo: siamo capaci di sbagliare, di peccare, di infangarci. La decisione di alzarsi e ritornare dipende dal ricordo di come si sta bene nella casa del Padre e a servízio del Padre, ma non ancora dal desidèrio di ritornare fíglio di una grande famíglia. Infatti ciò che dice il fíglio minore è: «Non son degno di èssere chiamato tuo fíglio». Il peccato, come vedete, non solo ci tòglie la dignità di figlî di Dio, ma ci fa crédere per inganno diabòlico di non potere recuperare questa dignità. Infatti il fíglio minore crede di potér ritornare in quella casa da servo, ma non da fíglio: «Tràttami come uno dei tuoi salariati». Non è cosí che ragiona Dio! Se tu ti alzi dal fango e vuoi cambiare strada e vita tornando al Padre, Egli ti ridà non solo quello che tu avevi lasciato (sé stesso, una casa e una famíglia), ma anche di piú di quello che ti aspetti (la festa del perdono e l’àbito di una vita rinnovata). Ecco com’è descritto nel Vangelo il risultato della confessione fatta a fàccia a fàccia: « Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito piú bello e fàteglielo indossare, mettétegli l’anello al dito e i sàndali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzàtelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio fíglio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciàrono a far festa». Quindi quando un morto, cioè un peccatore notòrio, dei peggiori, con peccati gravíssimi, ritorna con tutto il cuore a Dio, Dio non gli fa trovare una porta chiusa, una valanga di rimpròveri, una condanna all’inferno; ma piuttosto gli ridà ogni onore, dignità, e libertà, e fa fare festa a tutta la casa e a tutti i membri della casa. Se Caino avesse creduto nell’amore di Dio, oggi non sarebbe nell’inferno. Se Giuda avesse creduto al perdono di Dio, non sarebbe oggi nell’inferno. Se un assassino, pentito, si confessasse, Dio metterebbe a tacere il sàngue da lui versato e che grida vendetta, col sàngue di Gesú che è morto per i nostri peccati. Se un marito ha tradito la móglie piú e piú volte, ma capisce finalmente l’ingiustízia verso di lei e i suoi figlî, e si inginòcchia davanti a un ministro di Dio per ottenere misericòrdia, avrà senz’altro misericòrdia. Ovviamente il pensiero di questi penitenti deve èssere il ritorno al Padre per ottenere il perdono e una vita nuova; non il perdono, per ritornare al peccato e alla sòlita misèria. Disse infatti il Signore Gesú a Luisa Piccarreta, il 16 Settembre del 1921: «Se una persona si confessa e non mantiene i suoi propòsiti di non offèndermi, è una burla che mi fa…Oh quante burle mi fanno! Sono tante che sono stanco, spècie quando sotto il bene, méttono il veleno del male, oh come si prèndono gioco di me, come se io fossi il loro trastullo e il loro passatempo. Ma la mia giustízia presto o tardi si burlerà di loro col punirli severamente». Pensate un po’: Dio che è cosí misericordioso da perdonare tutti e tutto, non si làscia ingannare da chi non ha un sincero propòsito di non peccare piú e di emendarsi. E non si làscia ingannare nemmeno se ci presentiamo al mondo come buoni e sappiamo mascherare la nostra cattiva coscienza. Hitler era vegetariano e nel 1933 i nazionalsocialisti approvàrono una legge per protèggere gli animali dagli esperimenti, dalle torture e dai maltrattamenti. Anche oggi ci sono molti vegetariani e animalisti, e molti che àmano gli animali piú di Dio, piú dei figlî, piú del pròssimo. E per questa loro bontà non sèntono il bisogno di cercare Dio, di vívere da suoi familiari e in casa sua, di farsi pulire la coscienza dal suo sàngue e dal suo perdono. Hitler diceva: «bisogna èssere crudeli con la coscienza pulita», mentre coccolava il cane Blondi e mandava a morire nei forni crematorî ebrei e nemici dello Stato. Il Vangelo di oggi ci dice che bisogna èssere pentiti e ritornare nell’abbràccio di Dio, se vogliamo èssere perdonati. La coscienza pulita non ce la diamo da soli né ce la ridà l’amore per gli animali, ma ce la dà Dio stesso attraverso i suoi ministri. Per questo san Pàolo ci diceva nella seconda lettura: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciàtevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, v.20).

 

IV Doménica di Quarésima, Laetare!, anno C, 30 Marzo 2025. Gs 5, 9.10-12; Sal 33; 2 Cor 5, 17-21; Lc 15, 1-3. 11-32

*L’autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana

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