Riflessioni senza censure su una sentenza della Corte Costituzionale

Riflessioni senza censure su una sentenza della Corte Costituzionale

di Vincenzo Baldini

REGIONE CAMPANIA VS. CORTE COSTITUZIONALE

Con il comunicato del 9 aprile u.s., la Corte costituzionale ha ufficializzato la decisione d’incostituzionalità della l. r. della Campania n. 16/24 in relazione alla previsione di cui all’art. 1 che dopo aver statuito la non immediata rieleggibilità alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, si trovi nella condizione di avere già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha poi previsto che, «[a]i fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge».

Con tale ultimo inciso il legislatore campano -secondo la Corte- ha finito per rendere inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo sancito dalla l. n. 165/ 2004. Tanto comporta una violazione dell’art. 122, c.1, Cost.. Il divieto del terzo mandato consecutivo opera, secondo la Corte, “per tutte le Regioni ordinarie, dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale”.

Non è inopportuno, preliminarmente, evocare nell’essenziale il quadro normativo di riferimento: l’art. 122 c. 1 Cost. rimette la regolazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente della Giunta regionale e degli altri componenti della Giunta nonché dei consiglieri regionali alla disciplina della legge regionale “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica …”. Alla determinazione di tali limiti ha ottemperato la citata legge statale (n. 165/04) che tra l’altro ha incluso, tra le norme principio, quella della “non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale in materia (art. 2, lett. f): corsivo mio n.d.r.),”.

In conformità a tale disciplina di principio, la l.r. della Campania n. 16/24 ha previsto la non immediata rieleggibilità alla carica di Presidente della Giunta regionale di chi, allo scadere del secondo mandato, abbia già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, a tal fine facendosi decorrere la determinazione del computo dei mandati “da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge” (art. 1).

Pure con le cautele che accompagnano necessariamente un commento “a prima lettura” di una decisione solo comunicata, restando ancora sconosciute le motivazioni che saranno estese in sentenza, può senz’altro delinearsi, tra i crinali portanti della struttura motivazionale a sostegno dell’incostituzionalità, l’indefettibile correlazione funzionale rilevata dal giudice tra la norma di principio relativa alle modalità di computo del doppio mandato e la fisiologia del corretto processo democratico negli assetti di democrazia rappresentativa.

Quest’ultima include aspetti di ordine costituzionale distinti ma convergenti, come il rispetto dell’eguaglianza nella competizione per l’accesso alle cariche pubbliche di natura anche elettiva (artt.3, 51 Cost.), la libertà di coscienza del voto (art. 48 Cost.) intesa quale facoltà di scelta consapevole del singolo elettore tra i differenti competitori alla carica elettiva, in fine, le dinamiche di funzionamento degli enti di autonomia territoriale (artt.5, 114, 116 Cost.) che includono la possibilità di libera scelta dei propri governanti, seppure entro i limiti fissati dalla Costituzione e dalle leggi (art. 117 ss. Cost.).

E’ su questo specifico versante che si vuol qui concentrare qualche brevissima considerazione, anche tenuto conto delle dinamiche politiche contemporanee che tendono -come si dice- a mettere in seria crisi la democrazia costituzionale. Con riferimento a norme di razionalizzazione del processo democratico, già diverse volte in passato la giurisprudenza costituzionale ha mostrato notevole accondiscendenza, sottolineandosi ad es., come la previsione di un limite a mandati elettivi che possono essere espletati consecutivamente sia un principio di ampia applicazione per le cariche pubbliche. La finalità di un tale limite è di valorizzare le condizioni di eguaglianza come base dell’accesso alle cariche elettive, uguaglianza che -secondo il giudice- “nella sua accezione sostanziale” potrebbe risultare compromessa o pregiudicata da “una competizione che possa essere influenzata da coloro che ricoprono da due (o più mandati) consecutivi la carica per la quale si concorre e che abbiano così potuto consolidare un forte legame con una parte dell’elettorato, connotato da tratti peculiari di prossimità”.

Per la Corte, il divieto di un terzo mandato consecutivo, dove previsto, concorre a favorire “il fisiologico ricambio all’interno dell’organo, immettendo “forze fresche” nel meccanismo rappresentativo (nella prospettiva di assicurare l’ampliamento e la maggiore fluidità dell’elettorato passivo), arginandosi così una potenziale deriva di sclerotizzazione nella rappresentanza istituzionale che è o può essere anche causa di un declivio clientelare della politica, in grado di influenzare negativamente la competizione elettorale. Tanto si pone in linea anche con il principio del buon andamento della amministrazione, nella sua declinazione di imparzialità e trasparenza dell’azione pubblica (sent. n. 173/2019).

Di recente, respingendo una questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti della previsione legislativa che ha fissato il limite dei due mandati consecutivi per i sindaci eletti a suffragio popolare diretto in comuni di media e ampia grandezza, il giudice costituzionale (sent. n. 196/24) ha avuto ribadito ancora come tale previsione corrisponda ad “una scelta normativa idonea a inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali»”.

In definitiva, l’esigenza di preservare la fisiologica dialettica pluralista sottesa alla realizzazione del principio democratico attraverso tali misure di razionalizzazione che limitano il diritto di elettorato passivo dei candidati alla Presidenza della Regione non appare peregrina sul piano costituzionale ma, anzi, è riguardata come la giusta attenzione, da parte del legislatore ordinario, ad ogni elemento che possa causare pregiudizio all’effettività dei principi e diritti integranti il modello di democrazia rappresentativa. Allo stesso legislatore nazionale spetta di ricercare un punto di equilibrio tra i diversi interessi costituzionali concorrenti in questa fattispecie e tale scelta è sindacabile dal giudice costituzionale unicamente sul piano della “manifesta irragionevolezza” (sentenza n. 60 del 2023).

 Non c’è lo spazio, in una breve riflessione giornalistica, per un attento esame di altri profili che pure possono venire qui in rilievo. Tuttavia, non può mancare una chiosa finale sul carattere autoapplicativo della norma principio di cui al citato art. 2 lett. f), l. n. 165/04. Quale presidio posto a garanzia del corretto svolgimento del principio democratico e di autonomia territoriale tale norma appare in sé compiuta lasciandosi, così, al legislatore regionale un margine per una regolazione di tipo unicamente attuativo, in termini essenzialmente amministrativi e procedimentali. Del resto, a smentire tale carattere non ci si potrebbe sottrarre al rischio astratto ed ipotetico di un’interpretazione ad usum della previsione da parte di una benevola maggioranza consiliare come, anche, nel caso estremo, di una protratta inerzia del Consiglio regionale che lasciasse fluttuare a tempo indeterminato l’applicazione del limite del doppio mandato consecutivo.

In questi termini l’incostituzionalità della previsione della l. r. Campania n. 16/2024 va intesa come mirata a ripristinare l’integrità dello Stato costituzionale di diritto, nell’interesse ultimo della libertà individuale. La conoscenza -diceva un grande filosofo tedesco- è un sistema di filtri variando i quali (come si inforcasse un paio di occhiali…) muta la percezione soggettiva degli eventi. Apprezzamenti e declinazioni differenti di questa decisione del giudice costituzionale sono, ovviamente, possibili e lecite, tuttavia solo dismettendosi (almeno per un attimo) le lenti del giurista.

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