La veglia notturna del giovedì Santo

La veglia notturna del giovedì Santo

di Don Ferdinando Rancan

DA MEDITARE CON ATTENZIONE

 – La solitudine di Dio      Gesù mio! Chi mai avrebbe potuto vegliare con te in quella notte? Chi mai avrebbe potuto pregare la tua preghiera, unirsi alla supplica straziante che dal tuo cuore saliva verso il Cielo? Quale creatura avrebbe mai potuto aiutarti nella titanica agonia che ha schiacciato la tua anima fino a farti trasudare rivoli di sangue? E quale essere umano poteva farti compagnia nell’abisso della tua tristezza, o sopportare il mare sconfinato della tua angoscia? Tu, invece, hai voluto cercare aiuto e sei venuto a noi a mendicare anche solo una parola, uno sguardo, un silenzio…; e noi non abbiamo saputo darti altro che sonno, torpore, apatia.

Gesù mio, come hai potuto farlo? Può l’Onnipotenza di Dio cercare aiuto nella debolezza dell’uomo? Può la Sapienza eterna di Dio chiedere comprensione dove non c’è intelligenza per capire? E può “Colui che è”, invocare sostegno da “colui che non è?”.

Gesù mio, chi mai poteva pensare che in quel “verme della terra” che strisciava nella polvere c’era il Figlio diletto del Padre? Chi mai poteva immaginare che in quelle urla che straziavano i cieli notturni c’era la voce del Verbo eterno che ha creato la terra e tutto l’universo? No, Gesù mio, no! Non potevi venire da noi, perché noi non potevamo venire da te. Eri solo nel deserto quando hai sconfitto il nemico infernale, e dovevi restare solo questa notte nel Getsemani, quando il maligno è tornato a insidiarti.

Noi non lo sapevamo, né abbiamo potuto vederlo, ma esso era lì, accovacciato davanti a te; ti chiedeva di non dare la tua vita per esseri spregevoli e indegni come noi, di non accettare la croce che avrebbe significato la tua sconfitta di fronte al mondo, o semmai di riscattarci con la spada; avevi legioni di angeli pronti per farti trionfare sui tuoi nemici e mostrare al mondo la tua forza. E tu invece hai voluto mettere in guardia anche noi, perché Satana sarebbe venuto a vagliarci come il grano.

Ma per noi non c’era bisogno della tentazione, a tentarci bastavano la nostra miseria e la nostra debolezza. Del resto, sapeva bene il Maligno che, percosso il pastore, anche le pecore sarebbero andate disperse. Satana è venuto per te, con te esso aveva un conto ancora aperto ed era tutto da saldare. Esso è venuto ad afferrare in una morsa la tua umanità usando le armi più subdole della sua astuzia e della sua rabbia per impedirti di compiere la volontà del Padre. Egli, fin da principio, è stato il “rifiuto”; il suo nome è “ribellione”. E noi gli avevamo creduto. Perciò solo tu potevi dire: “Ecco, io vengo o Padre, a fare la tua volontà”. La tua solitudine è dunque la conseguenza del tuo essere Figlio di Dio, e la tua angoscia è conseguenza del tuo farti figlio dell’uomo: il ribelle. E tu dovevi sconfiggere la ribellione con l’obbedienza.

Ecco perché in quella notte eravamo tutti lì, non solo con te, ma dentro di te. Tu eri in quel momento tutta l’umanità dolente e straziata, tutta l’umanità triste e malvagia: l’umanità peccatrice. In quel momento tutti i Caino che hanno ucciso, tutti i Giuda che hanno tradito, tutti gli spergiuri che hanno bestemmiato, tutti gli Erode che hanno sterminato gli innocenti erano lì e pesavano su di te. In te si sono ammassati gli abitanti di Sodoma e Gomorra, gli abitatori di Ninive e di Babilonia, gli inquilini delle galere di tutti i tempi. Tu eri l’erede di tutti i Faraoni che hanno oppresso i popoli, di tutti gli Epuloni che hanno disprezzato i poveri, di tutti gli schiavisti che hanno venduto come merce da pochi soldi milioni di fratelli. Tutto ciò che è violenza, tradimento, spergiuro, infedeltà, vendetta, ingiustizia e menzogna era lì, scritto sulle tue mani, sulla tua fronte, sui tuoi occhi, su tutto il tuo corpo, nel tuo cuore. Tutte le madri che hanno soffocato nel grembo le proprie creature, tutte le prostitute che hanno mercificato il proprio corpo, tutti gli adulteri che hanno tradito e infangato l’amore, tutte le Erodiadi che hanno sedotto e chiesto la testa dei Profeti di Dio: un carico immenso di vergogna pesava sulle tue spalle. Su di te l’orrore dei lager, dei forni crematori, dei gulag, delle foibe, dei campi di sterminio, delle pulizie etniche. I Giacobini di tutti i tempi, tutti i Napoleoni che hanno insanguinato del loro orgoglio le contrade della terra, tutti i potenti del mondo che hanno riempito gli arsenali di bombe atomiche, e tutta la brutale crudeltà di quanti hanno inventato i capestri, i roghi, la ghigliottina e i più raffinati strumenti di tortura, tutti costoro con tutti i malvagi della terra, erano lì con te in quella notte, portavano scritto il tuo nome. Gesù, come hai potuto caricarti di tante iniquità? Come hai potuto mentire al mondo intero, ingannare, tradire, opprimere con leggi perverse i popoli della terra? Perfino i corruttori di bambini, i profittatori d’innocenti, gli oppressori dei deboli: tutti col tuo nome! Tu eri in quella notte davanti al Padre tutto il male del mondo, tutte le iniquità della terra!

Gesù mio! Chi poteva reggere a questa marea di fango e di putridume? Chi poteva trasformare questa infinita e tragica ribellione dell’uomo in una docile obbedienza all’amore del Padre? Ed ecco che tu sei sceso nell’abisso e ti sei fatto maledizione per ottenerci misericordia!

E così hai sconfitto il maligno: l’umiltà e l’obbedienza sono incompatibili con la superbia e la ribellione. Tu, infatti, pur essendo Dio, ti sei annientato prendendo la natura di servo, divenendo simile a noi peccatori, e ti sei umiliato facendoti obbediente “fino alla morte, e alla morte di croce”.

Gesù mio! Ecco perché il creato è rimasto immobile questa notte, impietrito e muto davanti alla tua agonia; nessuna creatura era in grado di un gesto, di una parola, di un segno. Nessuno avrebbe potuto dirti nulla, né darti nulla. E così i cieli e la terra resteranno i soli testimoni del tuo “Si” al Padre, e l’Angelo Michele, che ha preso il posto del Maligno, ti ha portato dal cielo il conforto del Padre: “Tu sei il Figlio mio diletto!”.

Gesù mio, quel tuo “fiat” mi richiama alla memoria l’altro “fiat” che oltre trent’anni prima una fanciulla quattordicenne consegnò all’Angelo del Signore: il ”fiat” di tua madre che seppe dire: “Sono la serva del Signore, si compia in me la volontà di Dio”. In questa notte fu lei l’unica creatura che ha saputo vegliare con te; l’unica che ha potuto unirsi alla tua orazione e alla tua agonia. Nel Cenacolo, che ha visto il tuo supremo dono d’amore, Maria, raccolta in preghiera, ha vegliato con te con gemiti di silenzio e con le lacrime del cuore, ha partecipato alla tua immane agonia, ha gridato anche lei con tutte le forze della sua anima: “Abbà! Abbà! Abba!” – “Sì, Padre mio! Si, Padre nostro!”. Lei nel Cenacolo e tu nel Getsemani: un’unica preghiera, un unico grido, un unico “fiat”!

Gesù mio, non meravigliarti di noi; non dei tre intimi che hai voluto accanto a te, non degli altri Apostoli, né di nessun altro di noi. Possiamo solo contemplare attoniti e impotenti, come l’intero universo, la tua agonia, e dirti, questo sì, senza limiti ed eternamente: “Grazie! Grazie della tua passione e della tua orazione, grazie della tua vittoria, del tuo dolore e del tuo amore!”.

E grazie anche a te, Madre mia, Madre del dolore e Madre dell’amore. Forse solo la Maddalena ha saputo vegliare con te, ma senza capire e senza sapere. Ha vegliato amando, perché l’amore è l’unica cosa che Maddalena conosce, l’unica cosa che muove il suo cuore. Ed è l’unica cosa che anche noi possiamo imparare vivendo accanto a te, perché è l’unica strada che alla fine può ricondurci al Padre.

 

* Dal libro “In quella casa c’ero anch’io” (Edizioni Fede & Cultura)

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