L’aborto uccide, anche le madri
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MADRI CHE SI SUICIDANO O CHE SUBISCONO DANNI FISICI E PSICOLOGICI. MA SU TUTTO QUESTO GRAVA UN COLPEVOLE SILENZIO
Sull’aborto procurato si sono spacciate e si continuano a spacciare innumerevoli menzogne per coprire innanzitutto il fatto che si tratta di un omicidio, tanto più odioso ed efferato perché compiuto ai danni di un essere assolutamente indifeso; un atto innaturale e irrazionale sotto tutti i punti di vista e dalle conseguenze dirompenti per la salute fisica e mentale della donna. A confermarlo, oltre all’esperienza delle madri cadute nel tranello della propaganda abortista, numerosi studi clinici.
Uno studio statunitense del 2023 intanto dimostra che le donne che interrompono la loro prima gravidanza con un aborto ricorrono ai servizi di salute mentale a tassi significativamente più alti rispetto alle donne che hanno avuto un parto vivo. Un team di esperti dell’Istituto Charlotte Lozier lo ha scoperto analizzando i dati delle richieste di rimborso Medicaid per oltre 4.800 donne in un periodo di 17 anni negli Stati in cui sono state presentate tutte le richieste di rimborso per quel periodo. La conclusione che Tessa Longbons, ricercatrice e coautrice dello studio, ha concluso che le prove sono chiare: l’aborto di una prima gravidanza è associato a danni sostanziali per la salute mentale delle donne e che le donne hanno il diritto di saperlo e di capire la portata di questi danni prima di prendere una decisione che cambia la loro vita.
Ma già nel 2020 un rapporto elaborato dal Sistema Italiano di Sorveglianza Ostetrica, ItOSS (Italian Obstetric Surveillance System) aveva fatto emergere un dato allarmante riguardante il suicidio materno tra 43 giorni e 1 anno dall’esito della gravidanza. Secondo lo studio il suicidio nel 27% dei casi avviene entro 12 mesi da un aborto indotto. Dalla elaborazione ulteriore dei dati raccolti emerge inoltre che le donne che in Italia si sono sottoposte all’aborto indotto hanno il 150% (1,5 volte) in più di probabilità di suicidarsi entro un anno rispetto a coloro che hanno partorito. Vale a dire che è molto più alta la mortalità per suicidio dell’aborto indotto rispetto al parto.
Forse la principale causa di tale disagio mentale nelle donne che hanno abortito volontariamente risiede proprio nel trauma che le coinvolge, con conseguenze a livello fisico, psicologico e spirituale il quale può dar luogo ad una vera e propria sindrome post aborto la quale, man mano svanisce la sensazione di sollievo e perfino felicità per essersi liberate dall’ “ingombrante fardello”, fa emergere un sempre più insistente e via, via insostenibile senso di colpa.
La sindrome si presenta nella maggior parte dei casi con la sensazione nella donna di una scarsa autostima che si evolve in danni psichici importanti, con pianti interrotti, senza controllo o all’improvviso, senza un motivo preciso. Viene assalita da una forte depressione, diventa emotivamente insensibile, incapace di provare gioia o tristezza.
A peggiorare tutto c’è il fatto che, a causa dei danni che il precedente aborto può aver provocato alla cervice uterina. in caso di una nuova gravidanza – magari cercata in sostituzione di quella interrotta – vi è maggior probabilità di perdere, questa volta spontaneamente, il figlio.
A smentire la menzogna che l’aborto procurato sia una procedura sicura o – come non mancano di propagandare gli abortisti – che l’aborto legalizzato non comporta i rischi correlati alla passata clandestinità, dai dati degli aborti indotti raccolti annualmente dal Ministro della Salute si ricava che si verificano con frequenza complicanze nel corso delle procedure di interruzione volontaria della gravidanza. Si va dalle emorragie, alla perforazione dell’utero, alle infezioni, ma mentre le prime due complicanze sono largamente sottostimate, in quanto molte volte non vengono neppure dichiarate, altre non sono neppure menzionate perché i modelli Istat che i medici devono compilare non prevedono una suddivisione dettagliata.
Anche in questo caso le donne avrebbero il diritto di essere messe a conoscenza di tutte le complicazioni (e con che frequenza si verificano) a cui possono andare incontro quando si sottopongono all’aborto volontario ma evidentemente vi sono considerazioni – prevalentemente ideologiche – che lo sconsigliano.
Adesso, se mai ve ne fosse ancora bisogno – sappiamo cosa pensare di certo sinistro femminismo, e non solo, che blatera di “diritti” e di donne.