Caro Bruno Forte studi!

Caro Bruno Forte studi!

A cura di Angelica La Rosa

IN RISPOSTA A MONS. BRUNO FORTE IN MERITO ALLA COMUNIONE SULLA MANO

Con una sorprendente e sconcertante dichiarazione Monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, durante la solenne celebrazione eucaristica di Pasqua nella concattedrale di San Giuseppe a Vasto ha detto che “chi non prende in mano la comunione si crede più saggio del Papa e dei vescovi”. A seguire nel video tutta la sua dichiarazione.

Non riusciamo a capacitarsi come un uomo che si crede così intelligente e preparato abbia potuto sparare a zero su un tale argomento mostrando una incompetenza e una ignoranza incredibili.

Il grecista Davide Alterio ha spiegato che il verbo greco lambánō (λαμβάνω), comunemente tradotto con “prendere” o “ricevere”, è stato talvolta invocato, come nel caso di Bruno Forte, per legittimare la prassi della comunione sulla mano, sostenendo che la forma verbale implicherebbe un gesto attivo da parte del fedele.

Tuttavia, tale interpretazione si rivela filologicamente e teologicamente problematica. Anzitutto, il verbo “lambánō” possiede un’ampia gamma semantica, che include sia l’atto dell’appropriazione attiva sia quello della ricezione passiva e reverente. Non può, dunque, essere forzato a sostenere una specifica gestualità liturgica senza tenere conto del contesto e della tradizione.

Nei testi neotestamentari “lambánō” ricorre frequentemente per indicare la ricezione di doni divini (lo Spirito Santo, la Parola, il Regno), che vengono accolti interiormente, non afferrati fisicamente. Si pensi, ad esempio, a Giovanni 20,22: “ricevete lo Spirito Santo” (lábete pneûma hágion), dove è evidente che l’azione richiesta è un’apertura alla grazia, non un gesto manuale.

Nel racconto dell’Ultima Cena, le parole di Gesù “Prendete, mangiate” (lábete, phágete) non comportano in sé alcuna descrizione della modalità fisica di ricezione del Pane eucaristico. È significativo che la Tradizione liturgica, tanto orientale quanto occidentale, abbia sempre inteso tale comando nel senso di una ricezione umile e adorante e non come una distribuzione nelle mani. La stessa prassi patristica, in quei rari casi in cui ammetteva la comunione sulla mano, lo faceva in condizioni rigorosamente codificate, e tale uso venne in seguito abbandonato in favore della comunione direttamente sulla lingua quale espressione più adeguata al mistero eucaristico.

La teologia sacramentale, soprattutto in ambito scolastico, ha ulteriormente consolidato questa visione. San Tommaso d’Aquino (1225-1274), nella “Summa Theologiae” (III, q. 82, a. 3), afferma che toccare il Corpo di Cristo è proprio del sacerdote, in quanto le sue mani sono consacrate a tale fine. I laici, per riverenza, non lo toccano, ma lo ricevono. Questa visione teologica ha influenzato profondamente la disciplina liturgica della Chiesa per secoli, fino a quando, in epoca contemporanea, la comunione sulla mano è stata ammessa non per ragioni scritturistiche o teologiche, ma come indulto pastorale contenuto nell’Istruzione “Memoriale Domini” adottata in data 29 maggio 1969 ed ancora in vigore dalla Congregazione per il Culto divino su espressa indicazione di Papa Paolo VI (pontefice dal 1963 al 1978), il quale, peraltro, era personalmente contrario.

La ricezione sulla lingua, in conclusione, lungi dall’essere una prassi meramente rubricistica, esprime con maggior evidenza la passività adorante del fedele dinanzi al Mistero, secondo l’ordine simbolico e sacramentale della Tradizione.

Mons. Bruno Forte, quindi, vada a studiare, sia più umile, rispetti le norme della Chiesa che permettono a tutti i fedeli di ricevere la comunione sulla lingua. Infatti, il 19 luglio 1989 la Conferenza Episcopale Italiana ha emesso un decreto sulla comunione eucaristica. Vi si legge: “il modo consueto di ricevere la comunione deponendo la particola sulla lingua rimane del tutto conveniente e i fedeli potranno scegliere tra l’uno e l’altro modo”.

La potestà legislativa dei singoli vescovi o delle Conferenze episcopali “è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto”, il quale dispone che “da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore” (can. 135 § 2 CIC). Ora, il diritto liturgico universale prevede che i fedeli abbiano sempre il diritto di ricevere la santa Comunione sulla lingua (si veda l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, 92, ma già l’Istruzione Memoriale Domini del 1969). Nell’Ordinamento Generale del Messale Romano promulgato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il 12 novembre 2002, al paragrafo 161, si legge: “Se la Comunione si fa sotto la sola specie del pane, il sacerdote, eleva alquanto l’ostia e la presenta a ciascuno dicendo: Il Corpo di Cristo. Il comunicando risponde: Amen, e riceve il sacramento in bocca o, nei luoghi in cui è stato permesso, sulla mano, come preferisce”. Quindi, Mons. Forte, lei non è più importante del diritto liturgico universale della Chiesa, lei non è superiore ai Pontefici!

Un responso della stessa Congregazione, pubblicato su Notitiae di aprile 1999, afferma che coloro che vogliano imporre ai comunicanti di ricevere la Santa Comunione solo “alla mano” stanno agendo contro le norme, così come coloro che rifiutano ai fedeli il diritto di riceverla “alla mano” nelle diocesi a cui è stato concesso questo indulto.

Ricordiamo, inoltre, a Forte, prima che arrivi ad azioni più gravi, che il Codice di Diritto Canonico stabilisce al Can. 843 – §1. che i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli. E il Can. 912 aggiunge che ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione.

L’obbedienza alla normativa della Chiesa è la migliore garanzia di non andare fuori strada, caro Bruno Forte. Studi un po’ di più, sia più umile e mostri di avere a cuore tutti i suoi fedeli (anche quelli che prendono la comunione sulla lingua)! L’Istruzione Redemptionis Sacramentum, 186 ricorda: “Ogni ministro sacro si interroghi, anche con severità, se ha rispettato i diritti dei fedeli laici”. Si interroghi Forte!

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