L’ambasciatore azero Mukhtarov: “Verso di noi pregiudizi e odio”
di Ilgar Mukhtarov*
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“GLI ARMENI VOGLIONO CENSURARE POSIZIONI e RICERCHE SCIENTIFICHE ALTERNATIVE”
Spett.le Redazione,
Inviamo questa nostra nota, di cui chiediamo gentile pubblicazione, per fornire una replica all’articolo pubblicato in data 26 aprile dal titolo: “Il revisionismo storico ai danni della chiesa armena”, ma vorrei innanzi tutto esprimere il nostro profondo dolore per la scomparsa di Papa Francesco, un modello di concordia e benevolenza per tutti noi.
Il convegno intitolato “Il Cristianesimo in Azerbaigian: Storia e Modernità”, tenutosi il 10 aprile 2025 presso l’Università Pontificia Gregoriana, aveva lo scopo di presentare le ricche tradizioni multiculturali e multireligiose dell’Azerbaigian in un contesto accademico-scientifico. Durante il convegno è stato discusso il ruolo storico dell’Albania caucasica – antico patrimonio cristiano dell’Azerbaigian – e la sua collocazione nella memoria etno-culturale odierna.
La presentazione da parte di alcuni circoli pro-armeni di questo evento come una “falsificazione della storia” costituisce in realtà un tentativo di censura volto a silenziare posizioni e ricerche scientifiche alternative. L’analisi oggettiva dei fatti storici non rappresenta un’appropriazione del patrimonio culturale di un popolo, bensì una promozione del dibattito accademico sulla memoria culturale. È comprensibile la preoccupazione suscitata in alcuni ambiti filo-armeni dallo svolgimento di discussioni basate su fatti storici e dalla presentazione pubblica della verità, infatti il tentativo di armenizzare le antiche chiese albane e ortodosse presenti nel territorio dell’Azerbaigian, così come la negazione dell’esistenza della comunità albano-udi – erede diretta degli antichi albani del Caucaso – rende inevitabilmente la discussione dei fatti scientifici una causa di indignazione per i suddetti circoli.
L’Albania caucasica era uno stato antico situato nei territori storici dell’Azerbaigian, che adottò il cristianesimo come religione ufficiale e si distingueva per la propria scrittura, lingua e architettura religiosa. Questo patrimonio (lingua, religione e cultura) è tuttora preservato dalla comunità udi dell’Azerbaigian, discendente degli albani caucasici.
Questa verità è stata sottolineata anche durante la storica visita in Azerbaigian di Papa Giovanni Paolo II nel 2002. Il Papa affermò: “Grandi religioni sono state presenti ed operanti in questa terra: lo zoroastrismo ha convissuto con il cristianesimo della Chiesa albana, tanto significativa nell’antichità. L’islam ha poi svolto un ruolo crescente, ed è oggi la religione della grande maggioranza della popolazione azerbaigiana. Anche l’ebraismo, qui presente da tempi molto antichi, ha arrecato il suo contributo originale, tutt’oggi apprezzato.”
Le accuse secondo cui l’evento sarebbe stato tenuto in segreto sono tanto ridicole quanto non professionali. Gli inviti sono stati inviati a membri del corpo diplomatico, autorità vaticane, ambienti accademici e giornalisti, e gli invitati hanno partecipato attivamente al convegno. Colgo l’occasione per sottolineare la presenza in sala di studenti dell’Università Gregoriana, tra cui anche studenti di origine armena (registrati ufficialmente per l’evento, quali Manvel Sargsyan, Arzyom Mkrtchyan, Simanov Mkrtchyan, Hovannes Koyounian, Avedis Ohanian), come chiara prova della natura aperta e accademica del convegno. Inoltre, l’invito rivolto a un ricercatore di origine armena, il Dr. Philip Ekozyants e la sua partecipazione come relatore dimostrano l’infondatezza delle accuse.
La parte azerbaigiana è sempre pronta a intraprendere discussioni accademiche con la parte armena su questo tema. Tuttavia, la politica di ostacolare qualsiasi iniziativa in tal senso e screditare ogni discussione non è indice di una mentalità costruttiva. Sono note le pressioni e le intimidazioni esercitate sui giornalisti che hanno visitato l’Azerbaigian e hanno scritto reportage sulle antiche chiese albane, così come le molteplici insistenze contro l’Archimandrita Alexy, Rettore della Chiesa di San Paolo Apostolo a Malta, Esarcato Patriarcale della Chiesa Ortodossa Russa in Europa Occidentale, studente del Pontificio Istituto Orientale, nonché i tentativi di revoca del suo titolo accademico (https://www.facebook.com/share/p/1G5PJxK4vb/), dimostrano che certi ambienti non sono disposti ad aprirsi a tali discussioni.
Allo stesso modo, gli attacchi e le intimidazioni contro il rettore della Pontificia Università Gregoriana, i cardinali che hanno augurato successo ai lavori del convegno e altri partecipanti all’evento, rappresentano un ulteriore tentativo di sopprimere la libertà di espressione, la ricerca accademica e la verità. L’estrapolazione e la distorsione delle parole di un cardinale, ispirate alle dichiarazioni di Papa Giovanni Paolo II, insieme alle diffamazioni contro i partecipanti al convegno, sono parte integrante di una campagna di denigrazione ben nota. Che i sostenitori della narrativa armena vengano definiti “veri storici” o “politici giusti”, mentre chi esprime opinioni alternative venga etichettato come “falsificatore” o “opportunista”, che cos’è se non pura ipocrisia…?!
Gentili membri della redazione,
La regione del Karabakh, riconosciuta dalla comunità internazionale come parte integrante dell’Azerbaigian, è rimasta sotto occupazione armena per quasi 30 anni. Durante questo periodo, il patrimonio religioso e culturale appartenente all’Azerbaigian è stato completamente distrutto. Nel 1993, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato quattro risoluzioni (n. 822, 853, 874, 884) che richiedevano il ritiro immediato e incondizionato delle forze armate armene dai territori occupati dell’Azerbaigian. Purtroppo, tali risoluzioni non sono mai state attuate da parte armena.
Il 26 febbraio 1992, durante il genocidio perpetrato nella città azerbaigiana di Khojaly, 613 civili innocenti furono brutalmente uccisi in una sola notte unicamente per la loro appartenenza etnica azerbaigiana – un fatto riconosciuto da molti Paesi come atto di genocidio.
Inoltre, durante gli anni di occupazione armena, 65 delle 67 moschee presenti nei territori azerbaigiani sono state completamente distrutte. L’Azerbaigian ha ripetutamente richiesto l’invio di missioni tecniche da parte dell’UNESCO per valutare lo stato dei monumenti religiosi e culturali nel Karabakh, ma l’Armenia ha impedito tali visite adducendo pretesti vari. Di conseguenza, per 30 anni l’Armenia ha cercato di nascondere alla comunità internazionale gli atti di vandalismo culturale compiuti nei territori occupati.
L’Azerbaigian è storicamente un paese multietnico e multireligioso, dove i rappresentanti di diverse religioni hanno sempre vissuto pacificamente fianco a fianco. Durante la sua visita in Azerbaigian nel 2016, Papa Francesco ha definito il nostro Paese “una porta tra Oriente e Occidente”, sottolineando la convivenza armoniosa tra differenti comunità religiose.
Il nostro Stato considera la tutela del patrimonio religioso e culturale come una delle sue priorità fondamentali. Le relazioni ad alto livello tra l’Azerbaigian e la Santa Sede, basate su rispetto reciproco, si fondano sul dialogo religioso e culturale. Questa cooperazione nasce dalla volontà comune di promuovere la pace e la comprensione reciproca. Qualsiasi tentativo da parte di alcuni ambienti di presentare tali relazioni in un contesto diverso mira esclusivamente a promuovere una retorica di pregiudizio e odio.
Il rispetto per la storia e il patrimonio culturale non è un dovere riservato a un solo popolo, ma un obbligo per tutta l’umanità. Allo stesso modo, la conduzione di ricerche scientifiche e l’organizzazione di dibattiti non può essere monopolizzata da determinati ambienti. La falsificazione della storia e la strumentalizzazione politica del patrimonio religioso e culturale non sono accettabili né da un punto di vista scientifico, né morale, né giuridico.
In questa ottica, i tentativi di alcuni ambiti pro-armeni di mettere in discussione e ostacolare i dibattiti condotti in ambienti scientifici diversi evidenziano la mancanza di sincerità e apertura al confronto. In quanto parte azerbaigiana, invitiamo a evitare la retorica dell’odio e dell’ostilità e a sostenere invece un dialogo scientifico e culturale obiettivo, basato su fatti storici concreti.
*Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian presso la Santa Sede
La Redazione di Informazione Cattolica
Gentile Ambasciatore, l’articolo pubblicato, come la sua, è una lettera che abbiamo ricevuto da persona esterna alla redazione. È nostro dovere, non essendo una testata mainstream, dare spazio a tutte le opinioni. Se fossimo stati RAI o altri avremmo sentito una sola parte. Noi diamo spazio a tutti. I lettori si faranno la loro idea.